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Everest, primi arrivi in vetta e furti in alta quota

La via per gli 8848 metri è aperta. Tra i primi sulla vetta tre pakistani e “Pa Dawa” Sherpa, 26 ascensioni

La lunga fila di alpinisti e di Sherpa impegnati sulla via normale dell’Everest ha iniziato a raggiungere la cima. Sabato 13 maggio, un team di nove guide dell’agenzia Imagine Nepal, incaricata da tutte le spedizioni, ha completato l’installazione delle corde fisse fin sugli 8848 metri della cima. Nei tratti più impegnativi, come quello tra il “Balcone” e la Cima Sud e lo Hillary Step, sono state piazzate due corde, una per salire e l’altra per scendere.
Il 14 maggio, la stessa Imagine Nepal ha condotto i primi clienti sulla cima più alta della Terra. Il 15 il team che aveva piazzato le corde fisse dal Colle Sud all’Everest ha attrezzato anche la via normale del Lhotse, dimostrando una resistenza ad alta quota straordinaria.

L’elenco di questi professionisti inizia con il leader Dawa Gyalje Sherpa, della valle di Rolwaling, e prosegue con Pasang Ngima Sherpa di Phortse, e con Nima Nuru Sherpa, Lhakpa Sona Sherpa, Lhakpa Tenjing Sherpa, Phur Galjen Sherpa e Dawa Jangbu Sherpa (tutti di Thame, il villaggio di Tenzing Norgay, protagonista della conquista del 1953!). Da notare la presenza di Dipen Gurung e di Suman Gurung, un segno che anche altre etnie nepalesi stanno conquistando uno spazio ad alta quota.
Nella squadra di Imagine Nepal che ha raggiunto la vetta dell’Everest il 14 maggio, il nome di spicco è quello di Pasang Dawa Sherpa, o “Pa Dawa”, 46 anni, di Phortse, che è arrivato sulla cima per ben 26 volte, uguagliando il record di Kami Rita Sherpa. Insieme a lui, e ad altri quattro Sherpa, sono arrivati a 8848 metri cinque clienti.

In questi casi un ordine d’arrivo non ha molto senso, ma il comunicato di Imagine Nepal sottolinea che la prima alpinista straniera ad arrivare in cima, alle 8.02 del 14 maggio è stata la pakistana Naila Kiani, in cordata con Pasang Temba Sherpa. L’alpinista di Islamabad, che lavora in una banca di Dubai, pratica anche la boxe, ha due figlie, ed è nota in patria per aver celebrato il suo matrimonio al campo-base del K2. Ha già all’attivo, con altre spedizioni commerciali, l’Hidden Peak, il Gasherbrum II, il K2 e l’Annapurna.
Nelle tre ore successive sono arrivati sull’Everest l’altra pakistana Nadia Azad, Marton Peter Price (Gran Bretagna), Lianhui Chui (Cina) e Jessica Rae Wedel (Stati Uniti), la prima donna sopravvissuta a un cancro alle ovaie a mettere piede sul “Tetto del mondo”.
Tutti gli alpinisti e le alpiniste citati, insieme ai loro Sherpa, hanno usato respiratori e bombole. Il 13 maggio, senza ossigeno supplementare, è arrivato sull’Everest anche Sajid Ali Sadpara, il figlio del grande Muhammad Ali protagonista della prima invernale del Nanga Parbat. Arrivare a 8848 metri senza bombole è certamente un exploit, ma affermare (come è stato fatto) che Sajid sia salito “da solo” fa sorridere, dato che la via era tracciata, attrezzata e percorsa nelle stesse ore da altri.

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