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Gli ambientalisti contro Torino 2006

26-07-2005 "Vette devastate in nome del profitto". Esordisce così Eco Mondo, mensile d’ambiente frutto della  collaborazione tra WWF e Vita. Il riferimento è al "selvaggio" ampliamento dei comprensori sciistici alpini. E la polemica su come coniugare sviluppo turistico e tutela ambientale, non ancora sopita dopo Bormio 2005, riprende vigore con l’avvicinarsi di Torino 2006.

 

Meglio valutare
i problemi nella loro globalità

di Sara Sottocornola

 
Il cambiamento climatico riduce l’innevamento. Gli sciatori scelgono mete e attività alternative. Si investe su sistemi di innevamento artificiale e su infrastrutture, per attirarli di nuovo sulle piste. Causando un forte impatto ambientale, ma allo stesso tempo non raggiungendo i risultati sperati.
Le spese ricadono sui prezzi dei giornalieri, che raggiungono livelli proibitivi. Un aumento che avrà anche mille giustificazioni, ma che contribuisce in modo determinante ad allontanare sempre di più il pubblico (dalle piste, non dalla montagna).

 

Il turismo invernale è fatto sempre meno del solo sci alpino e l’investimento sui nuovi impianti è probabilmente sproporzionato. Ma non solo rispetto a un presunto futuro già scritto dal cambiamento climatico. Anche per le prospettive che esso stesso sta creando.

 

Ruggero Sainaghi, ricercatore dell’Università IULM e docente titolare del corso di Destination Management, spiega "I trend del turismo alpino su pista documentano una flessione nei flussi ormai da alcuni anni. Tuttavia all’interno di tale contesto recessivo si notano evoluzioni alquanto differenziate tra le località che sono state in grado di  posizionarsi bene sul mercato, scegliendo i propri target e sviluppando adeguati prodotti e le numerose stazioni che stanno perdendo la propria identità. Le prime crescono, non solo in termini di volumi ma anche di prezzo e di immagine, le seconde hanno sperimentato riduzioni sensibili nel loro volume d’affari. Il turismo alpino invernale senz’altro sperimenterà una selezione dei competitor, cioè della stazioni turistiche".

 

Il rischio di crisi, per molte  stazioni sciistiche, è quindi ben confermato. Il futuro sembra essere quella della differenziazione. Ma a che prezzo?

 

"I problemi ambientali rappresentano un aspetto del problema" – continua Sainaghi  – "Ma la vera partita che si sta giocando è sul fronte della sostenibilità economica, cioè della capacità di creare i presupposti affinché gli investimenti fatti producano, nel tempo, gli opportuni ritorni. Lo sviluppo del turismo invernale assorbe, infatti, enormi risorse, in un clima di crescente competitività che rende difficile praticare incrementi di prezzo o sensibili aumenti dei volumi. Inoltre, l’innovazione tecnologica ha spesso ridotto i tempi di sostituzione delle attrezzature. Nel caso di eventi come Bormio 2005 e Torino 2006, questo tipo di problema è ovviamente ancora maggiore, in considerazione degli elevati investimenti".

 

E’ fuor di dubbio, la necessità di tutelare l’ambiente d’alta quota. Si sta già facendo tanto, ed è vero che si può fare molto di più. Ma lo sviluppo economico merita altrettanta attenzione, e la produzione di ricchezza che dovrebbe derivare dai maggiori investimenti non deve essere data per scontata.

Il sentiero dello sviluppo turistico è ormai imboccato e, se ben gestito, può essere una buona opportunità per mantenere vive le economie locali. Il problema è ora quello di indirizzarlo. Gli investimenti rappresentano un’ottima opportunità, forse dovrebbero essere canalizzati e distribuiti con piani integrati di sviluppo. Ovviamente eco-compatibili.

 

Una soluzione preconfezionata che faccia contenti tutti, non esiste. Ma siamo dell’idea che per trovare la migliore serva osservare i problemi nell’intero complesso.

Per preservare sia l’ambiente, sia l’economia turistica, sia la tradizione sportiva.  

piste

Stando a quanto riporta Eco Mondo, le piste da sci sulle alpi italiane, messe in fila, coprirebbero una distanza di 5mila km. Pari ad un viaggio di andata e ritorno Roma-Stoccolma. La quantità di acqua utilizzata per il funzionamento dei cannoni da neve sarebbe pari al consumo annuo della città di Milano. In aumento il consumo energetico complessivo per i sistemi di risalita, la manutenzione o l’ammodernamento delle piste.
Non calcolabili i danni ambientali provocati dalla costruzione non solo di nuovi impianti, ma soprattutto del corollario di infrastrutture e servizi necessari a sostenere il maggiore afflusso turistico (parcheggi, strade).

 

Queste, in sintesi, le accuse formulate dal mensile.

 

Sempre stando al giornale, la corsa allo sviluppo turistico sulle Alpi italiane, oltre ad essere decontestualizzata (‘Italia è l’unico Paese alpino a non aver ratificato la Convenzione delle Alpi), non sarebbe nemmeno giustificata da adeguate prospettive di crescita.
Lo sci si presenta come un settore maturo: il 60% delle stazioni sulle Alpi sarebbe in deficit e negli ultimi 7 anni il numero degli sciatori sarebbe sceso del 24%. Il riscaldamento globale aggrava le preoccupazioni. Un recente studio commissionato dall’UNEP annuncia l’inesorabile crisi delle stazioni sciistiche a bassa quota, dovuta al progressivo innalzarsi del limite di innevamento. Entro i prossimi 50 anni potrebbe salire persino di 300m.

 

Se ormai da anni si "vocifera" sul tema con toni più o meno allarmistici, è risaputo che le polemiche si fanno più accese quando il bersaglio è ben definito.
Eco Mondo chiama in causa Torino 2006. Fabio Porcari, segretario regionale del WWF Piemonte e Valle d’Aosta, lamenta la scarsa collaborazione fra il comitato organizzatore dei Giochi olimpici e le associazioni ambientaliste. "Il Toroc si limita ad informare su ciò che fa

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