Film

Nomadland, un’idea di cinema e di vita nella natura

Vincitore di tre Oscar e del Leone d’Oro a Venezia, il film presenta un’anima dell’America poco nota, ma straordinariamente vera. E affascinante

Film-manifesto di un’idea di cinema e di uno stile di vita, Nomadland (2020) di Chloé Zhao è riuscito a parlare al grande pubblico e ad arrivare al Festival di Venezia 2020, dove ha vinto il Leone d’oro come miglior film, per poi proseguire la sua corsa vincendo tre premi Oscar l’anno successivo (miglior film, miglior regia e miglior attrice protagonista a Frances McDormand).

Girato lungo sei mesi del 2018 con una troupe ridotta e in modo itinerante tra diverse location degli Stati Uniti, Nomadland è un road movie che riflette sui legami, sul nostro rapporto con la società e sul significato di libertà grazie al contatto con la natura. Un manifesto cinematografico, a distanza di qualche anno da Into the Wild – Nelle terre selvagge che tramite la sua protagonista esplora le contraddizioni del vivere contemporaneo, offrendoci la possibilità di apprezzare uno stile di vita alternativo: quello del nomadismo.

La trama di Nomadland

Dopo il collasso economico di una città aziendale nel Nevada rurale, Fern (Frances McDormand), una donna di mezza età, carica i bagagli sul proprio furgone e si mette in strada alla ricerca di una vita fuori dalla società convenzionale, come una nomade moderna. Vasto ritratto panoramico dello spirito nomade americano, a seguire il flusso della manodopera migratoria stagionale, Nomadland è il ritratto ravvicinato di Fern: sia della sua vita precedente, segnata dalla perdita (del marito, della città mineraria in cui viveva e che è diventata fantasma dopo la recessione) sia di quella attuale, nuova. Durante il suo percorso infatti, Fern trova la propria comunità nei raduni tra nomadi a cui partecipa, nella forte amicizia con Dave e nelle altre persone che incontra durante il suo viaggio.

Ma soprattutto, come afferma la regista Zhao, ‟…nella natura, mentre lei si evolve; nelle terre selvagge, nelle rocce, negli alberi, nelle stelle, in un uragano, è in questi luoghi che trova la propria indipendenza”.

L’itinerario di Nomadland: un nuovo modo di intendere il paesaggio

Tra luoghi di grande bellezza e la resa di un’America rurale, semplice, fondata sulla terra e sull’economia circolare, Nomadland offre allo spettatore una nuova dimensione per guardare il grande paesaggio americano, liberandolo dal retaggio nel cinema western per intenderlo in una nuova dimensione culturale. Tramite l’innovativo punto di vista di Fern, il viaggio verso Ovest diventa una scoperta della natura in senso non più colonialista ma libero, aperto, democratico e anti-capitalista. Ogni luogo può infatti diventare casa, e casa può essere ovunque. Questo è il senso del nomadismo, e in questo senso la natura acquista una dimensione estremamente confortevole – annullando la distanza tra noi e la terra.

Le riprese di Nomadland hanno richiesto sei mesi e hanno avuto inizio a settembre 2018 in South Dakota, dove sono state girate le scene ambientate nelle Badlands e al Wall Drug. “Le riprese in South Dakota,” afferma Zhao, “dove ho girato altri due film, devono svolgersi necessariamente a settembre-ottobre oppure a maggio”. Da lì, la compagnia si è spostata in Nebraska.

Dopo avere guidato attraverso Deadwood per raggiungere una coltivazione di barbabietole nel Nebraska occidentale, la troupe ha fatto una piccola pausa e si è ritrovata ad Empire, in Nevada, vicino al deserto Black Rock (dove si svolge il festival Burning Man): una città aziendale che per anni fu la casa di generazioni di minatori di gesso prima di essere cancellata a causa della grande recessione.

La destinazione successiva della squadra è stata la città di Point Arena, che un tempo era una delle capitali della controcultura, situata nella contea di Mendocino, sulla costa della California settentrionale. Dopo una pausa natalizia, la troupe è riscesa a Yuma, in Arizona per poi ritornare in California, nella contea di San Bernardino.

Un’idea di cinema e di vita

Con un team composto da 19 uomini e 17 donne, l’approccio quasi improvvisato di Zhao nei confronti della narrazione si è esteso anche alle riprese, lasciando grande libertà agli attori (sia professionisti McDormand e David Strathairn, che ai non professionisti, che sostanzialmente interpretano sé stessi) in cambio della totale immersione nella storia che stavano narrando.

“Nei panni di Fern”, ha affermato Frances McDormand “ho ‛lavorato’ insieme ai veri dipendenti di un centro di distribuzione di Amazon, in una coltivazione di barbabietole da zucchero, nel bar di un’attrazione per turisti e come camp host in un Parco nazionale. Nella maggior parte dei casi, nessuno mi riconosceva e tutti pensavano che fossi una dipendente come tutti gli altri. Ovviamente, non ho lavorato per tutte le ore richieste da questi mestieri. Ma abbiamo cercato di comunicare l’impressione di un lavoro reale e delle sue conseguenze: le sfide fisiche e il disagio vissuti da una persona più anziana, ma anche la gioia di lavorare e vivere in mezzo alla natura come camp host in un Parco nazionale, la sensazione di avere uno scopo e il guadagno disponibile grazie a questi lavori”.

Nomadland (2020) è disponibile su varie piattaforme per lo streaming

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