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Valentina Santoni: la più giovane rifugista d’Italia pronta per la sua seconda stagione al Pernici, in Trentino

A soli 23 anni si aggiudicò la gestione del rifugio della Val di Ledro. La soddisfazione per l’apprezzamento degli escursionisti e la difficoltà di trovare personale. Ma soprattutto la gioia per un sogno che si è avverato

Essere consapevoli delle opportunità che ci circondano e saperle cogliere se sentiamo che è bene farlo. Questo ci rimane dopo l’incontro con Valentina Santoni: 24 anni a breve, dalla scorsa stagione è la più giovane rifugista d’Italia. Il suo regno è il Rifugio Pernici in Val di Ledro (TN), un luogo che è per lei un po’ come una seconda casa.

«L’ho sempre frequentato con la mia famiglia quand’ero bambina – spiega infatti la Santoni – ed è strano trovarsi a gestirlo, nonostante ci sia qualcosa di decisamente naturale nella scelta che ho fatto».

Una scelta che affonda le sue radici proprio negli anni dell’infanzia, passata fra le montagne di casa con i genitori. Originaria di Arco, Valentina si è infatti avvicinata alle terre alte fin da piccola, dividendo il proprio tempo libero fra l’atletica praticata come sport adolescenziale e le escursioni sul monte Stivo, all’Altissimo e a quella Bocca di Trat, che nella primavera 2023 si è trasformata nel suo orizzonte più vicino.

L’addio all’università per vivere un sogno

«Dopo il diploma in scienze umane, – racconta Valentina – ho deciso di iscrivermi ad infermieristica, più per esclusione che per seria vocazione. Ho completato così il primo anno, ma non mi sentivo appagata».

Di qui la scelta di abbandonare: una decisione tanto naturale quanto combattuta, perlomeno in una società che vorrebbe irregimentare nel posto fisso i sogni di chiunque. «Concludere quel percorso universitario – prosegue – mi avrebbe dato una certa sicurezza economica, per quanto forse fittizia. E di certo una strada segnata, uno stipendio a fine mese, la conseguente indipendenza. Eppure pensarmi così mi rattristava».

Decidere di mollare tutto per andare a lavorare come dipendente stagionale nei rifugi della mia zona non è stato comunque facile. «Sentivo una forte responsabilità, – confida Valentina – soprattutto nei confronti dei miei genitori, che mi erano sempre stati accanto e che temevo di deludere. Ma, nonostante lo sconvolgimento iniziale, anche loro mi hanno supportata in questa scelta, decisamente più vicina alle mie corde».

La nuova vita inizia dunque nel 2021, con la sua prima stagione estiva trascorsa al Rifugio Marchetti, sul monte Stivo, dove aveva peraltro già lavorato a partire dal 2017, durante i fine settimana.

Un’esperienza che ha contribuito a dipanare gli ultimi dubbi sulla legittimità della propria scelta e a farle guadagnare una buona dose di consapevolezza e determinazione, decisive per il passo successivo.

«Frequentavo spesso il Rifugio Pernici – racconta Valentina – e avevo già saputo che il gestore precedente, Marco De Guelmi, aveva intenzione di lasciare. Pensai che mi sarebbe piaciuto subentrargli, ma credevo fosse una di quelle idee fugaci che se ne vanno via facilmente. Con lo stesso spirito un po’ naif partecipai al bando indetto dalla SAT, anche perché mi reputavo troppo giovane per poter essere presa in considerazione».

Invece, l’impensabile avvenne.

«Fu una sorpresa grande, proporzionale alla felicità che ho subito provato. – continua Valentina – Poi mi resi conto che era già primavera, la stagione incalzava e io dovevo ancora mettermi in pari con tutte le faccende burocratiche che si devono sbrigare quando si comincia un’attività. È stata dura, ma ero supportata dalla mia famiglia, dal mio ragazzo e anche dai colleghi rifugisti, pieni di consigli, premure e suggerimenti che, insieme al confronto costante, credo siano davvero preziosi per il nostro lavoro».

La soddisfazione degli ospiti è il riconoscimento più ambito

Fra le cose che hanno sorpreso Valentina c’è anche il riscontro positivo degli ospiti. «Temevo di risultare troppo giovane o di sembrare inesperta – racconta – ma alla fine tutti i clienti erano soddisfatti, nessuno ha mai cercato di sminuire il mio lavoro. Lo stesso vale per il rapporto con i dipendenti: spesso si tratta di persone più grandi di me e riuscire a dare loro delle indicazioni a volte mi creava imbarazzo. Con il tempo sto imparando ad avere un certo “potere decisionale”, trattando comunque tutti alla pari».

Trovare dipendenti capaci di “sacrificare” le loro estati in quota sembra essere una sfida difficile per qualsiasi gestore, così come lo è affrontare alcune problematiche ambientali: fra le più cogenti, l’approvvigionamento idrico.

«Per quando riguarda l’acqua, fortunatamente finora è andato tutto bene. – dichiara Valentina – La scorsa stagione estiva è cominciata all’insegna delle piogge di maggio e giugno, che ci hanno aiutato molto. Il rifugio sorge poi nei pressi di una fonte che veniva già utilizzata durante la Prima Guerra Mondiale e dalla quale ci riforniamo.

Sul tema dei dipendenti devo ammettere che sì, facciamo fatica anche noi: ma penso sia fisiologico, in quanto molti giovani utilizzano il lavoro in rifugio come un’alternativa stagionale ad altri impieghi saltuari, che li accompagnano durante gli anni dell’università. In pochi forse hanno la vocazione di continuare, o di provare come me a cimentarsi in uno stile di vita totalmente diverso da quello convenzionale».

Eh già, perché gestire un rifugio come il Pernici significa lavorare non-stop per almeno cinque mesi l’anno, con periodi di relativa quiete in autunno e a primavera, per tornare operativi nei weekend durante tutto l’inverno, «e avere in testa il rifugio praticamente sempre. Il che è faticoso e totalizzante, ma anche molto appagante».

Quell’appagamento in grado di accendere negli occhi di Valentina una luce che va ben oltre i cinque anni di gestione previsti dal bando. «Spero di continuare con questo lavoro il più a lungo possibile, perché ha contribuito ad insegnarmi quanto sia importante essere consapevoli delle opportunità che ci circondano e saperle cogliere se sentiamo che è bene farlo».

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