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Storia di Maja, la Golden Retriever che “studia” da cane da valanga

Addestrata dapprima privatamente, ora sta affrontando gli esami più impegnativi. Ma “sul campo” ha già dimostrato di saperci fare. Insieme a Tone, il suo motivatissimo padrone

Una gita con le ciaspole, un percorso di sci alpinismo, persino lo sci in pista, seguendo le regole e con tutte le precauzioni possibili. D’inverno la valanga è un rischio possibile di cui occorre essere consapevoli persino mentre si svolge un’attività sportiva ritenuta sicura. Ovviamente, niente ansia: in montagna, come in qualsiasi momento della nostra vita, l’incidente è anche questione di fortuna. È comunque (parzialmente) rassicurante sapere che, qualora una massa di neve si stacchi e ci seppellisca, c’è qualcuno pronto a intervenire con competenza: il Soccorso Alpino e le unità cinofile sono preparati per mettere la parola lieto fine a molti incidenti di questo tipo.

Tone Moling, 27 anni, di professione soccorritore con la Croce Bianca in Alta Badia, è l’inseparabile umano di riferimento di Maja, tre anni, una dolce e vivace Golden Retriever. Nel tempo libero, Tone e Maja sono volontari del Soccorso Alpino. Non hanno ancora salvataggi ad alto tasso di adrenalina da raccontare, perché hanno intrapreso questo percorso solo da un anno e mezzo, ma sono sulla buona strada. «Quando Maja era cucciola, ho capito che per carattere e per tipologia di cane poteva essere addestrata al salvataggio in caso di valanga», racconta Moling. «Sono cresciuto fin da piccolo con i cani, avevo avuto anche in precedenza un Golden Retriever maschio. Sono cani buoni, che hanno un bel rapporto con le persone».

Tone ha dapprima portato Maja da un’addestratrice privata, per un training di base. «Ci sono due modalità d’intervento», spiega. «Nelle ricerche di superficie, il cane viene lanciato nella ricerca di una persona, lasciandolo libero. Se trova qualcosa, abbaia. L’addestramento molecolare, invece, punta sul fiuto: al cane viene fatto annusare l’odore della persona sepolta nella neve e durante la ricerca procede tenuto al guinzaglio dal padrone, con una corda molto lunga perché possa muoversi agevolmente». Moling ha scelto questa seconda strada per addestrare Maja, perché consente di lavorare insieme tutto l’anno, anche quando non c’è neve, e il cane non perde così l’allenamento. «È una specie di gioco: raggiunto il risultato, c’è un piccolo premio, per esempio in cibo. Un pezzetto di salsiccia».

Raggiunto un buon livello di preparazione, il cane deve sostenere un esame. «Abbiamo iniziato con le prove previste dal Soccorso Alpino dell’Alto Adige, poi vorrei proseguire con i corsi a livello nazionale», commenta Moling. «Maja ha superato l’esame A, in cui deve cercare una persona nascosta in una buca nella neve. Quest’inverno ci stiamo preparando a sostenere il livello B, che è in coppia: due cani e due proprietari, con maggiore distanza da percorrere e più persone da trovare. La presenza del padrone per il cane è importante, anche se conta molto il carattere. Alcuni animali percorrono 50 metri e poi cercano l’aiuto del loro umano, altri – come Maja – sono più individualisti e si sanno muovere anche da soli».

Esistono razze più adatte a questo tipo di salvataggio? «Non sono un addestratore di cani, ma ho frequentato vari corsi insieme a persone provenienti, oltre che dall’Italia, anche dall’Austria e dalla Germania, con i loro cani. Le razze che funzionano meglio, oltre al Golden Retriever, sono i Labrador Retriever, i Pastori Australiani e i Pastori Belgi, questi ultimi adatti a cinofili esperti, perché sono vivaci. Da sempre, poi, il cane da valanga per eccellenza è il Pastore Tedesco. Non credo però che debba essere necessariamente un cane di razza: ci sono tanti meticci intelligenti e bravi. Conta la taglia: il cane non deve essere troppo piccolo come un Barboncino, perché deve scavare veloce, ma neanche troppo grosso e pesante, altrimenti non riesce a muoversi bene nella neve fresca, oppure diventa problematico trasportarlo in elicottero. E poi, deve essere atletico e rapido: ogni minuto che passa può essere cruciale per salvare la persona sepolta sotto la neve».

Non basta che il cane sia addestrato e preparato, però. Anche il suo padrone deve aver frequentato dei corsi per sapersi muovere in montagna. Devono saper andare insieme su terreni difficili, in presenza di rocce, ghiaccio, neve. Anche Tone Moling ha seguito i corsi di preparazione richiesti dal Soccorso Alpino.

Con Maja e Tone sulla neve dell’Alta Badia

Per la sua esperienza in tema di soccorso alpino insieme a Maja è stato coinvolto nell’iniziativa “Nos Ladins – Noi Ladini” del turismo di Alta Badia (www.altabadia.org). Nei giorni 27 dicembre, 24 gennaio, 7 febbraio e 6 marzo incontrerà i turisti per raccontare che cosa significa essere un soccorritore sulla neve in caso di valanghe e farà anche una dimostrazione con un collega sotto la neve, che verrà individuato e salvato da Maja. Ma non è tutto: Tone ci tiene a suggerire anche tutte le precauzioni che oggi si possono prendere con l’ausilio della tecnologia per evitare di soccombere sotto una valanga.

«Gli scialpinisti, spesso accompagnati da una guida, sono i più preparati: sanno che occorre portare con sé pala, sonda e un trasmettitore Artva, che permette di individuare una persona sepolta sotto la neve», spiega Moling. «I modelli più nuovi riescono a captare il segnale fino a 70 metri. Anche le piastrine Recco poste nell’attrezzatura invernale sono utili per rilevare la posizione della persona sotto la valanga dall’elicottero del soccorso. Ci sono anche zaini con Airbag, che creano una zona d’aria più grande sotto la neve, onde poter respirare». Paradossalmente, in caso di valanga diventa più complicato trovare chi faceva una gita a piedi sulla neve, perché difficilmente porta con sé simili strumenti tecnologici. «Un Artva è costoso, soprattutto se viene usato per un paio di giri all’anno, ma si può noleggiare». In ogni caso, persino un cellulare può essere decisivo: il suo segnale può essere d’aiuto per i soccorritori.

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