Mimetismo e climate change: cosa accade ai selvatici se la neve non c’è (o è poca)
La scarsità di neve e le temperature elevate possono rendere inutili (e perfino controproducenti) i cambiamenti “invernali” adottati da molti animali, dal capriolo alla pernice bianca, dal cervo alla lepre variabile e all’ermellino
Una delle magie della montagna in inverno è la neve, che ricopre come un candido manto ogni cosa. Ad essa, nel corso di centinaia di migliaia di anni, si sono adattati gli abitanti delle alte quote: chi migrando lontano per evitarla, chi modificando i propri ritmi corporei per sopravvivere, magari scomparendo per mesi dentro una tana, e chi, infine, cambiando il proprio aspetto per mimetizzarsi.
Cervi e caprioli, così come lepri e volpi, si preparano ad esempio alla stagione più severa aumentando lo strato di grasso corporeo, che utilizzano come protezione dal freddo e riserva di energia. Parimenti, infoltiscono la propria pelliccia con un fitto sottopelo che, a partire dalla muta autunnale, dona loro sovente una colorazione diversa.
Ecco dunque che, nel capriolo, il mantello estivo liscio e di colore bruno-rosso lascia il posto all’“abito invernale”, più lungo e grigio; anche la parte posteriore del corpo muta da scura a bianca e, dato che la stagione degli amori è lontana, le inutili corna del maschio cadono tra novembre e dicembre per riformarsi gradualmente nella primavera successiva.
Ancor più straordinario è il caso della lepre variabile che, se mantenesse il suo colore marrone estivo, verrebbe avvistata con facilità da tutti i predatori e non avrebbe scampo in un paesaggio completamente innevato. Cambiando il suo mantello, che già a partire da novembre diviene completamente bianco ad eccezione della punta delle orecchie, la lepre variabile prova invece a mimetizzarsi col paesaggio circostante.
È questo anche il caso dell’ermellino, che si veste di bianco forse per proteggersi dal freddo invernale (il bianco aiuta il corpo a disperdere meno calore), forse per rendersi invisibile ad aquile e altri rapaci di cui è preda.
Analoga tattica adotta anche la pernice bianca, vero e proprio “relitto glaciale”, la quale si mimetizza con le nevi grazie ad un piumaggio in costante mutamento: il suo corpo è bruno-rossiccio con ali bianche in estate, grigio in autunno e completamente bianco in inverno.
Strategie che l’evoluzione ha selezionato con i tempi lenti della natura, la cui validità è però oggi messa in discussione dai repentini cambiamenti degli ultimi anni: ora che la neve è sempre meno e le temperature si alzano, come reagiranno queste specie? Sarà ancora vantaggioso, in tempi di crisi climatica, diventare completamente bianchi in inverno? Questo si chiede la scienza, mentre la consapevolezza sulla velocità con cui il clima sta cambiando aumenta, anche sulle Alpi.
Quel che è certo è che una tale varietà di soluzioni diverse al “problema inverno” è un chiaro segno di quanto possa essere dura la stagione invernale, nel contesto della quale anche l’uomo può essere un elemento importante e in alcuni casi provocare un disturbo significativo alla vita degli animali. Ciò è particolarmente vero quando incrociamo la strada con quelle specie che, per risparmiare energie, riducono al minimo gli spostamenti, cercando cibo e rifugio nelle aree meno frequentate.
In tali casi, se spaventati, gli animali sono costretti ad una fuga improvvisa e quindi ad un inaspettato dispendio di energie che, nei casi più eclatanti, può essere un danno per la loro stessa sopravvivenza. Durante una escursione in inverno non lasciamoci dunque ingannare dalla quiete apparente: intorno a noi c’è un mondo in lotta per la sopravvivenza, che dobbiamo rispettare evitando ogni forma di disturbo.