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Quante sono e dove si trovano le sorgenti d’acqua su Alpi e Appennini?

Al via un progetto CAI per fornire risposta al quesito

Quante sono e dove si trovano le sorgenti d’acqua di montagna sul territorio nazionale? A tentare di fornire una risposta dettagliata a tale domanda sarà un progetto promosso dal Club Alpino Italiano allo scopo di identificare, classificare e monitorare le sorgenti. L’annuncio arriva in occasione della Giornata mondiale dell’acqua 2023, che, dalla sua istituzione da parte delle Nazioni Unite nel 1992, ricade il 22 marzo di ogni anno. Il tema dell’edizione di quest’anno è il legame tra acqua e cambiamento climatico.

Sorgenti d’acqua e cambiamento climatico

Negli ultimi anni, complici inverni avari di precipitazioni e caratterizzati da altalene termiche tali da renderli stagioni “confuse”, si parla sempre più spesso di crisi idrica, legata alla più ampia crisi climatica. In tale contesto le sorgenti d’acqua sono diventate un argomento di grande interesse. Il riscaldamento globale sta infatti avendo un impatto significativo sul ciclo idrologico del pianeta, influenzando la disponibilità di acqua dolce e la qualità delle fonti idriche. La domanda d’acqua cresce, ma di contro diminuiscono le precipitazioni e avanza la fusione glaciale.

Il progetto “Le sorgenti d’acqua: una conoscenza fondamentale nell’era del cambiamento climatico” nasce per comprendere il ruolo delle sorgenti d’acqua per l’ecosistema e valutare quali misure adottare per preservare e proteggere queste risorse vitali per il nostro pianeta e per la nostra sopravvivenza.

Alla ricerca delle sorgenti alpine e appenniniche

Come anticipato, il progetto prevede di definire quante sorgenti e fontanelle siano presenti nei territori alpini e appenninici del nostro Paese. Dove queste si localizzino, quali siano le loro caratteristiche (quali portata, composizione chimica e potabilità) e quali le variazioni temporali delle stesse. Si partirà da due dati già disponibili: le 4.685 sorgenti e le 28.979 fontanelle ubicate lungo la Rete escursionistica italiana presenti nel database OpenStreet Map.

“Siamo di fronte a una situazione climatica ormai diventata strutturale, e non più eccezionale – afferma il Presidente generale del Cai Antonio Montani – . Con questo progetto, il Club alpino italiano intende dare il proprio contributo per capire la situazione relativa alla disponibilità di un bene primario come l’acqua, fondamentale per ogni tipo di attività umana in montagna e non solo, mettendo poi i risultati a disposizione di tutti per facilitare lo studio delle soluzioni necessarie per accrescere la resilienza.”

Capofila del progetto sarà la Struttura operativa Sentieri e cartografia del CAI. Intento è coinvolgere, oltre agli Organi tecnici e alle Sezioni del Sodalizio, il Ministero dell’Ambiente, le Università e i Centri di Ricerca. La presentazione dei risultati è prevista per il mese di dicembre 2023.

Per combattere la crisi idrica serve l’impegno di tutti

Il CAI riconosce nell’acqua “uno degli asset naturali che contribuiscono a fornire beni e servizi di valore, diretto o indiretto, per l’uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente stesso da cui sono generati”. Nel recente position paper (qui scaricabile) “Biodiversità, Servizi ecosistemici, Aree protette, Economia montana”, l’Associazione ha fatto propri, considerandoli come particolarmente appropriati alle regioni montane, gli obiettivi della Strategia europea 2030 per la biodiversità, in particolare il ripristino degli ecosistemi degradati e della continuità ecologica dei corsi d’acqua e l’estensione delle connessioni ecologiche attraverso le infrastrutture verdi e blu.

Il Delegato all’ambiente del Club alpino italiano Mario Vaccarella sottolinea la necessità di affrontare l’attuale crisi idrica con responsabilità collettiva: “È necessario un vero patto tra città e montagna per garantire a tutti acqua potabile di qualità, applicando così il recente Decreto legislativo 18/2023 di attuazione della Direttiva europea 2020/2184, che ha come obiettivo la protezione della salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano. Un patto, questo, necessario anche per raggiungere l’Obiettivo 6 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile “Acqua pulita e servizi igienico-sanitari”, la cui finalità è garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie. L’Obiettivo 6 vede nostri rappresentanti impegnati nell’apposito gruppo di lavoro istituito presso ASviS, l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile.”

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