Quando e perché una Guida alpina può essere ritenuta responsabile di un incidente
Inizia oggi una breve serie di articoli dedicati alle responsabilità, civili e penali, dei soggetti che operano in montagna. In questo primo appuntamento parliamo dei professionisti delle terre alte
Recita l’art. 2 della legge n. 6/1989: “Guida alpina è colui che svolge professionalmente, anche in modo non esclusivo, le seguenti attività: a) accompagnamento di persone in ascensioni sia su roccia che su ghiaccio oppure in escursioni in montagna; b) accompagnamento di persone in ascensioni sci-alpinistiche oppure in escursioni sciistiche; c) insegnamento delle tecniche alpinistiche e sci-alpinistiche con esclusione delle tecniche sciistiche su piste di discesa e di fondo”.
Solo, quindi, nel 1989 è stata disciplinata la professione anche in considerazione del pericolo che questa attività comporta e della necessità per molte persone di avvalersi di professionisti debitamente istruiti e qualificati per condurre clienti in montagna. L’abilitazione è conseguita attraverso un percorso formativo specifico e implica, una volta ottenuta, il rispetto di un codice deontologico, l’obbligo di aggiornamento e specializzazione tecnica, l’uso di tariffe professionali determinate dagli organi collegiali, nonché la soggezione alla normativa disciplinare.
Quando è stato pattuito un compenso, che determina un rapporto contrattuale, possono nascere delle Responsabilità per la guida che è quella di garantire l’incolumità del cliente.
La Guida è responsabile della sicurezza del cliente. Il contratto comporta in capo alla Guida una prestazione di mezzi e non di risultato. In questo caso la Guida è maggiormente tutelata e può chiedere legittimamente il pagamento del prezzo al cliente anche quando l’obiettivo (cima, rifugio ecc..) non è stato raggiunto per cause a lui non imputabili (brutto tempo improvviso, condizioni generali della montagna pericolose) tali da determinare una ritirata.
La responsabilità civile
Il rapporto con il cliente è un contratto di lavoro autonomo che si inquadra nel contratto d’opera professionale di cui all’art.2230 c.c. e da cui nasce una Responsabilità civile disciplinata dall’art. 1218 del c.c. oltre quelle penali.
La responsabilità civile comporta un dovere di diligenza commisurato alla natura dell’attività svolta (art. 1176 c.c.)
La diligenza imposta dalla norma vale come criterio di controllo e di valutazione del comportamento e delle abilità del cliente, ovvero, come parametro di imputazione del mancato adempimento. Differente si pone il principio della colpa che viene ricondotto alla negligenza, l’imprudenza o l’imperizia da parte della guida e comporta responsabilità più elevate anche di natura penale.
Importante ai fini della quantificazione della Responsabilità e dell’eventuale danno causato è evidenziare i rischi e le difficoltà al cliente. Anche un eventuale concorso di colpa da parte del cliente potrebbe comportare una riduzione della responsabilità in capo alla Guida ai sensi dell’art. 1272 del codice civile.
La responsabilità civile per la Guida può essere limitata da un’assicurazione. L’onere della prova in base alla più recenti orientamenti giurisprudenziali spetta alla Guida, antecedentemente era a carico del cliente.
Passando ad un esempio pratico nel 2022, una guida è stata condannata a versare 60.000 euro per i danni subiti dal suo cliente caduto in crepaccio che gli ha comportato una invalidità permanente del 15%. Il Tribunale di Lecco lo ha condannato ritenendo che la caduta fosse imputabile alla errata scelta, operata dalla Guida alpina, di far procedere gli escursionisti non in cordata, ovvero senza essere legati fra di loro. La Guida si era giustificata sostenendo che non voleva legare i clienti visto il pericolo marcato di valanga.
Quando entra in gioco la responsabilità penale
La Responsabilità penale entra in gioco in caso di morte o lesioni gravi di un cliente ed è stato accertato un comportamento penalmente rilevante della guida alpina. Anche l’omissione di soccorso rientra tra i reati penalmente sanzionabili.
Ci si riferisce ai fatti derivanti da colpa, ossia da imperizia, negligenza e imprudenza, essendo da escludere che la guida agisca intenzionalmente in danno al cliente, cioè con dolo. Alla azione penale può essere accostata una responsabilità civile per il risarcimento del danno dal punto di vista economico.
La colpa di rilevanza penale consiste nella violazione delle regole di prudenza, diligenza e perizia o nell’inosservanza di leggi, regolamenti e discipline (art. 43 c.p.) come può essere Il Regolamento delle Guide Alpine. Vanno considerate, in particolare, le regole tecniche generalmente accolte o di uso consolidato nelle varie discipline, come parte integrante delle conoscenze indispensabili per l’esercizio della professione. Nella sostanza, la colpa consiste nella violazione di norme o cautele doverose finalizzate ad impedire danni od infortuni per cui possono ritenersi colposi tutti quegli eventi che erano prevedibili ed evitabili dalla guida alpina. L’evento dannoso deve essere una conseguenza della condotta della guida, e il nesso causale deve essere provato, con la precisazione che non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo (art.40 comma 2 c.c.). Sicuramente grava sulla guida l’obbligo di agire professionalmente in condizioni di sicurezza per sé e per gli altri e quindi l’obbligo di impedire, per quanto possibile, ogni evento dannoso o pericoloso per il cliente.
Le cause di esonero della responsabilità si possono riassumere invece in a) caso fortuito o forza maggiore; b) dell’aver agito in stato di necessità; c) della presenza di una clausola di esonero della responsabilità.
Alcune sentenze che hanno coinvolto le Guide alpine
Oltre al caso su citato le valanghe sono l’esempio classico dove la Giurisprudenza ha sentenziato sull’operato delle Guide alpine. Le perizie ed il giudice devono compiere molte ricerche per individuare le singole responsabilità.
Esempio nella valanga a Valtournenche di questo inverno, il Pubblico Ministero ha chiesto l’archiviazione per la Guida Nicola Corradi in quanto il cliente non ha eseguito le tracce indicate dalla Guida alpina.
Ancora sub-giudice invece l’incidente valanghivo che ha comportato la morte di 3 aspiranti guide alpine guidati dall’istruttore Matteo Giglio accaduto ad aprile in zona Gran Paradiso.
Tra le condanne per le Guide si ricorda quanto avvenuto a Ceresole nel 2008 dove morirono 5 persone. Dopo oltre 7 anni il Tribunale ha condannato la Guida a 18 mesi di reclusione e oltre 450 mila euro di risarcimento danni. Secondo il Tribunale la guida aveva fatto un errore nella scelta del percorso, dove la cordata si è persa, e aveva valutato male le condizioni meteo.
Un’altra condanna è stata a carico di una Guida francese a seguito della morte del suo cliente. Il Tribunale lo ha condannato a 2 anni di reclusione in quanto la guida non aveva valutato attentamente le condizioni della neve del meteo, eseguendo voli di eliski eccessivi che avevano contribuito a creare condizioni di pericolo. Assolti altri due indagati tra cui il pilota dell’elicottero.
Omissione di soccorso: la Guida alpina deve aiutare tutti, non solo i propri clienti
Per quel che riguarda l’omissione di soccorso la Guida alpina ha un dovere generale di assistenza verso tutti, ossia anche verso persone che non sono i propri clienti e da cui ci si può astenere nel soccorrere solo in presenza di cause di giustificazione (art. 54 c.p.) A riguardo l‘ Art. 17 del Regolamento Associazione Guide Alpine Italiane dice che “la guida non deve abbandonare i propri clienti se non per necessità di soccorso verso altri alpinisti in pericolo e a condizione di non compromettere la sicurezza dei propri clienti”. Non è necessario che dalla condotta omissiva derivi una lesione o la morte per la persona non soccorsa.