L’ultimo lupo, natura e avventura nella Mongolia interna
Opera del regista, già premiato con l’Oscar, Jean-Jacques Annaud, il film racconta la lotta dei pastori nomadi in difesa di un animale cruciale per l’ecosistema della steppa
Diretto dal regista premio Oscar Jean-Jacques Annaud (L’orso, Il nome della rosa, Sette anni in Tibet), L’ultimo lupo (2015) è l’adattamento cinematografico del romanzo bestseller “Il totem del lupo” (Jiang Rong, 2004). Annaud da sempre si occupa di realizzare grande cinema spettacolare europeo – grandi budget, grandi ambientazioni, storie dal respiro epico – ma soprattutto si è reso riconoscibile per il suo grande spirito naturalista e animalista (ne è un esempio lampante il film Due fratelli, dove le protagoniste sono due tigri).
L’ultimo lupo è quindi un tassello estremamente coerente nella filmografia di Annaud e racconta il difficile rapporto tra la Cina della rivoluzione culturale e la Mongolia interna dei pastori nomadi: uno scontro ideologico sull’idea di “progresso” che si fa fisico nel momento in cui il campo del conflitto diviene la caccia al lupo mongolo. Il lupo infatti è una creatura sì pericolosa, ma soprattutto fondamentale per la sopravvivenza delle steppe: per i pastori mongoli, infatti, il lupo è cruciale come parte di un intero ecosistema naturale. Il lupo caccia le gazzelle delle steppe, ma se queste vengono predate dagli uomini, i lupi per forza di cose attaccheranno le pecore dei nomadi, e meno sono i lupi più saranno gli animali infestanti che rovinano i campi.
Dall’altra parte i cinesi della capitale vedono molto semplicisticamente il lupo come una minaccia da sterminare senza pensare alle conseguenze del dissesto di un intero habitat. Le azioni governative di cieca “conservazione” si rivolteranno contro di loro.
La trama
La vicenda ruota attorno a Chen Zhen, un giovane studente di Pechino inviato nelle remote steppe della Mongolia Interna per “istruire” le popolazioni nomadi locali, secondo le direttive del governo cinese, che mirano a redistribuire i giovani intellettuali nelle aree rurali. Tuttavia, anziché “civilizzare” i pastori mongoli, Chen Zhen si lascia conquistare dal loro stile di vita, profondamente integrato con la natura, e soprattutto dal rapporto rispettoso che hanno con i lupi, visti come simboli sacri della steppa.
Affascinato da questi predatori, Chen decide di allevare un cucciolo di lupo, sfidando le direttive governative, che considerano i lupi una minaccia da eliminare per proteggere il bestiame. Lungo il suo percorso, Chen scopre il fragile equilibrio tra prede e predatori nella steppa e comprende il ruolo essenziale dei lupi per la salute dell’ecosistema. Ma presto si scontra con l’opposizione delle autorità, trovandosi intrappolato tra la saggezza antica dei nomadi e le nuove politiche del governo.
L’ultimo lupo affronta così temi profondi quali l’equilibrio tra uomo e natura, la perdita delle tradizioni e l’impatto distruttivo dell’intervento umano, riflettendo sulla fragile sopravvivenza di certe culture e specie.
La Mongolia interna, fantastica location
L’ultimo lupo è stato girato principalmente nelle vaste steppe della Mongolia Interna, una regione autonoma della Cina. La scelta di questi luoghi fu fondamentale per rappresentare l’ambientazione selvaggia e incontaminata descritta nel romanzo originale di Jiang Rong. Per ottenere un realismo assoluto, Jean-Jacques Annaud, noto per il suo approccio rigoroso alla veridicità ambientale, ha collaborato per anni con un allevamento di lupi in Cina. In questo ambiente controllato lui e il suo team hanno addestrato i lupi a muoversi e a interagire in modo naturale, così da ottenere riprese autentiche e fedeli alla vita reale nella steppa dei lupi selvatici. Le riprese principali si sono svolte nelle pianure mongole, dove il regista ha cercato di catturare il vasto paesaggio naturale e la cultura nomade della regione. Nello specifico, Hulunbuir è una delle aree specifiche nella Mongolia Interna dove si sono svolte molte delle riprese.
L’ultimo lupo è disponibile per lo streaming su Prime Video.