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Harrison Ford e Il richiamo della foresta

La più recente riedizione del film tratto dal romanzo di Jack London, rinnova l’originale messaggio: la natura sa essere dura con gli umani che non sanno connettersi con lei

Laggiù sotto il cielo notturno, Buck avvertì un freddo mai provato prima…. Crescendo nel loro mondo Buck aveva imparato a sentire le voci degli uomini. Quella notte avrebbe iniziato a sentire la sua”

Il richiamo della foresta è una storia di avventura profondamente radicata nella letteratura americana e nel cinema. Proveniente dal romanzo omonimo di Jack London del 1903, Il richiamo della foresta esplora la dura realtà della corsa all’oro del Klondike di fine Ottocento, con la natura selvaggia del Nord America a fare da sfondo alla scoperta, da parte di un cane, del suo istinto primordiale.
Dopo l’adattamento cinematografico del 1972 diretto da Ken Annakin, nel 2020 il regista Chris Sanders ha riportato questa storia al grande pubblico attraverso uno spirito più familiare e giocoso, riuscendo tuttavia al contempo a trattenerne il messaggio originale di critica sociale. Il richiamo della foresta, in quest’ultima versione, nonostante il massiccio uso di computer grafica, trasmette tutta la fascinazione dell’autore per una natura incontaminata, predatoria e soprattutto autodeterminata, ricordandoci quanto grande e ispirata fosse la letteratura di Jack London rispetto alla dialettica tra Natura e Cultura.

La trama di Il richiamo della foresta

Il film racconta come in Jack London un punto di vista “speciale”, quello di Buck, un cane di grandi dimensioni che vive una vita agiata nella California del 1897 come animale domestico di un ricco giudice. Buck è il vero e proprio protagonista: sua infatti è la parabola di trasformazione principale, così come è in funzione a lui che viene raccontata la trama, filtrata da ogni sentire dell’animale, dalle sue gioie e dai suoi dispiaceri. Buck non fa uso della parola, ma la sua espressività parla chiaro. La sua grande avventura verso il suo destino comincia con un evento traumatico, ovvero quando viene rapito e venduto per lavorare come cane da slitta nelle dure terre dell’Alaska. Buck non ha mai nemmeno visto la neve, ma solo sopportando crudeltà e sfide, Buck verrà per la prima volta in contatto con il “richiamo della foresta”: la sua natura animale, le sue pulsioni, il suo senso di appartenenza ad un luogo non definito dall’essere umano ma da suoi pari e simili. Si tratta di un cammino “al contrario” dalla civiltà alla natura, dove l’animale – e con lui gli umani che lo accompagnano (tra cui Harrison Ford) – riscopre la forza dei suoi antenati selvaggi.

I temi di Il richiamo della foresta

Il protagonista del romanzo, Buck, si ritrova a lottare in un ambiente ostile che richiede un adattamento costante. Questo tema mette in evidenza la capacità degli esservi viventi di attuare la resilienza, descrivendo la sopravvivenza come una danza cruda e istintiva dettata dalla forza, dall’astuzia e dall’adattabilità. Sono infatti le leggi della natura, implacabili e spesso brutali, che governano il destino dei personaggi.

Attraverso il personaggio di Buck, Il richiamo della foresta illustra il richiamo ancestrale del mondo selvaggio. Buck, un cane addomesticato, riscopre progressivamente il suo legame con gli antenati lupi, incarnando il ritorno a uno stato primordiale. La modernità, ci dice London, non potrà mai sopprimere completamente l’eredità biologica e spirituale che lega tutte le creature viventi. Parimenti, la civilizzazione non è necessariamente sinonimo di miglioramento. Attraverso l’opposizione tra le crudeltà artificiali degli uomini e la rude ma genuina armonia del mondo naturale, emerge un monito sulla disconnessione dell’uomo dalla natura e sulle conseguenze di un progresso cieco.

Produzione e location

Il film è stato girato principalmente a Santa Clarita, in California  e nei territori dello Yukon in Canada, in particolare lungo i sentieri del fiume Alsek.

Il richiamo della foresta è disponibile per lo streaming su Netflix.

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