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Addio Gioachino Gobbi. Ci mancherai

Un malore tra le mura di casa. Così è scomparso una personalità ineguagliabile per carattere, cultura e visione imprenditoriale. Che ricorderemo sempre con grande affetto

“La solita zuppa, bella e buona ma non cambia mai. Però per Courmayeur questa è una manifestazione importante, quindi bene così”.  Come al solito Gioachino Gobbi metteva l’interesse di Courmayeur al centro dei suoi pensieri. E come al solito lo faceva a modo suo. Non potevo immaginare, però, che quella chiacchierata casuale di due mesi fa sotto il tendone dell’Ange, sarebbe stata l’ultima. Due sere fa, infatti, un malore ha portato via per sempre un uomo speciale.
Instancabile narratore, inguaribile narciso, autoironico come solo le persone intelligenti sanno essere, implacabile fustigatore, profondamente innamorato della sua terra, a Gioachino non importava essere simpatico a tutti. Però la barra la teneva ben dritta e ha fatto del bene al suo paese e all’alpinismo ben più di molti di coloro che lo osteggiavano.

Da lui non sapevi mai cosa aspettarti. Ti diceva “Facciamo in fretta, ho solo dieci minuti”, e poi ti teneva al telefono più di un’ora, dispensando aneddoti e soprattutto notizie storiche che a me ogni volta riuscivano a sembrare inedite, non fosse altro che per via del tono affabulatorio con cui le raccontava.
A uno come lui era impossibile non fare domande, alle quali rispondeva con puntualità ma con tono scanzonato. A modo suo, facendo in modo che l’interlocutore cogliesse notizie speciali e solo in apparenza marginali. Cose che solo lui sapeva o ricordava. Figlio di Toni Gobbi, da bambino vide passare per casa il gotha dell’alpinismo dl tempo – da Gaston Rebuffat a Lionel Terray, da Jean Franco a Jean Couzy, fino a Walter Bonatti – , ma se gli chiedevi un ricordo epico di quei personaggi raccontava dell’impressione fattagli dalla mano di Maurice Herzog devastata dalle amputazioni subite a causa dei congelamenti all’Annapurna.

Oppure se gli domandavi dello sviluppo turistico di Courmayeur nella prima parte del secolo scorso, parlava sì del ruolo decisivo svolto dalle grandi famiglie della Pianura, sottolineandone però lo snobismo e le iniziative che oggi appaiono discutibili: dal tentativo di far chiudere le fonti di La Saxe per evitare che in paese circolassero persone poco decorose in quanto portatrici di eczemi e altre malattie della pelle, al blocco (riuscito) del prolungamento della ferrovia da Aosta che avrebbe portato ai piedi del Monte Bianco troppi ospiti dall’incerto lignaggio. Fu proprio l’opposizione dei villeggianti più facoltosi, timorosi di un assalto plebeo alla “loro” Regina delle Alpi, a impedire che i binari oltrepassassero Pré-Saint-Didier.

Ai “forestieri” Giochino ha sempre riconosciuto il ruolo decisivo svolto per lo sviluppo di Courmayeur, Non a caso in occasione della presentazione di un suo libro scrisse: “La realtà è che la maggior parte di ciò che il visitatore vede oggi a Courmayeur non è frutto della cultura e della tradizione montanara. L’idea delle acque miracolose e curative, le terme, risalì dalla pianura; la fantasia di rischiare la vita salendo sulle vette, l’alpinismo, fu un’invenzione cittadina; e l’amore per la neve, lo sci, era veramente lontano dalla mentalità del montanaro. Ma furono occasioni di lavoro e di ricchezza, e poiché la vita era dura, un po’ di miglioramento era già una grande ricchezza. Certo i montanari hanno saputo adeguarsi in fretta”.

Pillole, non di rado politicamente scorrette, di una Courmayeur che amava  dimostrandolo con i fatti. A Gioachino si deve, per esempio, il salvataggio della Grivel, che rilevò, agonizzante, nel 1981 salvando posti di lavoro e mantenendo in loco l’azienda di maggior prestigio del paese. Appassionato valorizzatore delle storie e delle tradizioni di Courmayeur, Gobbi ha dato di recente alle stampe (autopubblicandosi) due poderosi libri: Croméyeuï Mon Blan e Croméyeuï. Le Regine, preziosissime raccolte di notizie sulla storia del paese, dei suoi protagonisti e delle sue montagne. Un’eredità preziosa.

Mi mancherai Gioachino. Mi mancheranno quelle lunghe e mai banali chiacchierate delle quali ti sarò sempre grato. E mancherai anche a quelli che ti hanno osteggiato. Invano, peraltro.

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