Itinerari

Vista mare. Le sorprese di Gaeta: roccia, mare, storia e i sentieri del promontorio

Collocata dove il Lazio lascia il posto alla Campania, è nota per il mare, il Duomo, la cucina e la scogliera percorsa da vie d’arrampicata spettacolari. Sul promontorio di Monte d’Orlando si snoda un sentiero affascinante

La parola Gaeta, per gli arrampicatori, evoca una delle falesie più spettacolari d’Italia. La scogliera della Montagna Spaccata, affacciata sulle acque del Tirreno, è alta un centinaio di metri, larga oltre un chilometro, ed è percorsa da decine di vie.

Scoperta nel lontano 1955 da Gigi Mario e Giorgio Schanzer, che aprirono la classica Via dei Camini, è stata esplorata da aficionados romani come Bruno “Dado” Morandi, Giorgio Mallucci, Gianni Battimelli, Fabrizio Antonioli e Riccardo Innocenti. Negli anni Settanta, hanno tracciato delle vie grandi nomi dell’arrampicata dolomitica come Manolo e Diego Dalla Rosa.

L’elenco delle vie più ripetute include la Beatrice, lo Spigolo, Spiderman, la Croce del Sud e Hellzapoppin’. Mario e Schanzer sono arrivati all’attacco in barca dalla spiaggia di Serapo, oggi si scende in doppia lungo la Via dei Camini.

Il fascino di Gaeta, però, non si esaurisce con la roccia. La cittadina, nell’angolo più meridionale del Lazio, si affaccia su Formia e i Monti Aurunci, ed è visitata da velisti e da buongustai in cerca della celebre tiella, una pizza ripiena con olive, polpo, scarola, alici o altro ancora. In estate si può fare il bagno a Serapo o nelle spiagge lungo la Via Flacca.

Nel centro storico merita una visita il Duomo, una salita a piedi porta alla Fortezza che ha ospitato a lungo un carcere militare ed è stata aperta da poco alle visite. Tra il 1860 e il 1861 l’assedio di Gaeta, dove si era rifugiato re Francesco II, da parte delle truppe di Vittorio Emanuele II ha segnato la fine del Regno di Napoli e della dinastia dei Borboni, e ha preceduto la nascita del Regno d’Italia.

Tra il centro storico e il mare aperto si alza il promontorio di Monte d’Orlando, che culmina a 168 metri di quota, e fa parte da vent’anni del Parco regionale della Riviera di Ulisse, che include anche i litorali rocciosi di Torre Gianola e Sperlonga. Difeso verso il mare dalla falesia, dove nidificano il falco pellegrino e il gheppio, digrada sul versante opposto con pendii rivestiti da pini e lecci.

Sul punto più alto, accanto al faro, è il mausoleo di Lucio Munazio Planco, il generale romano che fondò la città di Lione. Mura, postazioni di artiglieria, viottoli lastricati e polveriere (le più grandi sono la Carolina, la Real Ferdinando e la Trabacco) ricordano l’assedio del 1860-’61. I viottoli che salgono al promontorio iniziano da uno dei luoghi di culto più sorprendente del Lazio.

Il Santuario della Santissima Trinità di Gaeta, fondato dai Benedettini nel 930, sorge alla sommità di una spaccatura che secondo la tradizione è stata aperta dal terremoto che ha scosso Gerusalemme al momento dell’ultimo respiro di Cristo sulla croce. “Alla morte di Gesù la terra tremò e le rocce si spaccarono” recita il Vangelo di Matteo.

Oggi il Santuario, che è stato ricostruito nel 1849, ha aspetto moderno, ma questo non toglie nulla al suo fascino. Una scalinata scende nella spaccatura fino ad affacciarsi dall’alto sul mare. Un’altra, più spettacolare, scende alla Grotta del Turco, un antro che è servito da base alle navi saracene.

I viottoli del promontorio, che si raggiungono dal Santuario della Montagna Spaccata, offrono una facile passeggiata molto apprezzata dai residenti di Gaeta, ma percorsa solo di rado dai visitatori. Sul percorso, oltre al Santuario, al Mausoleo romano e alle polveriere (la Trabacco ospita il Museo del Mare) sono mura, postazioni di artiglieria e sensazionali belvedere.

Dalla strada lastricata borbonica che sale verso il promontorio, un sentierino tra lecci e ginestre porta ad affacciarsi dall’alto sulla scogliera. Si tratta di un percorso elementare, ma che richiede la massima attenzione perché non esistono protezioni.

Il sentiero del Monte d’Orlando e della Montagna Spaccata

(230 m di dislivello, da 1.30 a 2 ore a/r, T, ma attenzione all’affaccio sulla scogliera!)

Dal centro di Gaeta o dalla spiaggia di Serapo si sale ai posteggi (il più alto è a 45 m) del Santuario della Montagna Spaccata. Il complesso religioso può essere visitato prima o dopo la passeggiata sul promontorio. La scala della celebre spaccatura è breve, quella che scende al mare nella Grotta del Turco è più lunga e faticosa.

Da un arco inizia la strada militare borbonica che sale al promontorio. La si segue salendo nella pineta, superando quattro tornanti. Dal quinto (cartello), un sentiero tra pini ed euforbie porta ad affacciarsi dall’alto sulla scogliera, accanto a una staccionata malferma. Il luogo richiede la massima attenzione.

Si ridiscende alla strada, e si riprende a salire lasciando a destra un altro sentiero, utilizzato dagli arrampicatori per raggiungere la partenza delle calate a corda doppia. Poco più avanti è un quadrivio, da cui si va a destra verso la polveriera Carolina, priva del tetto. Di fronte è la polveriera Real Ferdinando. Una discesa porta alla polveriera Trabacco, che ospita il Museo del Mare, e prima della quale un belvedere consente di affacciarsi nuovamente sulla scogliera.

Si torna al quadrivio e si riprende a salire, costeggiando un edificio e una cisterna. A un bivio si sale a destra per un ripido sentiero, poi si scende alla strada asfaltata che gira intorno alla sommità del promontorio. Poco a sinistra è l’ingresso della Batteria Anulare, della fine dell’Ottocento.

Si segue verso destra la strada, toccando altre postazioni di artiglieria. Da un cartello del Sentiero Ornitologico si piega a destra, si salgono dei gradini e poi si scende tra le euforbie fino a una staccionata che offre un bellissimo panorama sulla Fortezza e sul centro storico di Gaeta.

Una scalinata porta alla spianata sulla sommità del promontorio, a 168 metri di quota, dove sono il Faro, uno spiazzo erboso con panchine e il mausoleo romano di Lucio Munazio Planco, che si può visitare. Un viottolo in discesa, indicato dai cartelli del Sentiero del Ghiro, riporta al percorso di andata, che si segue fino al punto di partenza. L’anello richiede da 1.30 a 2 ore, che aumentano con le visite del Museo del Mare, del Santuario e del Mausoleo romano.

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