Dialogo con Benoît Chamoux
6 ottobre 2005 – Continuo a parlargli ancora, dopo dieci anni. Ora, per la verità, parlo anche con lo "zio Gianni", come noi definivamo il "terribile" Calcagno, con il suo fido Tullio Vidoni, che proprio Benoît ha accompagnato alle soglie della vita in una primavera ai piedi del Monte Rosa.
Parlo anche con mio padre, che nel frattempo mi ha lasciato con l’infinita umiltà e il decoro silenzioso con il quale mi ha cresciuto. E parlo soprattutto con la nostra amica Silvana e mia compagna di sempre.
Con Benoît continuo a parlare di alpinismo. Di progetti, di spedizioni, di scienza e comunicazione. Rubo le risposte dalle smorfie di quella sua bocca sempre sorridente, di quel viso bambino, intagliato come legno. Ma soprattutto dai suoi occhi sempre espressivi, sempre pronti a percepire e riflettere la luce.
Penso a cosa mi potrebbe dire. Immagino le risposte e le obiezioni alle risposte. Era il nostro gioco infinito, nelle notti del vino che lui beveva con parsimonia. Un gioco fatto di parole che l’uno comprendeva ancor prima che l’altro potesse esprimerle.
"Cher Agò, parli più con i morti che con i vivi".
Vedi, caro Benoît, con i vivi non me la cavo poi male. E ce ne sono molti che mi, anzi ti, sarebbero simpatici. Ad alcuni voglio anche molto bene. Ma è con voi che ho una certa confidenza. Come dire: una consuetudine, di prima e del dopo. Siamo quasi una spedizione, un gruppo che si sta formando per la cima. Abbiamo sempre avuto noi – e tu lo hai raffinato fino a farlo diventare un modo d’essere e di vivere – il senso del gruppo, dell’equipe.
Mi viene da sorridere mentre mi tornano in mente i tre moschettieri: "Tutti per uno, uno per tutti". Ce l’avevi nell’anima questo motto, mio giovane amico. Di D’Artagnan avevi il coraggio, l’intelligenza e pure il senso della responsabilità. No! Se non ci servivano le parole allora, ora basta che io sappia che tu ci sei. Che fai parte del mio pensare migliore, del mio tempo più sorprendente e felice. Che i tuoi sogni, le tue mani, il tuo sudore e anche il tuo dolore sono parte della mia piccola storia di uomo.
Un uomo che ha incontrato un amico, un grande alpinista dal cervello fine come l’aria che respirava, dal cuore grande come le montagne che saliva.
Ciao Benoît, ci sentiamo settimana prossima.
Agostino Da Polenza