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Geologia per boulderisti, il libro che manca. E che servirebbe

Nel 1986 Silvia Metzeltin Buscaini pubblicava l’ormai introvabile volume Geologia per alpinisti. Oggi sarebbe bello leggere un analogo libro dedicato principalmente a chi arrampica sui sassi. In grado di svelare il grande libro della pietra

“Geologia per alpinisti” è il titolo di un bel libro divulgativo di Silvia Metzeltin Buscaini (alpinista e geologa) pubblicato nel 1986 dalla Zanichelli, dedicato espressamente agli alpinisti, basato sul concetto che le attività in montagna non sono unicamente una forma di svago per il tempo libero, ma anche una forma di cultura.

Se dal punto di vista del gesto atletico, scrive la Metzeltin, l’alpinismo ricade nell’ambito delle scienze dello sport, le mille altre interazioni con il mondo naturale che l’andar per monti sa riservare, offrono la possibilità di imparare qualcosa.

Da qui nasce l’idea del libro, ormai raro, ma di grande efficacia per via del “ponte” un po’ speciale gettato agli alpinisti verso la geologia.

Spesso, infatti, si scala senza vedere, anche se intimamente si percepisce spontaneamente, senza saperlo, che le nostre mani afferrano appigli di rocce diverse, riconoscibili al tatto, anche se non ne conosciamo il nome.

Riattualizzato, il titolo potrebbe oggi essere “Geologia per boulderisti” per via del numero crescente di giovani praticanti che si aggrappano alle rocce dopo aver iniziato nelle palestre di città.

A differenza dell’alpinismo e dell’arrampicata sportiva, il bouldering attiva una connessione ancor più stretta con la materia su cui si scala. Le movenze del “sassista”, tra “tallonate”, “lanci”, “compressioni” e  “rimontate”, attivano un contatto con la roccia ancor più intimo e persistente.

Ce lo raccontano, ad esempio, i polpastrelli presto bucati sul “ghiandone” della Val di Mello, ad opera dei cristalli sporgenti di feldspato, o la differente aderenza delle pedule, a parità di inclinazione, su diversi graniti, in funzione della diversa percentuale di quarzo presente.

La natura della roccia, la distribuzione e orientamento delle fratture (discontinuità), gli agenti causa del modellamento (acque correnti, vento, pioggia, ghiaccio…) creano un’infinita varietà di forme e colori delle strutture minerali su cui sfidiamo la gravità.

Così come non esiste un cristallo di neve uguale all’altro, non esistono due appigli identici. E questo rende l’arrampicata libera sulla roccia una pratica meravigliosa, in grado di svelarci il grande libro della pietra.

Bastano pochi movimenti su un masso, plasmato nel corso dei millenni, per comprendere se è nato dal “fuoco”, da un sistema fuso, poi solidificato, o dal “mare” a seguito della deposizione su fondo di miriadi di minuti frammenti di organismi viventi, o ancora dalla “trasformazione” legata a colossali pressioni che hanno modificato rocce preesistenti.

Sì! Sarebbe da pensarci, a un nuovo piccolo compendio, geologia per boulderisti…

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