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L’incredibile storia del lussuoso Hotel Cimabanche costruito 120 anni fa e subito cancellato dalla Grande Guerra

Posto sul valico che separa Cortina d’Ampezzo dalla Val Pusteria, rivaleggiava con i migliori alberghi dei paesi di fondovalle. Ebbe vita brevissima, ma lasciò un segno indelebile

C’è un passo dolomitico molto conosciuto che mette in comunicazione Cortina d’Ampezzo con la Val Pusteria. È il passo di Cimabanche, non un valico alpino di prima categoria, come si direbbe al Giro d’Italia, lo sarebbe semmai si è no di terza, con i suoi 1529 m di altitudine e i circa 300 metri di dislivello, sia che lo si salga dal versante ampezzano, sia da quello di Dobbiaco percorrendo la ss.51 di Alemagna. I record che detiene non sono perciò altimetrici ma meteorologici, perché quando fa freddo, fa freddo davvero, con temperature che d’inverno scendono spesso sotto i – 20 °, con il record a -36 °.

Quello che vogliamo raccontarvi qui non è però una storia climatica, ma una storia di cui gli ingredienti sono grandi alpinisti dell’epoca dei pionieri, uomini visionari e tenaci, un albergo di lusso e la sua incredibile fine.

L’hotel Cimabanche, superlusso d’alta quota nel 1904

Al passo di Cimabanche, intorno al 1904, quindi 120 anni fa, in un posto certamente suggestivo, stretto tra i massicci del monte Cristallo e della Croda Rossa d’Ampezzo, immerso nei boschi di conifere, ma dagli inverni assai severi e distante parecchi chilometri dai paesi più prossimi, Cortina e Dobbiaco, Giovanni Siorpaes, detto Jan de Santo, aveva coraggiosamente costruito un gran bell’ hotel. Per intenderci un albergo di quattro piani e una soffitta, grandi verande sulla facciata, doppie finestre per meglio difendersi dal freddo (l’albergo era aperto anche d’inverno), 26 stanze da letto, acqua corrente nei bagni in ogni piano, luce elettrica e telefono. Esiste ancora un inventario che ci fa ben capire come fosse ben fornito di ogni tipo di attrezzatura da cucina, comprese le macchine per lavare le posate e affettare i salumi. Ma non basta, ogni camera era dotata di maioliche pregiate decorate a fiori blu, utilizzare come lavandini, e di brocche per l’acqua calda e fredda, di biancheria raffinata, nei bagni c’erano vasche più grandi e vasche più piccole per lavarsi i piedi, entrambe di zinco. A disposizione degli ospiti, in massima parte dall’alta borghesia e dalla nobiltà austro-ungarica c’erano anche i bastoni da montagna per le passeggiate, calamai e carta da lettere, libri (compresi quelli di scuola per i bambini), slitte trainate dai cavalli, pattini e persino un pianoforte. Insomma, un lusso da non sfigurare con i migliori alberghi di Cortina di quell’epoca. 

Santo Siorpaes, guida entrata nella leggenda

Dicevamo che a costruire l’albergo fu Giovanni Siorpaes de Santo. Perché de Santo è presto detto. Era suo padre che si chiamava così: quel Santo Siorpaes, detto Salvador, che Carlo Gandini, autore con Franco Fini del volume Le guide di Cortina d’Ampezzo non ha dubbi nell’attribuire “alla schiera delle guide della leggenda, e fra queste la più dotata tecnicamente”. Con Grohmann e Francesco Lacedelli (Checo da Meleres), Santo Siorpaes conquistò nel 1864 la Tofana di Rozes, ma gli si attribuiscono almeno una trentina di prime ascensioni in tutte le Dolomiti. Fu la guida più ambita, entrata nei racconti di molti alpinisti famosi dell’epoca, notissimo in Austria e Germania (quasi sconosciuto in Italia), un bell’uomo, occhi chiari e capelli scuri, intelligente, pieno di energia e di slancio, forniva ottimi argomenti al mondo colto e raffinato dei salotti di Londra. 

Giovanni era il più giovane dei suoi due figli, entrambi guide di valore (Pietro il primogenito, era anche armaiolo e guardiacaccia). Prima di costruire l’hotel Cimabanche, Giovanni aveva comperato, poco distante lungo la strada di Alemagna, quello che veniva chiamato il Pavillon, una casetta costruita nel 1899, precedentemente di proprietà di Nathaniel Rothschild, barone della famosa famiglia di banchieri. Fatto sta che quella costruzione andò a fuoco, non è dato sapere quale fu la causa, ma le voci dicevano che fosse stato appiccato. Giovanni però non si perse d’animo, anzi, realizzò qualcosa di molto più ambizioso: un hotel di lusso.

Guide e cantonieri

Sia Santo che Giovanni, oltre che essere guide alpine, svolgevano il mestiere di cantonieri e di guardie forestali. Santo era il più famoso cantoniere della strada di Alemagna ed era nato nel 1832, proprio l’anno in cui quella strada venne inaugurata dall’Imperatore Francesco I. Certo, riempire le buche della strada create dal passaggio di carri e carrozze, o liberare la carreggiata dalle colate di ghiaia provocate dai temporali, o rimuovere lo sterco dei cavalli era più prosaico che svolgere la professione di guida avendo a che fare con gente colta, danarosa, spesso di sangue blu, oltre che ottimi arrampicatori. L’albergo di Giovanni, insomma, poteva contare anche sull’alone di notorietà acquisito da suo padre, oltre che sui non pochi meriti propri. 

Un destino crudele

Ma il destino non gli concesse di potersi godere quella sua creatura per molto tempo. Nel 1909, mentre percorreva con la sua carrozza la strada, diretto a Cortina per un battesimo, incrociò una delle pochissime macchine che procedeva in senso inverso. Il cavallo si spaventò, si imbizzarrì, la carrozza si rovesciò e Giovanni, ferito, morì qualche giorno dopo per una polmonite conseguente all’incidente.

Gli fu almeno risparmiato di vedere che fine avrebbe fatto il suo albergo. Nel giugno del 1915, con l’entrata in guerra dell’Italia, le bombe austriache avrebbero raso al suolo l’hotel Cimabanche ( Gemark in tedesco), per evitare che ne prendessero possesso gli italiani. Gli ufficiali prima pranzarono nell’albergo, pagarono il conto e intimarono alla vedova di Giovanni, Ita de Sorabances di abbandonarlo in 48 ore perché lo avrebbero fatto saltare. Materassi e pezzi del pianoforte vennero trovati sparsi nel bosco.

Oggi al passo di Cimabanche, gli eredi di quel trisnonno che fu Giovanni, gestiscono uno chalet (per lungo tempo condotto da Nilo) dove d’estate turisti in transito sulla strada di Alemagna e ciclisti che percorrono la Dobbiaco-Cortina si fermano volentieri per assaporare le specialità alla griglia che offre loro Serena. Ben pochi di loro sanno di quanta storia è passata in quello slargo nel bosco. Entrando una foto appesa alla parete di legno ritrae l’hotel, nell’animazione dell’estate. Biciclette, carrozze, bambini, tavole apparecchiate. Tutto cancellato.

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