AlpinismoAlta quota

Andrea Lanfri ci racconta la sua avventura in solitaria sull’Aconcagua

"Per un bel pezzo della salita eravamo io, la neve e la luna. Meraviglioso!"

Diciamo la verità: per un sito che fa informazione sulla montagna, Andrea Lanfri è una fonte di notizie davvero preziosa. Da ormai due anni continua a inanellare un’impresa dopo l’altra nonostante i limiti oggettivi che la meningite gli ha imposto 8 anni fa, provocandogli l’amputazione delle gambe e di 7 dita delle mani. Solo nell’ultimo anno ha scalato l’Everest, il Kilimanjaro, il Monte Kenya e, il mese scorso, l’Aconcagua all’interno del progetto My7Summits il cui obiettivo è raggiungere la vetta di tutte le più alte cime di ciascun continente.

Prima ancora, tra 2020 e 2021, il piano d’azione si chiamava From 0 to 0 e prevedeva la salita di una serie di montagne significative andata e ritorno partendo dal mare a piedi e in bicicletta. Dopo un riscaldamento sul Monte Pisanino nelle Alpi Apuane, era toccato all’Etna, poi al Gran Sasso in traversata dal mare Adriatico al Tirreno, al Monte Rosa da Genova per finire con il Monte Serra da Marina di Pisa nella Giornata internazionale contro la meningite. E prima ancora, l’atleta paralimpico nato a Lucca nel 1986 aveva fatto parlare di sé grazie alle conquiste di Monte Bianco dalla via Ratti, Gran Paradiso, Monviso dalla cresta est, Marmolada dalla cresta ovest e Cervino dalla Cresta del Leone insieme al collega biellese Massimo Coda anche lui vittima dell’amputazione di un arto in seguito a un incidente. E potremmo andare avanti ancora un bel pezzo a snocciolare nomi di cime, quote, distanze coperte e record…

Meglio, invece, concentrarsi sull’ultima ascensione che lo scorso 22 gennaio lo ha portato a toccare la cima dell’Aconcagua, vetta più elevata del Sud America con i suoi 6962 metri di quota a esattamente 8 anni di distanza dalla terribile malattia.

“Durante i mesi frenetici che hanno preceduto la partenza – esordisce Lanfri – non avevo avuto il tempo di riflettere. Poi, il giorno in cui lasciavo il campo base per attaccare la vetta mi è venuto un flash: era l’anniversario del mio ricovero in ospedale a causa della meningite nel 2015. Da quel momento in poi l’impresa si è arricchita di un carico emotivo supplementare perché il 22 gennaio, giorno della vetta, il mio pensiero è subito corso a 8 anni prima quando ero in coma”.

Oltretutto non avevi nessuno con cui condividere il carico emotivo – così come quello fisico della spedizione – visto che si è trattato della tua prima impresa in solitaria. Perché questa scelta?

“È stata una decisione coraggiosa ma appagante. Da un lato ha comportato qualche complicazione in più, ma devo ammettere che, dall’altro, mi ha consentito di affrontare la spedizione in totale libertà. Poter seguire i miei ritmi e le mie necessità è stato piacevole. Chiaramente la fatica si è fatta sentire quando mi toccava portare tutto il peso della tenda, montare il campo da solo, sciogliere neve e preparare da mangiare senza aiuti. E poi ho vissuto un’esperienza indimenticabile il giorno della vetta perché, a differenza degli altri alpinisti che hanno raggiunto la cima, sono partito da Campo 2 anziché da Campo 3: per un bel pezzo della salita eravamo io, la neve e la luna. Meraviglioso!”

Avevi già raggiunto la cima il 16 gennaio, perché sei tornato il 22?

“In realtà, la prima volta mi sono fermato poco prima della vetta a causa del freddo e del vento fortissimo. In più avevo perduto il navigatore satellitare e avevo le batterie della macchina fotografica scariche. Per cui, non appena ho iniziato la discesa, mi sono ripromesso di ritentare immediatamente. Avevo ancora tempo a disposizione e le condizioni meteo mi hanno aiutato perché la neve abbondante caduta durante i primi giorni al campo base si è poi stabilizzata e compattata rendendo la progressione un po’ più semplice.”

Con quali sensazioni sei tornato dall’Aconcagua?

“Avevo affrontato la spedizione come un banco di prova in previsione della salita al Denali che vorrei tentare il prossimo anno. Dopo l’Everest e il Kilimangiaro volevo prepararmi a una situazione più spartana, senza portatori e aiuti vari. E forse avevo sottovalutato l’impegno anche perché ho trovato condizioni di innevamento davvero insolite che hanno aumentato notevolmente le difficoltà non eccessive della via normale. Ero partito dall’Italia soltanto con le protesi da trekking, senza nemmeno immaginare di aver bisogno di quelle da neve. Ma è andata bene ugualmente.”

E ora, come prosegue il progetto delle Seven Summit?

“Avrei voluto tentare l’Elbrus la prossima estate, ma gli sconvolgimenti provocati dalla guerra hanno complicato i programmi. Allo stesso modo, ci sono difficoltà per andare alla Piramide Carstensz in Nuova Guinea. Quindi, in attesa della grande spedizione al Denali, voglio riprendere il progetto From 0 to 0. Ho in mente di scalare la Cima Grande di Lavaredo con partenza e ritorno in bici da Venezia e di spostarmi a Tenerife per aggiungere un tassello in più: oltre al percorso in bici e di corsa per salire al Teide, vorrei affrontare un tratto a nuoto. E poi sto già lavorando a un nuovo libro e a nuovi documentari. Insomma, molte novità in arrivo!”

Ormai possiamo considerarti un alpinista a tempo pieno. Avresti immaginato una carriera di questo tipo?

“Durante la malattia mi ripetevo che l’unico obiettivo era tornare a praticare il trekking, l’arrampicata e l’alpinismo cioè le mie passioni di prima. Era il pensiero positivo con cui ho superato i momenti dopo l’uscita dal coma e le amputazioni. Poi, per affrontare le difficoltà della ripresa, mi sono concentrato sulla corsa e, un po’ per volta, sono tornato in montagna. È stato un processo graduale che ha anche riguardato aspetti tecnici delle protesi su cui mi sono messo a sperimentare – intopare, come diciamo dalle mie parti – nuove soluzioni in prima persona. Questo percorso ha anche comportato delle rinunce come per l’arrampicata che praticavo moltissimo prima, ma che ora mi sembra un po’ troppo sforzata a causa delle mie limitazioni fisiche.”

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close