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Le montagne fra nuovi “rifugi” e vecchi problemi: accogliere più persone senza farsi travolgere

Un convegno a Belluno ha evidenziato come l'accoglienza in montagna vada ripensata, considerando cambiamenti climatici e nuove necessità post-pandemia

C’è un filo virtuale e un po’ inaspettato che collega le montagne italiane, gli appassionati di sci, il riscaldamento globale e la pandemia e che porterà nei prossimi anni ad alcuni cambiamenti significativi nel nostro modo di approcciarci alle terre alte.
Se n’è parlato di recente durante un convegno organizzato a Belluno da Riabitare l’Italia e da Confindustria, la questione è stata chiaramente affrontata dal punto di vista di quella provincia e di quelle montagne, ma è ovvio che le problematiche e le soluzioni riguardino tutto l’arco alpino.

Come cambierà la montagna in 20-30 anni

In estrema sintesi, il succo è che il cambiamento climatico sta già spingendo gli animali (e pure le piante) verso l’alto alla ricerca delle temperature che più in basso non trovano più, che la stessa cosa stanno facendo le persone (cui i lockdown hanno insegnato quanto sia importante abitare e lavorare il più vicino possibile alla natura) e che questi luoghi, già in difficoltà a causa dell’affollamento, rischiano di essere messi ancora più in difficoltà se non cambieranno il loro approccio all’accoglienza e alla ricettività.
Durante il convegno, la climatologa Sabrina Lucatelli ha ricordato che, secondo stime recenti, le temperature in montagna potrebbero crescere in media di 2 gradi da qui al 2040, mentre da Legambiente hanno fatto notare che più o meno tutti i ghiacciai sotto i 3500 metri di quota potrebbero sparire in un arco di tempo anche minore. Ancora: se pure la neve continuerà a cadere anche sotto i 2000 metri, le sue riserve in Italia sono calate ormai dal 60%, cosa che ha spinto sempre più impianti sciistici a ricorrere all’innevamento artificiale. Che è una cosa non sostenibile sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista ambientale.

Sempre più in alto, ma con attenzione

Tutto questo, com’è immaginabile, spinge non solo il mondo animale ma pure noi umani a muoverci verso l’alto, verso quote più elevate dove trovare le condizioni predilette da chi sceglie la montagna, che sia per viverci o per passarci periodi di vacanza.
Ed è per questo che va ripensata l’accoglienza, così da svincolare le località montane da un turismo legato solo allo sci (un po’ come le località di mare stanno cercando di diventare attrattive non solo per chi ama le spiagge), ma soprattutto vanno ripensate le politiche abitative: sono sempre più numerose le persone che decidono di trasferirsi (o vorrebbero trasferirsi) in montagna, alla ricerca di una migliore qualità della vita e di un ambiente più salutare. Come detto, è una tendenza che è stata accelerata dalla pandemia e dalla crescente diffusione dello smart working, ma queste località devono essere in grado di offrire quello che cercano i possibili, futuri residenti. Che, secondo uno studio della Camera di Commercio di Belluno, sono la connessione a Internet ad alta velocità, la sanità, i trasporti pubblici, la formazione professionale e ambienti dove fare co-working.

E però, c’è un però: se l’arrivo di nuove persone e dunque la crescita della popolazione può rappresentare una risorsa per lo sviluppo del tessuto economico e sociale di questi territori, può anche essere un rischio per l’equilibrio naturale di questi ambienti. Andiamo in montagna, tutti noi che l’amiamo, che sia per un weekend, per una settimana o per tutta la vita, perché sappiamo che può offrire vantaggi in termini di qualità dell’aria, paesaggi, atmosfera più tranquilla rispetto alle città, possibilità di praticare sport e attività all’aria aperta. Ma siamo anche consapevoli che tutte queste caratteristiche potrebbero sparire, se venissero travolte da un’eccessiva urbanizzazione.
Che è il motivo per cui è necessario rivedere l’approccio a questi cambiamenti: dal convegno è emerso che la provincia di Belluno sta già pensando a come farlo. Cosa che ovviamente possono fare (e dovrebbero fare) tante altre località italiane che hanno la fortuna di stare più in alto delle altre.

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