Montagna.TV

Allora Reinhold Messner non ha salito tutti gli “8000”?

Il Guinness dei Primati, che riprende l’opinione del tedesco Eberhard Jurgalski, ha depennato dalla lista Messner, Loretan, Kukuczka, Wielicki e diversi altri. Il primo a salire tutti gli Ottomila sarebbe stato quindi Ed Viesturs

Reinhold Messner non è il re degli “ottomila”? A sostenerlo è l’autorevole Guinness dei Primati, Guinness World Records in inglese, il volume (che molti oggi consultano online su www.guinnessworldrecords.com) che elenca centinaia di primati mondiali in un’infinità di campi diversi, dalla politica e dall’esplorazione fino alla cucina e allo sport. La notizia, rilanciata in Italia dall’ANSA, e ripresa da telegiornali e quotidiani, è stata commentata da Messner con una parola. “Sciocchezze!”

Consultando il sito del Guinness, si legge che “la prima persona ad aver raggiunto le vere cime di tutti i 14 “ottomila” della Terra è Edmund “Ed” Viesturs (USA), tra il 18 maggio 1989 e il 12 maggio 2005. Tutte le sue ascensioni, aggiunge il sito, sono state compiute senza ossigeno supplementare”.

Insieme a Messner, che ha completato la collezione nel 1986, sono stati cancellati i polacchi Jerzy Kukuczka e Krzysztof Wielicki (rispettivamente terzo e quinto), lo svizzero Erhard Loretan (secondo), il messicano Carlos Carsolio (quarto), gli spagnoli Juanito Oiarzabal e Alberto Iñurrategi (sesto e decimo), l’italiano Sergio Martini (settimo) e i sudcoreani Park Young-seok, Um Hong-gil e Han Wang-yong, insediati finora ai posti 8, 9 e 11 dell’elenco.

Anche se il Guinness cita l’ossigeno supplementare, a far cancellare Messner e gli altri dall’elenco non sono stati respiratori e bombole, ma una questione di cui ci siamo già occupati più di un anno fa Nell’agosto del 2022, dopo la tragedia della Marmolada, e gli stop alle ascensioni del Monte Bianco e del Cervino, il tedesco Eberhard Jurgalski, fondatore del sito www.8000ers.com (si legge eight-thousanders, significa “gli 8000”) ha postato su Facebook un messaggio.

L’intera storia degli 8000 deve essere riscritta” ha scritto. Per lui, dei 51 alpinisti che secondo gli elenchi ufficiali hanno salito i 14 “ottomila” (l’ultimo, lo statunitense Chris Warner, ha completato la sua fatica il 20 settembre sul Manaslu), solo pochi lo avrebbero fatto davvero.

Raccolgo notizie sull’alpinismo da quarant’anni, ho sempre creduto che il punto più alto di una montagna è l’unico che può essere indicato come vetta. In epoche recenti, con una migliore tecnologia, è diventato evidente che un approccio solo topografico non basta”, ha scritto nel 2019 Jurgalski, che è coadiuvato nel suo lavoro da un gruppo di esperti che include il bolognese Federico Bernardi.

Annapurna, Broad Peak, Manaslu e Dhaulagiri sono le montagne “a rischio”

I dubbi di Jurgalski e dei suoi non riguardano l’Everest e il K2, che hanno una vetta definita, ma l’Annapurna, il Broad Peak, il Manaslu e il Dhaulagiri, che culminano in una cresta di neve dov’è difficile capire quale sia il punto più alto. Secondo il ricercatore tedesco sul Dhaulagiri le “false vette” sono a distanze “comprese tra i 60 e i 140 metri dalla vera”.

Sul Manaslu, come dimostrano le foto da drone, molti alpinisti si fermano “sulla cresta tra i 35 e i 50 metri dalla vetta, e qualcuno anche a 90 o a 100 metri”. A far depennare Messner dall’elenco è stata l’ascensione del 1985 all’Annapurna, dove “molti alpinisti si fermano tra 65 metri a ovest o 190 metri a est della vera cima”.

Federico Bernardi, un anno fa, ha precisato che “la ricerca del sito 8000ers.com non toglie nulla al valore alpinistico delle ascensioni, e che “secondo Jurgalski si potrebbero considerare delle zone di tolleranza” per omologare o no un’ascensione. Una soluzione che “potrebbe valere solo per il passato, non per il futuro, perché oggi gli strumenti tecnologici ci sono”.

La risposta di Messner

Questi distinguo non hanno modificato il giudizio del Guinness dei Primati, che ha cancellato dall’elenco Messner e altri straordinari alpinisti come Kukuczka, Wielicki, Loretan e Martini. L’alpinista altoatesino, che ha compiuto 79 anni il 17 settembre, ha risposto con estrema chiarezza.

“In primis non ho mai rivendicato nessun record, perciò non mi possono togliere nulla. Le montagne cambiano, sono passati quasi 40 anni, se qualcuno è salito sull’Annapurna di certo siamo stati io e Hans Kammerlander. Qualcuno vuole farsi notare senza avere la minima competenza”.

“Sull’Annapurna ho salito una parete di 4000 metri, sono uscito sulla cresta sommitale, ed è lì che si giunge in cima. Su quelle vette di neve il punto più alto si sposta, e affermare a decenni di distanza che la vetta è cinque o dieci metri più a lato è ridicolo” conclude Messner.

Racconta il sito dei Guinness World Records che l’idea di un libro dedicato ai primati sia venuta nel 1954 a Sir Hugh Beaver, direttore della celebre casa produttrice di birra, durante una battuta di caccia, per “dare risposta al genere di domande che si fanno di solito nei pub”. La prima edizione è uscita nel 1957, quella speciale del 2000 ha venduto 2.420.000 copie nel mondo.

In attesa di una dichiarazione di Ed Viesturs, che finora non è arrivata, ci sono alcune cose da dire. La prima è che prendersela con il librone Made in Ireland ha poco senso, anche se lo spazio dedicato a record “curiosi” come la pizza più grande della storia o il massimo numero di cornetti trangugiati in un’ora riduce inevitabilmente la sua autorevolezza.

Manca una commissione ufficiale per la certificazione delle vette

La vera questione riguarda i Club Alpini e l’UIAA, la loro federazione internazionale, nella quale il CAI ha scelto di rientrare l’anno scorso. Per decenni, le statistiche sull’alpinismo himalayano sono state tenute da Elizabeth Hawley, una ex-giornalista statunitense che ha vissuto a Kathmandu fino alla sua morte nel 2018, e che ha compilato i suoi elenchi su base volontaria, senza strumenti per approfondire i casi contestati.

Da qualche anno, il ruolo di Hawley e del suo Himalayan Database è stato preso da Jurgalski e dalle sue rilevazioni al GPS. Riconosciamo che il lavoro di entrambi è prezioso. Ma non è possibile – caro CAI, cara UIAA, cari Club Alpini di tutto il mondo – dar vita a una commissione formata da alpinisti e topografi, in grado di dare delle risposte a questi dubbi? Lo abbiamo già chiesto un anno fa, ma ora l’invasione di campo del Guinness rende la domanda più pressante.

Exit mobile version