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Cosa fare della pista da bob di Cesana? Uno ski dome per sciare tutto l’anno

Il primo ski dome, impianto per praticare sci alpino al chiuso, fu inaugurato a Tokyo il 15 luglio 1993. Si trattava di una struttura di 100 metri di altezza e larghezza per 500 metri di lunghezza che appena 11 anni dopo fu completamente demolita. L’obiettivo di attirare 1,3 milioni di visitatori all’anno non fu raggiunto nemmeno durante i primi 365 giorni di esercizio costringendo l’attività al fallimento e alla chiusura. Seguì, nel novembre del 2005, l’apertura di Ski Dubai, analoga struttura realizzata nel deserto degli Emirati Arabi Uniti che per il carattere esotico dell’impresa attirò grande curiosità e scalpore in giro per il mondo. Da allora, in tutto il mondo, sono sorti numerosi impianti di questo genere che consentono di sciare in pista in tutte le stagioni dell’anno anche – e soprattutto – in zone dove la neve e lo sci non sono mai esistiti.

A livello europeo sono oltre una trentina, concentrati prevalentemente nei paesi del nord, dall’Olanda, al Belgio, all’Inghilterra. In Italia si parla concretamente di realizzare la prima struttura per lo sci indoor a Selvino (BG) dal 2011, ma al momento non si scorge ancora nulla all’orizzonte.

Negli scorsi giorni, però, il Comune di Cesana Torinese, in alta Valle di Susa, ha avanzato la propria candidatura a ospitare una di queste controverse strutture all’interno del proprio territorio. Ne abbiamo parlato con il sindaco Roberto Vaglio per capire un po’ meglio di cosa si tratta.

Come è nata l’idea?

“Dopo che negli anni scorsi erano stati bocciati 4 progetti di ski dome in Piemonte, la nostra amministrazione comunale ha pensato di realizzare una proposta di riqualificazione della pista da bob, ormai abbandonata dalle Olimpiadi di Torino 2006, con un impianto che consenta di praticare lo sci al chiuso per tutto l’anno. Abbiamo quindi affidato uno studio di fattibilità a un gruppo di architetti di Vinovo, provincia di Torino, che ci ha sottoposto un progetto molto interessante.”

Di cosa si tratta?

“Sostanzialmente parliamo di 850 metri di lunghezza per 60 di larghezza realizzati negli avvallamenti del versante dove sorge la pista da bob. In questo modo, la copertura emergerebbe per poco più di un metro dal livello del terreno con l’obiettivo di ridurne l’impatto paesaggistico. E dal punto di vista energetico sarebbe interamente coperta di pannelli fotovoltaici per garantire la produzione di un surplus di corrente elettrica. Con una spesa prevista di circa 50 milioni di Euro a fronte di un fatturato che si aggirerebbe intorno ai 30/40 mila Euro al giorno, da un confronto che abbiamo fatto con analoghe strutture in Francia e in Belgio.”

Che vantaggi potrebbe portare al territorio?

“Sicuramente garantirebbe una maggiore destagionalizzazione del turismo attirando sciatori durante tutti i periodi dell’anno. Senza dimenticare i vantaggi per gli sci club nostri e di una grande fetta di arco alpino che non avrebbero più bisogno di sobbarcarsi lunghe e costose trasferte verso gli impianti indoor del nord Europa per i loro allenamenti. Finora la risposta dei nostri cittadini, dell’Unione Montana e dei comuni limitrofi è stata ottima.”

Quali sono i prossimi passi per la realizzazione?

“A fine dicembre 2022 abbiamo sottoposto il progetto alla Fondazione Post Olimpica che è proprietaria della pista da bob e abbiamo richiesto la Valutazione di Impatto Ambientale. Sostanzialmente il lavoro del Comune finisce qui perché si tratta poi di individuare i soggetti privati che si accolleranno gli oneri di realizzazione e di gestione. È un’impresa che non deve reggersi su gambe pubbliche. Resta il problema di smantellare l’ex pista da bob e di chi dovrà coprirne i costi.”

Il mondo ambientalista non ha accolto l’idea con entusiasmo, anzi. Come risponde?

“Non capisco dove sia il problema dal momento che stiamo progettando una struttura per nulla energivora perché dotata di pannelli fotovoltaici che in estate sarebbero in grado di produrre più energia di quanto ne consuma. Anche dal punto di vista delle risorse idriche, l’innevamento di una pista al chiuso da 850 metri avrebbe un impatto infinitamente inferiore rispetto ai 72 chilometri di piste all’aperto che abbiamo nel nostro comune. Sono nato e cresciuto il Valle di Susa e sono abituato a sentire i “no”. Prima era l’autostrada, poi la TAV. Ma se avessimo ragionato così ai tempi di Cavour, oggi non avremmo una ferrovia che ci collega alla Francia attraverso il tunnel del Frejus.”

E non si creerebbe un’eccessiva infrastrutturazione del territorio?

“Vedendo cosa si sta progettando a Cortina per le Olimpiadi del 2026, mi sembra che noi siamo molto parchi, a confronto. Siamo i primi a essere contrari alla cementificazione della montagna infatti, da anni, abbiamo bloccato i permessi per nuove costruzioni. Ma, d’altro canto, io ho un comune da portare avanti con alberghi, ristoranti e attività commerciali che hanno bisogno del turismo. Stiamo assistendo a un drammatico invecchiamento della popolazione perché i giovani vanno a vivere altrove e non riusciamo più a trovare i fondi per tenere aperte le scuole.”

Allo stato attuale, l’economia delle stazioni di sci si sostiene grazie all’iniezione di denaro pubblico che viene erogato soprattutto per la produzione di neve artificiale e per il rinnovamento degli impianti di risalita. Perché un impianto indoor dovrebbe reggersi sulle proprie gambe?

“Lo ripeto: al Comune di Cesana Torinese lo ski dome non dovrà costare nulla oltre ai 12 mila Euro che abbiamo speso per lo studio di fattibilità. A me, i soldi servono per mettere in sicurezza il territorio.”

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2 Commenti

  1. Questi amministratori azzeccagarbugli vivono in altro mondo, ci vedono eh ! Ma sono dall’altra parte della vetrata.
    Invece di ragionare sul come la montagna andrebbe destagionalizzata, offrire nuove opportunità per fare sport in modo sano e sostenibile, no !! si pensa a cattedrali nel deserto bahhh !!!

  2. 2000 anni fa i romani dicevano ‘’Errare humanum est, perseverare diabolicum’’, meditate amministratori, meditate!
    Cordialmente

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