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Sempre più schiavi dei Tir

165 milioni di tonnellate di merci attraversano le Alpi, il 66 % di queste viaggia su gomma. Nuove strade, per quanto utili, aumenteranno il traffico e le emissioni nocive. La coperta è corta

Mio nonno, a un certo punto, faceva il camionista. Strade polverose, enormi buche che mettevano a dura prova le balestre, gli inarrestabili OM a gasolio, le osterie “dei camionisti”… un mestiere quasi romantico. Sarà per via dei ricordi familiari che sono sensibile all’argomento. Ma dovreste essere sensibili anche voi, che magari non avete un nonno camionista. Il trasporto su gomma riguarda tutti, è (purtroppo) vitale per l’economia di questo Paese, tocca la nostra salute, sta diventando insostenibile per l’impronta carbonica delle nostre merci, per l’ambiente in generale e, in particolare, l’ambiente alpino. Quello più fragile e sensibile.

L’argomento è noto: ne riparliamo ora perché il Sole 24 Ore ha pubblicato il contenuto di un documento di Autostrade per l’Italia (ASPI), società pubblica che gestisce la rete autostradale italiana. Vi si legge che il 2023 ha segnato un nuovo record di traffico pesante sulle nostre strade, il 6 per cento in più rispetto all’anno-record 2007. Mentre i primi mesi del 2024 stanno già segnando significativi incrementi (5,7 per cento) rispetto all’anno precedente.

Guarda caso, il tratto autostradale con l’incremento maggiore (36,7 per cento) è proprio quello che punta verso le Alpi orientali: la A27 Venezia-Belluno. Questa autostrada oggi si ferma a Pian di Vedoia, nel comune Ponte delle Alpi a nord del capoluogo, ma un progetto ormai ventennale, il Passante Alpe-Adria, prevede un prolungamento di 20 chilometri fino a Perarolo, già in vista delle Marmarole, del Pelmo, dell’Antelao. L’opera è per ora sospesa in attesa di verifiche (sostenibilità finanziaria) da parte della Regione Veneto, ma tornerà in primo piano con i prossimi giochi olimpici invernali Milano-Cortina, accanto alle nuove tangenziali già in costruzione lungo la statale Alemagna (Longarone, Tai, Valle di Cadore).

Oggi attraversano le Alpi 165 milioni di tonnellate di merci (dati iMonitraf!), dal Frejus a Tarvisio. Il 66 per cento di queste viaggiano su gomma. I valichi non sono numerosi e quando per qualche motivo se ne chiude uno (è accaduto di recente al Frejus per una frana, al Gottardo per un deragliamento, al Monte Bianco per lavori, al Colle di Tenda per alluvione…) tutti gli altri si intasano. Accade in continuazione. Poi c’è il caso del Brennero, imbuto per eccellenza del traffico pesante: da solo “vale” 50 milioni di tonnellate di merci, trasportate da 2,4 milioni di camion ogni anno.

Sul versante austriaco il governo del Tirolo, forte delle normative UE sulla qualità dell’aria, ha severamente limitato il traffico con divieti di circolazione “settoriale” (in base cioè al tipo di merci trasportate, legname, pietre, metalli…) e “temporale” (divieto alla circolazione notturna).

Il ministro delle Infrastrutture Salvini lo scorso settembre ha bollato tali divieti come un “atto di violenza e arroganza da parte del governo austriaco” e come “concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori italiani”. La faccenda è spinosa, e in Commissione europea l’Austria rischia il conflitto non solo con l’Italia (che ha già chiesto l’apertura di una procedura d’infrazione), ma anche con la Germania, colpita dagli stessi limiti (un “dosaggio” di 300 camion all’ora) al confine di Kufstein. Sopra gli interessi “particolari” aleggiano l’Accordo di Parigi (2015), la COP 28 (dicembre 2023), insomma tutte le conferenze e trattati internazionali che i Paesi europei Italia compresa hanno ratificato, che sottolineano l’urgenza di ridurre le emissioni.

Ma torniamo sulla via di Cortina. Il Cadore, percorso dalla statale Alemagna, è uno dei tratti stradali più intasati delle Alpi, non solo per i mezzi pesanti, ma per i flussi turistici. E la pressione non farà che aumentare in vista delle Olimpiadi invernali. Un tempo l’alternativa all’asfalto era il ferro, nel senso di strade ferrate: fino al 1964 si poteva raggiungere l’Ampezzano in treno, poi la Ferrovia delle Dolomiti è stata dismessa e trasformata in pista ciclabile. Come atto di riparazione, lo scorso dicembre è stato inaugurato in pompa magna l’Espresso Cadore, il treno notturno tra Roma e Calalzo che nelle intenzioni avrebbe portato il “popolo della neve” in alta quota senza ricorrere all’automobile. È stato un vero flop, per via dell’alto costo delle tariffe e per la scomodità: da Calalzo bisogna infatti prendere un bus pubblico, e incolonnarsi comunque sulla Alemagna. Molto marketing e poco ambientalismo. In compenso, ai piedi delle Dolomiti continua l’assalto dell’asfalto.

E cosa accade quando costruiamo nuove strade? La risposta è complessa, ma di sicuro sappiano cosa NON accade. Non diminuisce il traffico. Anzi, il più delle volte aumenta, e con lui l’aggressione dell’inquinamento. Anche la funzione decongestionante di tangenziali, gallerie, raddoppi di corsia è dubbia. Perché dove c’è asfalto, lì va il camionista, lo diceva anche mio nonno.

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