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Guerra in Appennino: la Resistenza dimenticata e i luoghi di coraggio

Alla scoperta della storia poco nota della Resistenza in Appennino, raccontata da Stefano Ardito nel suo ultimo libro. I personaggi, gli scenari di guerra e il paesaggio che ancora oggi custodisce i segreti del passato

È una storia poco nota quella che tesse e documenta il giornalista, divulgatore, instancabile camminatore e viaggiatore Stefano Ardito nella sua ultima fatica Guerra in Appennino. 1943-1945: lotta per la libertà (Corbaccio Editore,19,60 Euro) da poche settimane in libreria.

Ed è probabilmente ancor meno noto il territorio che ottant’anni fa è stato l’articolato scenario di tale guerra – che va sotto il nome di Resistenza e di Liberazione – quella “spina dorsale dell’Italia” che chiamiamo Appennino. Una catena tormentata e disseminata di vette e declivi, boschi e valli – perlopiù “ignorate dalla politica” nella loro articolata consistenza anche culturale evidenzia l’Autore – che interessa tredici regioni lungo mille chilometri del nostro stivale.

Lungo l’Appennino, nei venti mesi intercorsi tra l’8 settembre e il 25 aprile 1945, si fece l’Italia libera e democratica di oggi. Eppure, a differenza di quanto accaduto sui luoghi della Grande Guerra in Italia settentrionale, questa rilevante parte d’Italia compresa in quei due anni tra le due linee fortificate costruite dai genieri tedeschi tra il Tirreno e l’Adriatico, la Linea Gustav e la Linea Gotica, manca di approfondita conoscenza da parte dei più e soprattutto manca “di una memoria condivisa” probabilmente perché, in relazione a quella guerra, è stata “segnata da una lunga serie di umiliazioni e sconfitte”.

Di tutte quelle umiliazioni e sconfitte, ma anche di esempi di coraggio e altruismo, solidarietà e abnegazione tratta Ardito in questo lavoro, ricostruendo battaglie e appostamenti, fatti, storie e destini tragici di uomini e donne, molti dei quali sconosciuti.

Tra questi affiorano anche i nomi di Carlo Azeglio Ciampi che passò l’inverno sulla Maiella, dove nasce Il sentiero della libertà, il libro tratto dai suoi diari di quei giorni, di Alberto Moravia ed Elsa Morante in fuga tra i Monti Ausoni, di Cesira e Rosetta stuprate dai goumiers marocchini assieme a tante altre che ispirarono La ciociara di De Sica con protagonista Sophia Loren, dello scrittore Carlo Cassola, della giornalista e scrittrice Oriana Fallaci, del critico d’arte Carlo Ludovico Ragghianti in Toscana e di altri. Anche di John Hunt, l’ufficiale della King’s Royal Rifle Corps che dopo la guerra, nel 1953 sarà leader della spedizione di successo al Monte Everest.

Tante altre piccole e grandi storie ancora si incrociano con quelle di uomini di nazionalità diverse, arruolati e inviati lì, lungo la nostra dorsale appenninica a combattere – e in certi casi a torturare e uccidere anche civili e indifesi – dai mille polacchi reclutati nei campi di prigionia sovietici dopo l’invasione della Polonia nel 1939 da parte della Germania nazista ai militari arrivati da tutto il mondo al fianco degli Alleati come i Gurkha nepalesi, i fucilieri Sikh e Rajputana delle caste guerriere dell’India ai terribili goumiers già menzionati. E in due capitoli compare il nome di Benito Mussolini, stagliato tra scenari montani a Campo Imperatore e in Romagna, testimoni della sua uscita di scena.

Nel libro ci sono storie di partigiani sul Monte Giovi e il Monte Morello alle porte di Firenze, di luoghi come Roccaraso in Abruzzo e l’abbazia di Montecassino nel Lazio, rasi al suolo e ricostruiti, ci sono nomi di montagne e rilievi dove oggi passano percorsi solitari e spettacolari, che l’Autore dimostra di conoscere molto bene. Ed è il suo sguardo sul paesaggio che corre lungo tutto il libro come un fil rouge che permette di sovrapporre quei fatti bellici a quanto oggi i nostri occhi possono vedere, immaginando proiettate quelle immagini di sofferenza e tragicità su percorsi che si compiono a piedi grazie a nuove valorizzazioni da parte del Club Alpino Italiano e di altre associazioni locali.

Il paesaggio è una grande presenza, un paesaggio disegnato dalle parole dell’autore che con pennellate ad hoc, nel flusso della cronaca bellica, lo descrive da conoscitore, aprendo squarci di piacere nel presente assieme alla consapevolezza dei fatti del passato.

Ne emerge una mappatura inedita e utilissima, diacronica nella narrazione dei fatti e sincronica nella visione geografica del territorio. Un esperimento che si può accostare in parte, per tematiche e spunti  trattati – e per passione ed esperienza dei luoghi sul campo – al lavoro realizzato qualche anno fa da Paola Lugo, Montagne ribelli (Oscar storia Mondadori 2009), concentrato più sull’Italia settentrionale, per quanto qui il punto di partenza degli itinerari proposti scaturisse da romanzi e non da libri di storia.

Unico appunto, che è in fondo un desiderata della sottoscritta, al libro qui presentato, è la mancanza di un indice dei nomi e dei luoghi, che sarebbe invece utilissimo per future ricerche sull’argomento.

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