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Marcello Mastroianni disegnatore all’Istituto Geografico Militare di Dobbiaco durante la Seconda guerra mondiale. Una storia poco nota

L’arrivo in Val Pusteria a 19 anni. Una destinazione tranquilla, dove il futuro attore si fece comunque notare. Poi la fuga per evitare un temuto trasferimento in Germania

Marcello Mastroianni, colui che poi sarebbe diventato uno dei maggiori interpreti italiani, nonché uno dei più conosciuti e apprezzati attori all’estero, nell’autunno del 1943 giunse in veste di disegnatore a Dobbiaco. Cosa era successo, perché quel giovane e bel ragazzo romano, veniva catapultato all’improvviso in Val Pusteria in mezzo alle Dolomiti?

La vicenda è conosciuta, ma nelle biografie dell’attore viene soltanto accennata mentre i rischi che corse in quel periodo della Guerra, dopo l’occupazione tedesca, furono tutt’altro che trascurabili. Ve li raccontiamo.

Marcello Vincenzo Domenico Mastroianni, registrato con tutti quei nomi all’anagrafe il 28 settembre 1924, ma nato due giorni prima (come da lui stesso riferito) a Fontana Liri, nell’allora provincia di Terra di Lavoro, confluita, nel 1927, nella neocostituita provincia di Frosinone, aveva già fatto da giovanissimo la comparsa a Cinecittà. Film importanti, quali Marionette di Carmine Gallone, La corona di ferro di Alessandro Blasetti, Una storia d’amore di Mario Camerini, e I bambini ci guardano di Vittorio De Sica. Ma non più che una comparsa.

Nel 1943 quel bel giovane non ancora diciannovenne aveva conseguito il diploma di perito edile a Roma e più che l’attore aveva in testa di fare l’architetto. Così prima venne assunto come disegnatore tecnico dal comune di Roma e dopo un concorso per disegnatori, indetto dalla Todt, venne assunto da questa grande impresa di costruzioni che operò per la Germania nazista e nei Paesi occupati dalla Wehrmacht. La Todt poi lo mandò a lavorare, sempre come disegnatore, all’Istituto Geografico Militare con sede a Firenze.

Le vicende della guerra, dopo l’8 settembre, indussero i tedeschi a traferire l’Istituto Geografico Militare più a nord per metterlo al riparo dall’avanzata degli Alleati che stavano risalendo la penisola. Quelle carte e quelle strumentazioni erano di fondamentale importanza nel contesto bellico.

L’ordine segreto impartito dal Comando tedesco il 2 ottobre 1943 fu quello di mettere subito in atto tutte le operazioni per trasferire le strumentazioni, l’enorme quantità di materiale cartografico e il personale in una località, tenuta anch’essa ancora nascosta, scelta tra Bolzano, Merano o Cortina d’Ampezzo. Così anche Marcello Mastroianni dovette sottostare a quel trasferimento.

La scelta alla fine cadde su Dobbiaco visto che per la nuova sede (con il nome convenzionale segreto di Helm) potevano essere utilizzati gli enormi volumi del Gran Hotel di Dobbiaco, una lussuosa struttura sorta a fine ‘800, che ospitò per i salubri soggiorni in Val Pusteria, un gran numero di teste coronate e di illustri personaggi, fino al suo declino dopo la Prima guerra mondiale. Per trasferire archivi e intere biblioteche, sfidando i bombardamenti occorsero circa 350 vagoni ferroviari.

Il futuro divo del cinema recitava Shakespeare davanti a uno specchio

«Mastroianni durante la sua permanenza a Dobbiaco non trascurò la sua passione per il teatro», mi raccontò mio padre Alfredo Spampani, anch’egli all’I.G.M. come topografo. “Nei momenti liberi si esercitava davanti a tre specchi prelevati dagli armadi del Gran Hotel per controllare i suoi movimenti mentre recitava Shakespeare e altri autori. Con carte e pennelli creava anche le scenografie. Noi tutti, ma in particolare i colleghi fiorentini, lo chiamavamo “il divo” per burlarlo e lui replicava: vedrete, vedrete, dove arriverò.»

Faceva anche lunghe camminate nei boschi e in montagna. Era insofferente della puntualità militare e aveva subìto richiami e decurtazioni sulla paga per i suoi ritardi. «Era anche un buon calciatore, nel ruolo di difensore», raccontò ancora mio padre, «quando per distrarci dagli avvenimenti bellici, venivano organizzati tornei calcistici tra le divisioni geodetica, cartografica, topografica e servizi».

C’è da dire, come raccontano Rosanna Pruccoli e Tiziano Rosani nel loro libro L’IGM a Dobbiaco tra il 1943 e il 1945 (2003, Circolo Culturale Alta Pusteria), che quell’istituto era “un’oasi di relativa tranquillità, un angolo dove il conflitto giungeva ovattato, ove non si pativa la fame, si organizzavano corsi di sci, mostre di pittura e nel fine settimana ci si poteva addirittura recare in gita a Cortina.

La rocambolesca fuga verso Mestre con Remo Brindisi

Nonostante questo, con la guerra che stava vedendo i tedeschi in sempre maggiori difficoltà, Mastroianni e molti come lui temevano che l’I.G.M. potesse ulteriormente essere trasferito in Germania. Sicché il divo, prendendosi molti rischi, escogitò un piano di fuga, con conseguenze facilmente prevedibili se fosse fallito.

Il racconto della fuga lo fece lo stesso Mastroianni a Enzo Biagi (che lo scrisse nel suo libro La bella vita, Marcello Mastroianni racconta: «Dissi a un amico: bisogna tagliare la corda. Come facciamo? Idea: carta lucida da architetto, che è dura, forte ma trasparente, messa sul timbro che era sul documento, penna, inchiostro da bollo, da stampigliatura […] Riuscimmo a fregare due permessi, io scrissi il mio nome e il suo e poi Gültigkeit, che voleva dire valevole, rinnovato e la firma Maggiore Füler […]. Alla stazioncina di Dobbiaco i tedeschi ci controllarono, va bene, via, era come una licenza di convalescenza. Arrivammo a Calalzo, trovammo un camion carico di legna che andava verso sud e ci scaricò a Mestre». Per la cronaca il commilitone e amico compagno di fuga era il pittore Remo Brindisi.

Quell’esperienza tra le Dolomiti non venne dimenticata dall’attore, che più volte ritornò in quei luoghi dopo la guerra è che a Cortina interpretò Amanti, nel 1968, per la regia di Vittorio De Sica. Una storia d’amore travagliato (protagonista femminile Faye Dunaway) ambientata in gran parte in montagna, nelle malghe di Fedarola trasformate in chalet, sotto la Tofana.

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