Pietra di Bismantova, 300 tiri sui quali scalare anche in questa stagione
La caratteristica montagna dell’Appennino Reggiano è amata dai climber per la varietà delle vie di salita e per il clima gradevole anche quando altrove il termometro scende troppo
Inconfondibile, la Pietra di Bismantova si staglia isolata tra le colline emiliane, e per la sua posizione isolata è visibile anche da grandi distanze. Qui l’arrampicata è arrivata relativamente tardi, ma si è poi sviluppata molto fino a rendere la Pietra una delle falesie più estese e frequentate dell’Emilia-Romagna. A Bismantova si scala su un’arenaria particolarmente compatta e lavorata a lungo dagli agenti atmosferici, che hanno dato luogo a fessure e striature su cui si sviluppano gli itinerari di arrampicata più logici ed estetici. La quota ridotta, la vetta è a 1041 metri, rende la Pietra interessante anche quando altrove inizia a fare troppo freddo.
Un po’ di storia
Unica parete di roccia in centinaia di chilometri di pianura, la Pietra di Bismantova fu frequentata e salita fin dall’antichità da Celti, Liguri, Etruschi e Romani, a scopo di difesa e dominio del territorio circostante. L’interesse alpinistico per la Pietra è tuttavia arrivato piuttosto tardi, a causa delle sue pareti di arenaria friabile e della lontananza dalle Alpi. Solo nel 1922 il reggiano Carlo Voltolini aprì in solitaria la via degli svizzeri, superando passaggi fino al IV grado. Nel 1940 poi il milanese Nino Oppio aprì un nuovo itinerario lungo una fessura camino della parete Est, salendo la via con qualche artifizio, come il celebre lancio della corda legata al martello attorno a un albero. La Oppio è ancora oggi una delle vie classiche più ripetute alla Pietra, e richiede buone abilità di arrampicata in opposizione.
Negli anni ’60 gli alpinisti bolognesi come Luigi e Giancarlo Zuffa portarono alla Pietra alcune tecniche di scalata artificiale, e si cominciò ad aprire nuove vie con protezioni spesso autocostruite e piuttosto aleatorie. In questi anni, utilizzando solo chiodi a pressione, furono aperte vie come la Doretta, la Paola, la Zuffa-Modoni e lo Spigolo dei Nasi. All’inizio degli anni ’80 anche a Bismantova arrivò lo spirito dell’arrampicata libera, con le prime ripetizioni di Emilio Levati e Tiziano Nannuzzi di itinerari che si credevano impossibili senza ricorrere all’artificiale. Nell’86 si svolse alla Pietra una gara del campionato italiano di arrampicata, che segnò uno spartiacque tra il periodo pioneristico e l’arrampicata come la concepiamo oggi.
La Pietra oggi, raccontata da chi la conosce bene
Al momento, la Pietra di Bismantova è la più completa e interessante palestra di roccia dell’Emilia Romagna. La sommità è raggiungibile con un sentiero o tramite tre brevi, ma talvolta impegnative, ferrate, ed è costituita da un grande pianoro con un boschetto e prati. Le pareti sono alte fino a 120 metri, e presentano sia monotiri sia vie lunghe. “Essendo la Pietra una struttura isolata, le stesse pareti dove si scala in falesia sono state utilizzate per le vie multipitch. C’è dunque una specie di regolamento non scritto per cui alcune vie lunghe vanno ripetute nei giorni infrasettimanali, per il rischio di caduta sassi, dato che le falesie sottostanti sono molto frequentate durante il fine settimana” spiega Matteo Bertolotti, climber e autore della Guida Pietra di Bismantova edita da Versante Sud.
“Alla Pietra si trovano 25 falesie con più di 300 tiri, 1 settore di dry tooling e dei grossi massi sui quali sono stati attrezzati numerosi monotiri. Lo stile di scalata è molto vario e dipende dai settori. Al torrione Sirotti, ad esempio, ci sono vie strapiombanti e tecniche, in zona Gabri alcune vie si sviluppano lungo diedri e fessure. Uno dei tiri più impegnativi è Degrado (8a) aperto da Fabio Lasagni, che si sviluppa sulla struttura del Giorgione.
Su Moby Dick, un grosso masso che si trova alla base della parete Est della Pietra, ci sono vie tecniche e strapiombanti. Il grande tetto che lo caratterizza venne superato in artificiale ma oggi lo si scala in libera con difficoltà di 8a+.
Come settore medio facile, consiglierei Gare Vecchie e Nino Marchi, con vie che si sviluppano in placca, mentre per le vie più impegnative bisogna assolutamente visitare il Torrione Sirotti e le Gare Nuove, la parete è verticale e strapiombante. Per un primo approccio alle multipitch, conviene visitare l’anfiteatro e ripetere la via Pincelli/Brianti. La maggior parte degli itinerari, oggi, sono protetti a fix o resinati. Tuttavia esiste ancora qualche itinerario dalle protezioni classiche, la cui ripetizione richiede un notevole impegno” conclude Bertolotti.