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Plutonio nel ghiaccio in Antartide. Un gruppo di ricercatori trova le tracce dei test nucleari

Quali sono le conseguenze per l’ambiente dei test nucleari? Un team di ricercatori ha ottenuto dati importanti analizzando una carota di ghiaccio in Antartide

Un cilindro di ghiaccio, in termini tecnici “carota”, estratto nell’Altopiano Antartico, ha rivelato la presenza di plutonio-239 usato durante gli esperimenti per la produzione di armi nucleari a partire dagli anni ‘50. Il team del Dipartimento di Chimica “Ugo Schiff” dell’Università di Firenze, coordinato da Mirko Severi, Rita Traversi e Silvia Becagli, in collaborazione con l’ENEA, l’Università di Siena e l’Istituto di Scienze Polari – CNR, ha ottenuto dati importanti dallo studio di una carota di ghiaccio della lunghezza di circa 120 metri, estratta tra il 2016 e il 2017, e poi analizzata nei laboratori del polo scientifico di Sesto Fiorentino. La ricerca “The 239Pu nuclear fallout as recorded in an Antarctic ice core drilled at Dome C (East Antarctica)”, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Chemosphere, e fornisce interessanti risposte.

Un campione ridotto, quello preso in esame a tremila metri in una delle zone più remote del mondo. Non c’è voluto molto materiale, come spesso è necessario, per misurare la radioattività presente nel ghiaccio. Ciò ha comportato un evidente vantaggio per il team, ed il prosieguo delle attività avviate negli anni Novanta, nell’ambito del progetto European Project for Ice Coring in Antarctica”, tuttora in corso.

Plutonio-239: fotografia degli effetti del nucleare sull’ambiente

Quali sono le conseguenze per l’ambiente dei test nucleari? Le risposte arrivano dalla concentrazione di plutonio-239, un isotopo fissile primario usato per la produzione di armi nucleari. Gli esperimenti in Antartide furono condotti dagli inizi degli anni ‘50 agli anni ‘80; oltre 500 i test eseguiti da diversi Paesi – l’ultimo si è svolto in Corea del Nord nel settembre 2017 – che riversarono in ambiente 3 tonnellate di plutonio.

La presenza di plutonio nel ghiaccio oggi consente in primo luogo, di avere una datazione glaciologica precisa degli strati nevosi, ma anche una precisa successione dei test effettuati, e di comprendere quanto il materiale radioattivo permanga nell’ambiente. Potremmo sapere, dunque, quanto il pianeta sia in salute, anche esaminando una piccola quantità di neve. Il ghiaccio della Groenlandia, ad esempio, ha maggiori concentrazioni di plutonio-239 rispetto all’Antartide, per i tanti esperimenti condotti dall’allora Unione Sovietica. Come evidenziato dai ricercatori, la concentrazione del materiale radioattivo rimane alta per migliaia di anni, dimezzandosi solo dopo 24mila anni.

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