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Pakistan, la vera emergenza è sulle montagne

20 ottobre 2005 – (Islamabad) DAL NOSTRO INVIATO – Arrivo a Islamabad dieci giorni dopo il terremoto. All’aeroporto è tutto come al solito. Lo stesso ambiente caotico e vitale con i pakistani che ti stringono, spingono, si accalcano anche se stanno guidando una macchina, senza una logica a noicomprensibile.

Il primo impatto genera sempre una senzazione di asfissia. Anche perché c’è sempre un caldo che non fa respirare e che in Italia abbiamo dimenticato da un pezzo.Tuttavia ti accorgi subito che qualcosa di strano sta succedendo.

 

Sono circondato da gruppetti e persone tutti con vestiti ad alta visibilità gialli, arancioni, rossi che emergono dal grigio marrone dei pakistani in maniera quasi eccessiva. Sono pompieri spagnoli, medici tedeschi, uno della protezione civile che si è portato tre tende con il bagaglio. E poi c’è una “banda

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