Turismo

Nel rinato castello di Andraz, tesoro delle Dolomiti venete

Come appoggiato su un enorme masso sulla strada che dall’Agordino sale al Passo Falzarego, colpisce per la forma svettante. E racconta tante storie

C’è un castello, un po’ fuori mano, che si lascia intravedere tra le conifere per poche centinaia di metri da chi percorre la SS48 delle Dolomiti che porta al Passo Falzarego. Serve una breve deviazione di poco più di due chilometri per portarsi sotto le sue mura. È allora che si percepisce bene che di là è passata la Storia. Perché quella di Andraz è una delle rocche di maggior fascino nell’area alpina orientale, i cui primi riferimenti storici sono di poco successivi all’anno 1000, anche se notizie davvero precise si hanno solo dal 1221. A contribuire alla suggestione del luogo è la pace che lo avvolge, nonostante che l’apertura al pubblico dopo i restauri, ne abbia rinverdito la popolarità.

La sensazione di trovarsi in un luogo con pochi uguali è determinata dalla straordinaria fusione tra il masso su cui  è appoggiato il castello di Andraz, ciclopico blocco di roccia trasportato a valle durante l’ultima glaciazione, e le opere murarie che su di esso si sono stratificate nei secoli. Una tale simbiosi, che fa sembrare le strutture architettoniche partorite dalla roccia stessa.

Un restauro rispettoso

La scrupolosa attenzione con cui è stato condotto l’intervento di restauro  (eseguito con i finanziamenti del Ministero per i Beni Culturali, secondo gli intendimenti della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Veneto Orientale, tra il 1986 e il 2002) si evidenzia nell’assoluta mancanza di opere invasive,  nella scelta di evitare di ricostruire il castello. La scelta è stata quella di limitarsi ad attuare solo interventi con funzioni strutturali e di consolidamento per dare stabilità alla rocca, utilizzando materiali di recupero degli elementi delle parti crollate. Il rudere è di così elevata forza emotiva che consente di apprezzare il castello come fosse intero e di evidenziare le stratificazioni architettoniche che nel tempo si sono succedute, per ampliamenti, modifiche e ricostruzioni dopo gli incendi. Sullo sfondo il Lagazuoi e il Sass de Stria regalano all’insieme un colpo d’occhio complessivo di rara suggestione.

Anche le scalette di passaggio per i visitatori sono state adattate, dove possibile, alla struttura esistente, in altri casi hanno comunque rispettato le originarie strutture superstiti. Tali percorsi garantiscono la completa accessibilità del castello, dal cortile alla sua sommità. Il percorso di visita attraversa quel che rimane di una piccola cappella cinquecentesca (il cui altare ligneo è ancora conservato nella chiesa di Andraz), la cantina del vino, la cantina del formaggio, le prigioni degli uomini e delle donne, il magazzino delle granaglie, le cucine, i soggiorni, la camera del capitano, fino a la “Segreta”, la stanza di maggior fascino che probabilmente custodiva antiche pergamene e documenti dei vari Signori e Capitani che hanno abitato il castello. Per i rifornimenti, veniva utilizzato un argano.

Il maniero fu impiegato per secoli a difesa delle preziose miniere del Fursil

Si sa che il castello, posto in un luogo strategico che permetteva il totale controllo delle strade che risalendo l’Agordino portavano in Val Pusteria, appartenne dal 1221 alla famiglia feudataria Schöneck, che lo ottenne dal vescovo di Bressanone. Dopo essere passato ad altre casate, tornò sotto le dirette dipendenze dei vescovi  dal 1416 al 1802. Vi alloggiavano piccole guarnigioni militari che garantivano gli interessi economici del vescovo dall’espansione della confinante Repubblica di Venezia e proteggevano le attività di estrazione del ferro delle vicine miniere del Fursil, che rivestivano una notevole importanza per le esigenze sia del Tirolo che della Serenissima e che erano quindi aspramente contese.
Due primitivi forni fusori sono stati rinvenuti, uno all’interno e uno all’esterno della cinta muraria merlata. Venne realizzata anche una strada, la “ Strada de la Vena”, ancora percorribile, che collega le miniere del Fursil al castello di Andraz. Quel minerale ferroso era particolarmente pregiato grazie al contenuto di manganese, che lo rendeva allo stesso tempo molto resistente e flessibile. Il ferro del vescovo di Bressanone, era chiamato “ Ferro dell’agnello” perché marchiato con quell’emblema vescovile.
Persa la rilevanza strategica ed esauritasi l’attività estrattiva nel 1755, il castello fu venduto a privati e successivamente spogliato del tetto e degli arredi. I gravi danni subiti durante la Prima Guerra mondiale, gli diedero il colpo definitivo, con l’inevitabile successivo stato di abbandono. Fino al suo nuovo “risorgere” attuale.

Il rifugio di Nicolò Cusano

Indubbiamente l’ospite più illustre del castello di Andraz fu un principe vescovo di Bressanone, quel Nicolò Cusano, nato a Kues, sulla Mosella, nel 1401, considerato una delle più importanti figure del Rinascimento: teologo, filosofo, matematico e astronomo. Tra il 1457 e il 1460 visse per lunghi periodi tra queste mura, dove si era rifugiato  dopo essere fuggito da Brunico, assediata dalle truppe del duca Sigismondo d’Austria.
Nella parete della stanza “Segreta” è visibile un piccolo foro che l’attraversa, puntato verso il cielo, con probabili funzioni astronomiche, utilizzato proprio da Cusano.

Tesori da visitare, anche con le guide

Il Castello di Andraz può essere visitato fino al 29 ottobre, anche visite guidate.
(Informazioni e prenotazioni; 334 3346680, info@castellodiandraz.it ).
Anche le miniere del Fursil sono visitabili. Dalla piazza di Colle Santa Lucia
si  viene accompagnati da una navetta fino all’ingresso di una  galleria ripristinata. Si tratta di un antico cunicolo che dopo quasi due secoli di abbandono venne riattivato dalla ditta Breda di Milano nel 1938 per essere nuovamente abbandonata nel 1945. Al suo interno si possono vedere le attrezzature utilizzate  per estrarre il ferro e i manichini con l’abbigliamento  dei minatori. La durata complessiva della visita guidata è di un’ora e 10 minuti (Info@collesantalucia.eu)

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