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Cu de ra Badesa: quella montagna dallo strano nome a due passi da Cortina

Sulle mappe è indicata come Croda del Beco, ma i cortinesi la chiamano con quel nome irriverente. Che ricorda storie antiche fatte di liti, sgarbi e soprusi. E di quella Badessa della Val Pusteria che ancora sembra sbeffeggiare la conca ampezzana

C’è una montagna poco appariscente che chiude a nord, come un fondale la conca d’Ampezzo. Perché è proprio tra le quinte formate dalle ultime propaggini della Tofana, del Col Rosà, e del Lavinores a sinistra, e quelle della Punta Fiames, e della Croda de r’Ancona a destra, che vista dal centro cittadino, si incunea il Cu de ra Badesa.
Non andate a cercarla sulle cartine sotto questo nome un po’ osé, ma a Cortina tutti la chiamano così, e non da oggi, da secoli. In realtà ufficialmente questa montagna ha tre nomi: Croda del Beco (da poco più di centoventi anni), Seekofel (nella toponomastica tedesca) e Sass dla Porta, in quella ladina. Anche Cu de ra Badesa è un’espressione ladina ma nella sua forma ampezzana. La storia di questo curioso toponimo la vedremo tra poco.

La Croda del Beco

Per intanto chiariamo che la Croda del Beco (così chiamata ufficialmente per gli stambecchi e i camosci che ne popolano le pendici) non è affatto una montagna ardita (2810 m) se guardata da Cortina da cui appare come un gran panettone arrotondato di roccia chiara, e salire sulla cima, se non è proprio da tutti, non presenta particolari difficoltà. Ben diversa è la sua percezione se la si guarda dal versante pusterese, cioè dal lago di Braies (ecco la giustificazione del nome Seekofel per i sudtirolesi) da dove appare una montagna incombente, ombrosa e severa, che precipita per 1300 metri fino al famoso specchio lacustre oggi assediato dal turismo, sul cui fondo si cercò invano un presunto tesoro del Terzo Reich. Il terzo nome ufficiale, Sass dla Porta, avrebbe origini mitologiche e deriverebbe dalla saga del Regno dei Fanes, un antico reame della mitologia ladina.
In ogni caso il confine tra il Parco Naturale di Fanes- Senes-Braies e quello delle Dolomiti d’Ampezzo passa proprio in cima alla Coda del Beco, che allo stesso tempo è anche il confine tra Veneto e Trentino-Alto Adige. L’ambiente sul versante ampezzano è straordinario rispetto a come si presenta abitualmente il paesaggio dolomitico: niente cime aguzze e da brivido.  Qui si estendono gli ondulati, morbidi altopiani carsici, ricoperti da un discontinuo manto erboso d’alta quota, fioriti da specie rare come il Sempervivum dolomiticum, solcati dalle creste taglienti dei “campi carreggiati” somiglianti ai solchi lasciati sul terreno dalle ruote dei carri, costellati di laghetti, come quelli di Foses, di Remeda Roses, di Rudo, le cui acque vengono inghiottite in un reticolo di cunicoli e grotte sotterranee.
La Croda Rossa d’Ampezzo, questa sì una montagna imponente e suggestiva con i suoi 3146 metri, viene lasciata alle spalle. Anche la Croda del Beco non è fatta di dolomia ma di strati di rocce grigie appoggiati obliquamente l’uno sull’altro come le pagine di un libro geologico scritte 180 milioni di anni fa.

Quelle antiche contese con il monastero di Sonnenburg

Ma veniamo al Cu de ra Badesa. Il riferimento è al fondoschiena rivolto a Cortina della badessa del potente monastero di Sonnenburg (Castelbadia in italiano). Di quale badessa si tratti non è dato sapere, visto che tra il 1046, anno della sua fondazione e il 1785, anno della sua soppressione, se ne alternarono 42.  E l’allusione dispregiativa al sedere, vista la forma che da Cortina appare arrotondata, è riferibile alle continue lotte e scaramucce per gli sconfinamenti e il possesso dei pascoli tra Ampezzo e il confinante territorio di Marebbe, appunto sotto il controllo del monastero di Sonnemburg. Quelli erano tempi in cui anche piccoli appezzamenti di bosco o di pascolo erano essenziali per l’economia di sussistenza di allora e che venivano difesi con i denti.  Oggi per giungere in auto a Sonnenburg (il convento è stato trasformato in un lussuoso hotel) da Cortina serve circa un’ora, prima attraverso la ss. 51 di Alemagna e poi sulla statale della Val Pusteria fino a San Lorenzo di Sebato, dopo Brunico. In realtà il contatto con Marebbe, attraverso le antiche carrarecce è molto prossimo. Per rendersi conto del potere della badessa, basti pensare che i territori amministrati dal convento comprendevano la Val Badia, Livinallongo, quasi tutta la Valle Aurina, un ampio tratto della Val Pusteria, con possedimenti in Val d’Isarco, Chiusa, Merano, Ora, Egna. Un patrimonio immenso con più di 500 masi, chiese, interi paesi, boschi, possedimenti rurali, dove tutti, considerati sudditi, dovevano partecipare con offerte e prestazioni in natura e in denaro.

Verena von Stuben, la badessa più famosa. E discussa

Indubbiamente la badessa più chiacchierata e più famosa fu Verena von Stuben che ricoprì la carica tra il 1440 e il 1459, di cui si ricorda un’acerrima contesa con il vescovo-principe di Bressanone, uno dei grandi nella storia della Chiesa. La vicenda ha ispirato romanzi, novelle e un’opera drammatica in versi.

La peculiarità del convento era che tutte le monache provenivano fa famiglie della nobiltà tirolese. Avevano nomi altisonanti: Leukardis, Euphemia, Adelheit, Sofia, Ottilia, Ursula, Katharina, tutte con davanti il von nobiliare delle proprie famiglie.  Di Verena, Ludwig von Pastor nella sua monumentale Storia dei papi scrisse parole di fuoco: “Viaggiava come una principessa, spalancava le porte del convento a chi non avrebbe dovuto e le teneva saldamente chiuse ai delegati inviati dal vescovo per l’ispezione canonica”. Verena, con innegabile coraggio, dette gran filo da torcere alla Chiesa, perché lei e le monache non accettavano la clausura facendo entrare anche la vita peccaminosa nel convento. Tutte le badesse avevano abiti sontuosi, e come i vescovi portavano l’anello, la croce pettorale e il pastorale. Alla morte di una badessa, per eleggere quella nuova si ricalcavano le procedure del conclave.

Come raggiungere il Rifugio Biella e la cima della Croda del Beco

Detto questo, vediamo come raggiungere la cima della Croda del Beco o perlomeno ammirarla dal rifugio Biella alla sua base. Per raggiungere il rifugio Biella 2.327 m) ci sono varie possibilità.
La più comoda e breve è da malga Ra Stua (raggiungibile anche con navette da Fiames, 4 km a nord di Cortina). Da qui si procede lungo la strada sterrata fino a incontrare il sentiero n.26 che ripidamente sale alla Monte de Foses, passando per i laghi di Remeda Roses e di Foses. (E, 2.30 ore, dislivello + 660 m).

Altra possibilità è dal Lago di Braies (1489 m). Dall’estremità meridionale del lago si risale per la mulattiera n. 1 la conca dominata dalle pareti nord della Croda del Beco. Poi si aggira un salto roccioso e si passa sopra il minuscolo lago del Giovo. Risalita un’altra piccola conca il sentiero supera un gradone roccioso che dà adito al “Forno” un orrido vallone fiancheggiato da pareti rocciose in cima al quale, raggiunta la Forzela sora Forno (2388 m) si scende sul versante opposto al rifugio Biella (E, 3.30 ore, dislivello + 900 m).
La salita dal rifugio alla vetta richiede circa un’ora e un quarto lungo un percorso in cresta ripido e in parte attrezzato che richiede prudenza (EE; dislivello + 483 m).  Dalla vetta si può godere di un grandioso panorama circolare sulle Dolomiti e sulle Alpi austriache oltre che gettare l’occhio sullo smeraldino lago di Braies.

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