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Sull’Altopiano di Asiago sibilano i Cuchi. Artistici

Sono i tradizionali fischietti di ceramica della montagna vicentina, protagonisti di feste e spesso decisivi per la nascita di un amore. A loro è dedicato un museo con 12.000 pezzi, provenienti da tutto il mondo

Altopiano dei Sette Comuni, terra di boschi e di cime oltre i duemila metri, ricca di memorie della Prima Guerra Mondiale. Qui, in provincia di Vicenza, nei tempi andati c’era una curiosa tradizione, di cui si ignora l’inizio. I giovani del luogo il 25 aprile regalavano alla ragazza di cui erano infatuati un fischietto di ceramica, chiamato cuco. Era una profferta d’amore. Tanti ragazzi erano boscaioli, gente di montagna pragmatica e di poche parole, il fischietto parlava per loro.

Quaranta giorni dopo la Pasqua, ad Asiago si tiene tuttora una celebrazione che ricorda la fine della grande peste del Seicento. In quel giorno, la tradizione vuole che si regalino uova sode colorate con le erbe. Una volta, se la ragazza che aveva ricevuto il cuco dava un uovo al giovane che glielo aveva donato, era segno di assenso e nasceva così una nuova coppia.

Questi fischietti che fanno parte della cultura dell’Altipiano di Asiago sono i protagonisti del Museo dei Cuchi, creato nel 1987 da Gianfranco Valente a Cesuna, appassionato collezionista e grande esperto di questi curiosi oggetti. Scomparso due anni fa, il testimone oggi è passato a suo figlio Claudio, attuale curatore della collezione.

«Uova e cuchi avevano anche un legame con la fertilità», puntualizza Claudio Valente. «In dialetto, il cuco è l’organo sessuale maschile. Quindi, in unione con l’uovo rappresentava la nascita di una nuova famiglia, della vita che prosegue. Attenzione, però: cuco può voler dire anche “stupido”». E poi, c’è di mezzo anche la primavera che sboccia con il canto del cuculo: i cuchi lo riproducono così bene che è difficile distinguere il suono creato dall’uomo dal canto del pennuto.

12.000 cuchi  e fischietti da guardare e non… suonare

Il museo di Cesuna, che a quota 1052 m è una delle sei frazioni di Roana, comprende circa 12 mila esemplari, raccolti dalla fine degli anni Sessanta da Gianfranco Valente, le cui radici sono proprio in questo paesino. «Mio nonno era andato a Torino per motivi di lavoro», racconta Claudio. «Mio padre ha insegnato serigrafia, era uno stampatore d’arte e ha aperto una galleria nel cuore del capoluogo piemontese, dove ha conosciuto molti artisti. Un personaggio chiave in questa vicenda è stato Mario Calandri (1914-1993), che era stato suo professore e con il quale è nata un’amicizia duratura. Calandri gli ha regalato i primi tre fischietti, che hanno spinto Gianfranco a diventare collezionista».

La raccolta di Valente include anche alcuni esemplari unici di fischietto firmati da artisti famosi, da lui coinvolti nella mostra del 1982 “Fischi d’artista”. Tra di loro, c’è Federico Bonaldi, allievo di un grande ceramista di Caltagirone e promotore del fischietto di ceramica a Nove e a Bassano. «In questi due paesi, famosi per la lavorazione della ceramica, gli artigiani si vergognavano di dire che realizzavano i fischietti, Bonaldi ha risvegliato la tradizione». Dal 1993 al 2011, Valente ha promosso una decina di rassegne in cui gli artisti potevano partecipare mettendo in concorso il loro fischietto di ceramica. «Molti di quei pezzi sono al museo: alcuni regalati, altri comprati da mio padre», aggiunge.

Gli strumenti arrivano da tutto il mondo e raccontano tradizioni assai diverse tra loro

Oltre a queste opere d’artista, la collezione di Gianfranco Valente include tutte le sue scoperte in tema di fischietti in ogni angolo del mondo. Da quelli precolombiani alle realizzazioni provenienti da Russia, Romania, Danimarca, per citarne solo alcune. Ovunque, il fischietto aveva un significato e uno scopo: da oggetto apotropaico che teneva lontano gli spiriti maligni a giocattolo sonoro per i bambini o strumento per scacciare i predatori, ma anche a simbolo d’amore, come nell’Altipiano.

«A Nove si produceva un cuco che rappresentava un soldato napoleonico a cavallo di una gallina», racconta Valente. «Quando i soldati in Veneto volevano requisire le derrate alimentari, i contadini le nascondevano così bene che non trovavano nulla. La rappresentazione veicolata da questo cuco è una chiara presa in giro dei francesi».

Claudio Valente fin da piccolo ha condiviso la passione di suo padre per i cuchi. «Ricordo che avevo sei anni quando mi portava in Puglia, a Ostuni, a manifestazioni legate alla ceramica. L’ho accompagnato ovunque per mercatini, dove aveva appuntamento con altri collezionisti e artigiani. Vendeva e comprava. Ogni occasione per lui era buona per accrescere la sua collezione: accompagnava, per esempio, in Romania un suo amico che si occupava di funghi e lui si metteva a caccia di nuovi fischietti. Mio padre era il bimbo giocherellone della famiglia, malato di collezionismo».

Ad arginare Gianfranco e il suo desiderio di acquisire fischietti e libri sull’argomento, ci pensava la madre di Claudio, la quale apprezzava la collezione ma aveva i piedi per terra e i figli da crescere. Col passare degli anni, infatti, comprare è diventato un investimento: se una volta si trovavano fischietti a poche lire, oggi gli esemplari interessanti costano centinaia di euro. Forse, mettere in piedi una collezione così ampia adesso sarebbe impossibile, senza un capitale notevole da dedicare. «Fino alla fine, mio padre è andato avanti ad arricchire la sua collezione: aveva imparato ad acquistare online, su eBay».

Quando la famiglia Valente si è trasferita da Torino a Cesuna, Gianfranco ha iniziato a pensare all’idea di esporre la collezione. Aveva già alcuni scaffali e vetrine, che teneva nella sua stamperia, e ha  ordinato altri mobili. Il Comune gli ha dato uno spazio: lo stabile della vecchia scuola elementare, che lui ha ristrutturato. Così è nato il museo, aperto al pubblico e diventato un richiamo turistico. Gianfranco ne è stato l’anima, fino alla sua scomparsa nel 2022.

Attualmente si stanno concludendo i lavori di ristrutturazione, che hanno consentito di trasferire la collezione esposta (circa 4000 pezzi) su un unico piano, accessibile anche alle persone con disabilità. Il desiderio del curatore è riuscire, in futuro, a esporre tutto. Il 25 aprile, giorno della festa di San Marco, si tiene la Sagra del Fischietto a Canove. Il 28 aprile alle 11 il museo verrà inaugurato nella sua nuova veste. È in fase di elaborazione un piano per l’estate. L’obiettivo è garantire l’accesso nei mesi di giugno, luglio e agosto, l’alta stagione per il turismo.

Per contatti e aggiornamenti, si consiglia di guardare la pagina Facebook “Museo dei cuchi – museo del fischietto in terracotta di Cesuna”.  Magari si può abbinare una visita al museo a un giro sui monti ai piedi dei quali sorge il paese: Monte Lemerle (1233) e Monte Zovetto (1232 m) che con Val Magnaboschi furono teatro di feroci combattimenti durante la Grande Guerra nel 1916 e nel 1918, e che oggi sono custodi di cimiteri militari e vestigia del periodo.

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