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Simone Moro e Nimsdai Purja, un brindisi alle invidie e alle minacce

Il bergamasco appiedato dall’invidia di piloti meno bravi, il nepalese addirittura minacciato di… incidenti: ovvero l’eccellenza e il fastidio degli ominicchi

Generalmente, di fronte a personaggi eclettici e magari pure carismatici, scatta la molla dell’emulazione, un fattore positivo ben conosciuto in pressoché tutti i campi. Gli esseri raziocinanti, infatti, di fronte all’eccellenza non reagiscono lasciandosi andare all’invidia, bensì cercando di prendere ispirazione e migliorare. Evolvere.

Esiste poi la categoria degli ominicchi e quaqquaraqquà che, di fronte alla succitata eccellenza, si lasciano andare allo scoramento, al fastidio e perfino all’invidia cercando di spegnere l’altrui luce per far notare la propria flebile lucina. Un adagio piuttosto diffuso recita più o meno così: “È inutile stare a discutere con un idiota: ti farà scendere al suo livello e lì ti fregherà con l’esperienza”.

Il mondo dell’alpinismo e più in generale della montagna, come il resto degli ambiti lavorativi e di vita, non è purtroppo privo di simili personaggi e a ciò ripensavo qualche giorno fa, dopo una chiacchierata a quattr’occhi con l’amico Nirmal (ma per tutti ormai Nims) Purja.

Nims e quelle velate minacce…

Pochissimi anni fa, mentre stavo lavorando alla traduzione per Solferino del suo Oltre il Possibile, proprio di questo avevo parlato con lui, visto che nel libro aveva scritto in maniera chiara che, verso la fine della sua cavalcata ai 14 Ottomila già si erano manifestati da parte di alcuni rappresentati degli Sherpa (Purja è di etnia Nagar, va ricordato) i primi dissapori nei suoi confronti, le prime gelosie e, poco dopo, le prime velate minacce (“devi fare attenzione con queste tue corse sugli Ottomila, un qualche incidente può sempre capitare…”). Avvertimenti in pieno stile mafioso.

Non pago, sempre nel libro Nirmal aveva anche denunciato la corruzione presente nelle alte sfere nepalesi. Non molti giorni fa, a Courmayeur, più che altro per prenderlo in giro, gli ho chiesto “ma adesso che sei stato per così dire accettato dalla comunità Sherpa, cosa farai? Ti candiderai come Primo Ministro o punti alla Presidenza?”.

Nimsdai ha risposto inizialmente con un sorriso… Poi, abbassando la voce mi ha detto “Lo sai, perché te l’ho già detto, che parecchi dei miei fratelli Sherpa con cui ho portato a termine le mie imprese, spesso sobillati da terzi si sono allontanati da me, nonostante abbia fatto di tutto per ricompensarli sia con il denaro che con l’immagine e la partecipazione. Alla fine, adesso lavoro con Mingma David Sherpa e Mingma Tenzi Sherpa. E, credimi, adesso abbiamo troppo da fare con le nostre attività e voglia anche solo di pensare ad entrare in politica… No, proprio no. Mi impegno per la gente povera, quella che patisce la bramosia dei corrotti”. E ha sfoderato un sorriso sincero.

Due anni fa, al Festival dello Sport di Trento, mi ero fatto una sacrosanta bevuta alla grandezza, all’eclettismo e all’essere carismatici in compagnia di Nirmal Purja e di un altro grandissimo (altrettanto eclettico e carismatico), Simone Moro, con il quale non di rado mi capita di parlare del fastidio cui va incontro spesso chi riesca a spiccare nel proprio ambito o addirittura in campi differenti.

Rivedendo la foto in cui stiamo brindando, mi è tornata alla mente la situazione creatasi pochi mesi fa, proprio in Nepal, quando Simone, che in quel Paese lavora per la Seven Summits, una delle più grandi agenzie di trek nepalesi, ha deciso di intervenire per effettuare sua sponte un intervento di salvataggio con l’elicottero.

Per approfondire meglio l’accaduto mi sono fatto quindi un paio di giorni fa una chiacchierata con l’asso bergamasco, che mi ha raccontato il tutto senza troppi fronzoli. Il salvataggio ha avuto luogo a campo 3, dove già erano stati fatti alcuni interventi, ma sempre utilizzando la long line, con la corda. Simone, a differenza degli altri (e a dimostrazione della sua bravura ed esperienza), non ha usato la corda, ma è direttamente atterrato su un’area parecchio inclinata (oltre i 40°) ed è riuscito nell’impresa di portare in salvo un malcapitato.

L’invidia di alcuni ominicchi si è manifestata nel ricorrere alla burocrazia nepalese che ha quindi provveduto a mettere a terra Simone accusandolo di non aver rispettato i limiti imposti in loco dalle autorità. Simone, peraltro, aveva deciso di non usare la corda perché, tra l’altro, quelle stesse autorità (sobillate da altri piloti e dalle loro agenzie) avevano rallentato il processo di validazione e riconoscimento delle qualifiche di Simone per operare anche con la long line.

In ogni caso, nella giornata incriminata, Simone era già al di sopra delle nubi (l’unico), in quanto aveva dormito a Periche, a più di 4000 metri. Siccome l’infortunato era da due giorni a campo 3 dell’Everest, il nostro ha pensato di mettere al primo posto il salvataggio di una vita. Un’azione per la quale si sono congratulate le autorità indiane, l’Airbus (l’azienda costruttrice dell’elicottero) e parecchi altri, mentre alcuni, appunto, ominicchi, hanno subito iniziato a lamentarsi del fatto che Simone si fosse spinto troppo in alto e avesse rischiato troppo.

“Simone, ma allora, tutte le storie sui rapporti tra le comunità degli alpinisti e quella dei piloti? Sono tutte leggende?”, gli ho domandato. “La comunità dei piloti è esattamente come quella degli alpinisti. Quando c’è qualcuno di particolarmente bravo e magari pure carismatico, gli altri mal sopportano una diversa statura ed un diverso livello e cercano di gambizzarlo. Un po’ quello che è capitato anche a Messner.

C’è chi riconosce il fatto che uno sia un fuoriclasse e chi, invece, non sa far altro che provare a sputtanarti. Nel mondo dei piloti, poi, questo lo vedi in maniera particolare. Scrivi pure che l’ho trovato addirittura peggiore del mondo degli alpinisti. Piccoli ometti pataccari che non possono sopportare l’arrivo di un Simone Moro senza divisa che li mette di fronte all’evidenza che esistono persone in grado di fare bene più cose…”.

Siamo dunque di fronte ad un Paese in cui piccoli personaggi senza scrupoli sembrano comportarsi nei confronti di “eroi” come Moro o Purja così come il famoso marito delle barzellette, quello che si taglia i gioielli di famiglia per far dispetto alla moglie. Spero di sbagliarmi, ma quanto sta avvenendo dimostra che la Zona della Morte ormai non è più sopra gli Ottomila, ma al livello di chi organizza la salita agli stessi.

Un modo sicuro per far morire soffocato, assieme a qualche turista, il nascente turismo nepalese.

Di alpinismo, poi, inutile stare a parlare. Ora a farla da padrone e ad essere il vero richiamo sono i record e le prestazioni. It’s business, baby!

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2 Commenti

  1. Tutto corretto e condivisibile. Se tuttavia il Simone nazionale, prima da alpinista ora da pilota di elicottero, smettesse di autocelebrarsi e denigrare gli altri a supporto delle sue tesi, invero giuste talvolta, sarebbe molto più simpatico e anche rappresentare un esempio. Posto poi che non tutte le volte è stato così corretto e ha fatto delle azioni cattive, in nome di invidia e scarso valore sportivo (ricordiamoci ciò che dicevano e dicono di lui, a buon ragione come ci racconta la storia, Nardi, Mackiewitz, Revol e Urubko, solo per citare i più noti.
    Storia e umanità che rendono invece Nimsdai simpatico, carismatico, rappresentativo etc

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