Ambiente

L’aria della foresta diminuisce l’ansia, la scienza ci spiega il perché

Passare il proprio tempo in aree verdi, che si tratti semplicemente di passeggiare, stare seduti a contemplare quello che ci circonda o addirittura abbracciare gli alberi, ha effetti benefici sulla nostra salute. Questo si sa da tempo, siamo in grado di percepirlo, ma sappiamo precisamente il perché? Trovare la risposta è compito della scienza, che sul tema sta facendo grandi passi avanti. Una ricerca condotta di recente dal CNR e dal CAI su oltre 500 persone in 39 località italiane tra montagna, collina e città, ha cercato di definire con maggiore precisione le cause e i meccanismi che portano a queste conseguenze positive sul nostro organismo.

Nei parchi urbani non è lo stesso

Lo studio ha permesso di comprendere meglio il ruolo fondamentale dei monoterpeni (semplificando, i componenti profumati degli oli essenziali emessi dalle piante) e di dimostrarne l’utilità nella “riduzione significativa dei sintomi dell’ansia”, misurata anche sottoponendo i candidati ai questionari Stai (la sigla sta per State-Trait Anxiety Inventory) prima e dopo l’ingresso in un’area verde.

I test si sono svolti fra 2021 e 2022 in diverse zone dell’Italia, da Nord a Sud, e hanno permesso di confermare non solo l’efficacia dei monoterpeni ma anche una sorta di correlazione fra riduzione dell’ansia e quantità e qualità dei monoterpeni inalati: “I risultati hanno mostrato che, oltre una certa soglia di concentrazione, i sintomi di ansia diminuiscono a prescindere da tutti gli altri parametri, sia ambientali sia individuali”, cosa che permette di “assegnare un valore terapeutico specifico a ogni sito verde, anche condizionato alla frequentazione in momenti diversi dell’anno e del giorno”, come ha spiegato Francesco Meneguzzo, ricercatore del CNR e membro del Comitato Scientifico del CAI. Che ha ribadito una cosa importante, cioè che “i monoterpeni sono molto più abbondanti nelle foreste remote che nei parchi urbani”.

Come si è svolto lo studio e perché è importante

Per meglio comprendere l’efficacia di quello che (anche in Italia) è conosciuto come forest bathing, cioè il bagno di foresta, i ricercatori hanno combinato “sessioni di terapia forestale condotte da psicologi professionisti con tecniche evolute di statistica”, così da “dimostrare che, in certe condizioni, l’aria della foresta è davvero terapeutica”, come ha chiarito Federica Zabini del CNR, che ha supervisionato lo studio.

Nel dettaglio, Davide Donelli, del dipartimento di Medicina dell’Università di Parma, ha chiarito che “abbiamo applicato un metodo statistico in uso nella ricerca clinica che ha consentito di creare gruppi di intervento e di controllo perfettamente abbinati: ora i risultati ci permettono di disporre di criteri oggettivi per individuare e qualificare stazioni di Terapia forestale in grado di consentire prestazioni di livello clinico”.

Perché questa cosa è importante? Perché, come ha sottolineato Donelli, “è ormai consolidata la connessione tra stati di ansia e rischio cardiovascolare, dunque questi risultati “assumono un valore importante anche in ambito patofisiologico, cosa che sarà materia di ulteriori ricerche”.

Dove fare forest bathing in Italia

Quella del bagno di foresta è una pratica nata negli anni Ottanta in Giappone (dove è conosciuta come shinrin-yoku) e anche nel resto del mondo è nota con l’espressione forest bathing.

Si può teoricamente fare in qualsiasi area verde, pur considerando il fatto che quelle urbane sono meno ricche di monoterpeni, anche se quelle ufficialmente certificate dal CSEN non sono molte: da Nord a Sud, ve ne segnaliamo 7 (anche se la lista è decisamente più lunga): il Bosco del Respiro di Fai della Paganella (in Trentino), il Bosco del Sorriso nell’Oasi Zegna (in Piemonte), il Giardino di Pimpinella (in Emilia Romagna), il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (in Toscana), la zona dei Monti Sibillini (Tra Umbria e Marche), il Bosco di Lama Bianca (in Abruzzo) e il Parco nazionale della Sila in Calabria.

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