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Via tutti gli spit dalle pareti degli Stati Uniti!

La richiesta viene da U.S. National Park Service e da U.S. Forest Service, che si appellano a una legge del 1964 riguardante le installazioni fisse. La preoccupazione del mondo del climbing

No, non è uno scherzo. È un affare serio, molto serio. Negli Stati Uniti, la terra del tutto o niente questa volta è l’arrampicata a essere nel mirino.

La scorsa settimana, lo U.S. National Park Service e lo U.S. Forest Service hanno ufficialmente dichiarato guerra agli spit. Secondo la loro interpretazione della legge, infatti, spit e soste sarebbero da considerarsi come “installazioni permanenti” e come tali vietate dal Wilderness Act del 1964. L’atto definisce la definizione legale di “wilderness” e ha come obiettivo la protezione di parchi e ambienti naturali americani. Ma chi penserebbe mai di usare questo documento contro la scalata? E invece, in base alla proposta dei funzionari federali, gli ancoraggi fissi andrebbero trattati con lo stesso iter burocratico di discariche o recinzioni. Quindi ogni ancoraggio dovrebbe essere sottoposto a una revisione federale.

Sarebbe un cambio di paradigma”, ha dichiarato Erik Murdock, direttore dell’Access Fund, l’organizzazione nazionale per la salvaguardia dell’arrampicata. “Significa che qualsiasi sovraintendente federale potrebbe eliminare tutte le vie di arrampicata con un tratto di penna”. Da El Capitan (collocato nello Yosemite National Park) alle Rocky Mountains, basta che la via attrezzata si trovi nel perimetro di un’area protetta per essere messa in discussione e cancellata.

Tutti i club alpini e le varie associazioni di scalatori statunitensi – American Alpine Club, American Mountain Guides Association, Outdoor Industry Association, USA Climbing, Outdoor Alliance ecc – si stanno mobilitando contro la proposta di legge. “L’impatto sulla vita animale è vegetale è minimo. Un sentiero ha un impatto decisamente più grande di un chiodo”,  ha dichiarato, tra gli altri,  Jason Martin, direttore dell’American Alpine Institute, che poi aggiunge: “Vale anche la pena sottolineare che gli ancoraggi fissi in molte aree di arrampicata non sono solo per gli alpinisti, ma vengono utilizzati anche dai gruppi di ricerca e salvataggio durante le operazioni di soccorso o dai canyonisti. Inoltre queste installazioni hanno un impatto minimo sulla vita animale o sulla vegetazione. Un sentiero ha un’incidenza sul territorio molto più grande di un bullone”.

Venerdì 17 novembre (e sì, in questo caso porta davvero sfortuna) è scattato il conto alla rovescia: le associazioni di scalatori hanno 60 giorni per rilasciare i loro commenti ufficiali sulla proposta federale. A fine gennaio, quindi, si deciderà il da farsi.

A questo punto sorge spontanea una domanda. Chi andrà a divellere le soste proibite sulla Dawn Wall e tutte le altre se i climber di tutta America si rifiuteranno? Si accettano candidature.

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