Itinerari

Palanfré: sui sentieri di un mondo a parte

Due camminate e una facile vetta in una delle aree più selvagge del Cuneese. Tra boschi secolari e panorami indimenticabili

La denominazione, all’atto dell’istituzione nel 1979, della “Riserva naturale del bosco e dei laghi di Palanfré”, poi accorpata nel 1995 al Parco delle Alpi Marittime, riassumeva bene i motivi di interesse principali dell’area protetta. I caratteri della Valle Grande, la più vasta tra le laterali della Val Vermenagna, sono infatti distintivi e la differenziano in modo marcato, conferendole una propria identità paesaggistica e sociale: non per nulla gli abitanti di Vernante, il capoluogo comunale, chiamano PalanfréL’Isla

Il nucleo antico del bosco, alle spalle della borgata, è documentato nel XVIII secolo. Le severe restrizioni di taglio intendevano preservare le piante d’alto fusto per proteggere le case dalle valanghe: alcuni faggi risalgono a quel periodo e l’attributo di “bosco bandito” ossia “vietato”, è ancora un riferimento a quei regolamenti. D’altra parte, l’esigenza di avere pascoli sufficienti ha fatto sì che la fascia boscata attuale cessi ad altitudini piuttosto modeste, intorno ai 1500 metri, dove lascia il posto all’erba e a vaste colonie di pini mughi che, accostate alle pareti calcaree, compongono uno scenario insolito, dall’aspetto dolomitico.
I fenomeni di erosione, importanti lungo l’asse della vallata, risultano particolarmente incisivi, mentre la ricchezza di acque dà origine ai primi laghi delle Alpi Marittime, significativi per dimensione e profondità.

Palanfré ha conosciuto una recente rinascita e alcune famiglie vi si sono insediate in modo stabile per riprendere sul posto le attività di allevamento e di agricoltura. Molte abitazioni sono state ristrutturate e non manca una efficiente ricettività.

Suggeriamo un approccio di esplorazione ai laghi, in parte ad anello, che consente uno sguardo complessivo sul Vallone degli Alberghi (“Arberc” sono in dialetto i ricoveri in pietra a secco dei pastori), caratterizzato dal contrasto cromatico tra le rocce delle due montagne affiancate sullo sfondo: la scura piramide del Frisson (Frisoùn) e la striata pala biancastra del Monte del Chiamossero (Ciamoussé). In alternativa ecco la salita a un ottimo punto panoramico, il Monte Ciotto Mien, oppure la più impegnativa ascensione allo stesso Frisson per la via normale.

L’anello dei laghi

(Dislivello 700 m, tempo A/R 2,30 h, difficoltà E)

Dalla piazza della cappella di San Giacomo a Palanfré (1379 m) si segue la strada a monte, sfilando sotto il nucleo principale. Lasciare a destra una diramazione sterrata (percorso di visita al bosco, dislivello 250 m, tempo A/R 1 h, difficoltà T) e continuare diritto sulla mulattiera che tocca un primo alpeggio (Gias Piamian 1471 m, fontana). Di fronte si nota l’enorme placca calcarea solcata della Lauséa. La valle si restringe e si arriva a una biforcazione: è possibile procedere sia sulla mulattiera a sinistra, sia sul sentiero diretto a destra, per portarsi in entrambi i casi all’imbocco della gola presso il Gias della Barma, pascolo situato alle falde di una parete aggettante.

Si cammina accanto al ruscello e al bivio a quota 1731 metri si va a sinistra (sigla L 12 e GTA), in vista di una cascata ai cui piedi si allarga il Lago Vilazzo. Guadato il corso d’acqua a sinistra, si affrontano alcuni tornanti e si sbuca sull’allungato Pian Arberc, che precede il Lago degli Alberghi 2038 m. L’itinerario, segnalato e sempre evidente, volge verso Ovest con qualche trascurabile saliscendi, in un contesto remoto e selvaggio, evocativo di altitudini ben maggiori, fra pietraie e qualche arbusto, fino al ripiano con il Lago inferiore del Frisson (2057 m).
Il rientro avviene tramite il sentiero L7 lungo fasce erbose da cui sgorga la Fontana delle Reine 1990 m, per arrivare alla baita del Gias Vilazzo (1823 m) dove accanto al moderno edificio sussistono i vecchi e spartani ripari. Da qui si torna a Palanfré.

Il Monte Ciotto Mien

 (Dislivello complessivo 1000 m, tempo di salita 2,30 h, difficoltà E)

Situato in prossimità del valico che unisce Palanfré a Limonetto, è il culmine dei “Ciot Mian (letteralmente “ripiani mediani”), i pascoli del versante orientale, e offre l’opportunità di una visione d’insieme della Valle Grande sulle Alpi Marittime, mentre a Sud si può intravedere la scintillante superficie del Mediterraneo.

Al Lago degli Alberghi 2038 m svoltare a sinistra (L17, GTA) in lenta ascesa su ghiaioni e rocce sfaldate grazie a una buona traccia. La parete sovrastante è quella della massima elevazione del Monte del Chiamossero, chiamata anche “Roca d’i Arberc”, mentre in basso si aprono le cavità della cosiddetta “Barma dei Cacciatori”, usata come appostamento e già nota ai geografi del XIX secolo. Una diagonale a sinistra su terreno malfermo, facilitata da un cavo mancorrente, conduce all’intaglio del Passo di Ciotto Mien 2274 m. La morfologia cambia bruscamente dalla parte opposta, una dolce distesa di pascoli. A sinistra la cresta, spesso frequentata da camosci, è praticabile con facilità fino alla vetta del Monte Ciotto Mien 2378 m.

Sulla vetta del Monte del Frisson

(Dislivello complessivo 1260 m, tempo di salita 3,30 h, difficoltà F)

La Carta dello Stato Maggiore del Regno di Sardegna del 1818 citava questa montagna con il nome “Baras Scur”, allusione alla sfumatura cupa delle rocce della parete Nord-Ovest. Lo spigolo Nord è un’elegante via alpinistica ormai storica (D+), tentata per la prima volta nel 1962 da Don Francesco Silvestro, parroco di Folchi, e Don Galdino Azzalin. La normale, approntata in occasione della posa della croce da parte dei valligiani nel 1975, compie un aggiramento dal fianco SW.

Al Lago inferiore del Frisson (2057 m) abbandonare il sentiero L7 per il Passo della Mena, contornare il bacino sulla sponda occidentale prendendo una diramazione segnalata, piegare a sinistra e andare al Lago superiore del Frisson (2127 m). Puntare a destra per raggiungere un’evidente depressione della dorsale (2242 m): il sentiero si dirige ora a una spalla e attraversa le chine della destra idrografica della Valle Fredda, fin quasi alla sua testata, quindi curva a sinistra e abborda la base di un canale dal ripido fondo erboso. Evitarlo, sebbene sia indicato da tacche arancioni, scegliere la traccia a destra su una comoda cengia, pervenire a un colletto sulla cresta S e, con una stretta rampa a sinistra, alla esigua forcella dove una catena agevola lo scavalcamento sul lato Est. Qui si trovano una corda fissa utile per superare una lastra poco appigliata ed esposta (3-4 m, II grado), oppure un cavo metallico che protegge il passaggio direttamente sul filo. Le ultime elementari spaccature precedono la vetta allungata del Monte del Frisson (2637 m).

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