Trekking

Trekking dell’Everest, istruzioni per l’uso

Il mese di ottobre, insieme alle prime settimane di novembre, è l’alta stagione del trekking ai piedi del versante nepalese dell’Everest. Il nostro vademecum per chi sta per partire e per chi sogna di andarci in futuro


Le piogge del monsone stanno finendo, sull’Himalaya torna il bel tempo. In tutto il mondo, decine di migliaia di camminatori si preparano a decollare verso Kathmandu e i magnifici sentieri del Nepal. Tra loro, come ogni anno, sono migliaia di italiani. Qualcuno si dirige verso i “piccoli Tibet” del Mustang e del Dolpo, altri partono per i lunghi trek in direzione del Kangchenjunga o del Makalu, o per itinerari più brevi sulle colline intorno alla capitale o a Pokhara. 

La maggioranza dei camminatori, però, si dirige verso i sentieri dell’Annapurna e dell’Everest, i due “ottomila” più fotografati e visitati del Nepal. Ciascuna delle due zone, secondo le cifre ufficiali, viene percorsa ogni anno da un numero compreso tra gli 80 e i 100 mila trekker, che si dividono in parti uguali tra la stagione premonsonica (aprile e maggio) e quella che segue le piogge estive, cioè i mesi di ottobre e novembre. 

I nostri suggerimenti si riferiscono al classico trek verso il campo-base dell’Everest, ma possono essere applicati, con qualche differenza relativa ai trasferimenti e alla quota, anche alle sue varianti, al Giro dell’Annapurna e alla ripida salita al Santuario dell’Annapurna, dominata dalla parete Sud della montagna. 

La preparazione

Così vicino alla partenza resta poco da fare. Chi vuol raggiungere i 5600 metri del Kala Pattar e/o i 5350 metri del campo-base dell’Everest dovrebbe essersi preparato camminando spesso in estate, salendo più volte verso i 3000 e i 4000 metri sulle Alpi, dormendo qualche volta in rifugio, e completando la preparazione con jogging e camminate in città. 

La salute

Prima di un trek impegnativo, le regole suggeriscono una serie di test medici, compreso un elettrocardiogramma sotto sforzo. Durante il trek bisogna salire lentamente e controllare di non avere i sintomi del mal di montagna, Acute Mountain Sickness (AMS) in inglese. Le pillole che aiutano l’acclimatazione sono utili, ma vanno assunte con moderazione. Ognuno deve avere con sé i medicinali di cui fa uso quotidiano. Cibo e bevande lungo il trek sono quasi sempre sicuri, ma qualche problema di pancia ci può stare. Vesciche e crampi sono gli stessi dei sentieri nostrani.

La burocrazia

Il visto per il Nepal si prende all’aeroporto, ed occorre avere con sé il passaporto e una fototessera. Il permesso di trekking viene richiesto dall’agenzia che organizza il viaggio, e controllato a Monjo, all’ingresso del Parco Nazionale Sagarmatha.  

L’organizzazione

E’ possibile acquistare da soli il biglietto aereo e organizzare il trek (permesso, volo per Lukla, guida, portatori, pernottamenti e pasti) con un’agenzia di Kathmandu come Cho Oyu Trekking o Navyo Nepal. In alternativa ci si può affidare a operatori di casa nostra come Guide Star Mountain, Focus Himalaya Travel o Avventure nel Mondo.

Molte guide alpine italiane organizzano trek appoggiandosi ad agenzie nepalesi. Se ci si affida a un operatore low cost di Kathmandu è bene verificare le sue referenze e se l’assicurazione per il soccorso (con evacuazione in elicottero) è compresa nel prezzo. Camminare nel Parco Sagarmatha senza guida è ufficialmente vietato. 

L’equipaggiamento

Lo stesso necessario per una camminata sull’Appennino o sulle Alpi. Scarponi solidi e rodati, zaino medio-piccolo più un solido saccone da affidare ai portatori, bastoncini telescopici, comodo abbigliamento da trekking. Oltre i 4000 metri fa freddo e servono un piumino e un sacco a pelo adeguati. Essenziale una completa ed efficiente protezione contro il freddo (berretto e guanti caldi) e contro il sole violento dell’alta quota. 

Il vitto e l’alloggio 

Gli Sherpa sono ottimi cuochi, e le centinaia di lodge (alberghetti) lungo il percorso offrono pasti abbondanti e gustosi. Si può scegliere tra piatti nepalesi come il dal bhat, cinesi, tibetani e ispirati alla cucina europea e americana. Ottime le patate del Khumbu, la pizza e gli hamburger non sono più così rari. Chi vuole trova ovunque (e paga a caro prezzo) la birra. La zona-notte dei lodge, invece, è di solito molto spartana, e richiede l’uso del sacco a pelo. Fondamentale anche una pila frontale. A Namche Bazaar esistono dei veri e propri hotel.   

Il budget

Da 1000 euro in su per un volo a/r dall’Italia a Kathmandu. Da 1500/2000 euro in su per 10-15 giorni di trekking, tutto compreso. Nei trek organizzati il vitto è incluso sul sentiero ma non nella capitale. Guide e portatori meritano e si aspettano una mancia. 

Il volo per Lukla

Dal 2022, i piccoli aerei per Lukla, “porta” della regione dell’Everest, partono da Ramechhap, ad almeno 4 ore di strada da Kathmandu. Gli elicotteri, più costosi, decollano dall’aeroporto della capitale.  

Il sentiero

Tra Lukla e il campo-base dell’Everest si cammina su un sentiero ampio ed evidente, reso faticoso dai continui saliscendi e dalle migliaia di gradini di pietra costruiti per evitare l’erosione. Salendo a Namche e prima e dopo Tengboche si incontra qualche tratto esposto, i ponti sospesi in acciaio sono impressionanti ma sicuri. Massima attenzione nell’incrociare gli yak utilizzati per il trasporto dei bagagli: sono grandi, bizzosi e pericolosi a causa delle lunghe corna. 

Le tappe

Il trek da Lukla fino al Kala Pattar e al campo-base dell’Everest è diviso in sei tappe, che normalmente si percorrono in otto giorni, con notti extra previste per aiutare l’acclimatazione a Namche Bazaar e a Pheriche. In discesa occorrono 4 o 5 giorni. Qualche giorno in più consente di visitare anche la splendida valle di Gokyo. E’ bene avere qualche giorno extra in caso di maltempo (arrivare fin lì e non vedere l’Everest fa arrabbiare) o in caso di acclimatazione lenta. Se il tempo è brutto, e accade anche nella bella stagione, a Lukla si possono creare lunghissime liste d’attesa in attesa di un volo.  

Momenti indimenticabili

Il volo e l’atterraggio a Lukla.
I villaggi lungo la Dudh Kosi.
L’altissimo e impressionante ponte di Larcha Dobhan.
L’atmosfera un po’ kitsch di Namche Bazar e dei suoi locali.
I villaggi tradizionali di Khumde e di Khumjung.
Il panorama sull’Everest, il Lhotse, l’Ama Dablam e il Thamserku dal sentiero-balcone oltre Namche.
La foresta e il monastero buddhista di Tengboche.
Il panorama sul Lhotse da Dingboche.
I memoriali che ricordano gli alpinisti morti tra Dughla e Lobuche.
La Piramide, il laboratorio italiano a 5000 metri di quota.
I merletti di ghiaccio del Nuptse dalla Piramide e da Gorak Shep.
Il panorama sull’Everest e infinite altre vette dal Kala Pattar.
Il ghiacciaio del Khumbu intorno al campo-base, con vele di ghiaccio e laghetti. 

Kathmandu

La capitale del Nepal, affollata e con un traffico infernale, non piace a tutti, ma merita una visita attenta. Nei giorni che i trekker dedicano alla città c’è spazio per i tempi di Durbar Square, per almeno una tra le cittadine di Bhaktapur e Patan, per la grande stupa di Bodnath, al centro di un quartiere popolato da rifugiati tibetani e da Sherpa e per quella di Swayambunath, dove buddhisti e indù pregano gli uni accanto agli altri.
Nel quartiere turistico di Thamel birre, ristoranti e negozi di souvenir attendono il trekker al ritorno. Da non perdere la libreria Pilgrims’ e la pizzeria italiana Fire and Ice. 

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