News

Dagli ulivi sulle Alpi ai vigneti oltre i 1000 metri, l’agricoltura migra al mutare del clima

Il cambiamento climatico sta influenzando e modificando gli ambienti naturali. Al crescere della temperatura, specie animali e vegetali tendono a spostarsi, in cerca di un nuovo habitat ottimale e una situazione similare, seppur non naturale, si vive nel mondo agricolo, alle prese con delle vere e proprie migrazioni. Un caso emblematico su scala nazionale è quello dell’ulivo, la cui coltivazione ha raggiunto le Alpi. O dei vigneti, che risalendo i pendii montani, sono arrivati in alcuni casi alle vette. Per non parlare del pomodoro destinato a conserve e del grano duro per la produzione di pasta, colture mediterranee oggi prodotte per il 50% nella Pianura Padana. E accanto alle migrazioni si assiste a mutazioni delle colture, con un boom dei frutti tropicali, sempre più coltivati nelle regioni meridionali. A delineare questa nuova immagine dell’Italia agricola è uno studio condotto da Coldiretti e Ixe’ su “I tropicali italiani e gli effetti dei cambiamenti climatici”, presentato a inizio dicembre in occasione dell’apertura del Villaggio Coldiretti di Palermo, manifestazione che ha ospitato la prima esposizione di produzioni tropicali coltivate in Italia.

Come sta cambiando il clima in Italia

Il 2022, come riportato in occasione della COP27, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, svoltasi in Egitto nel mese di novembre, da Coldiretti sulla base dei dati Isac Cnr, che effettua rilevazioni in Italia dal 1800, si è caratterizzato per una temperatura media nei primi dieci mesi dell’anno superiore di +1,07 gradi rispetto alla media storica e precipitazioni ridotte di oltre 1/3.

“L’anomalia climatica rispetto alla media è stata più evidente nel nord (+1,41 gradi) rispetto al centro (+1,01 gradi) e al sud (+0,85 gradi) a conferma dei cambiamenti climatici in atto – spiega Coldiretti nel dettaglio – . L’aumento delle temperature è stato accompagnato dall’esplosione degli eventi estremi nel 2022 con una media di oltre 9 al giorno sulla Penisola tra siccità, bombe d’acqua, nubifragi, tempeste di vento, trombe d’aria e violente grandinate, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Eswd, che hanno provocato danni che in agricoltura nazionale per un valore che supera già i 6 miliardi di euro dall’inizio dell’anno, pari al 10% della produzione nazionale.”

Il 2020 si va a inserire nella classifica degli anni più caldi degli ultimi due secoli per l’Italia, che comprende nell’ordine, il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. Ciò cui si sta assistendo, al crescere della temperatura media, è una “tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi”.

In tale contesto, come sottolineato dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, l’agricoltura si presenta come attività economica più colpita in assoluto dai cambiamenti climatici e al contempo più impegnata nel contrastarli, puntando sulla promozione dell’uso razionale dell’acqua, sulla innovazione tecnologica per ridurre gli impatti ambientali, sull’economia circolare con la produzione di energie rinnovabili come biogas e biometano e lo sviluppo del fotovoltaico sui tetti senza consumo di terra fertile.

Dall’ulivo in Valtellina alle arachidi in Toscana

Lo studio presentato a Palermo evidenzia come il cambiamento climatico abbia comportato una necessità di spostamento di colture tradizionali. L’ulivo, come premesso, è oggi coltivato fino alle Alpi. In particolare è nella provincia di Sondrio, oltre il 46° parallelo, che si è verificata la più cospicua espansione della olivocoltura. “Negli ultimi dieci anni – spiega la Coldiretti – la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno.”

E se gli ulivi sono arrivati in Valtellina, i pomodori e il grano duro in Pianura Padana, in Toscana sono approdate invece le arachidi.

Vigneti sempre più in alto, vendemmia sempre più in anticipo

Anche sul fronte uva si stanno notando cambiamenti. Secondo lo studio di Coldiretti, il vino italiano  è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni e la vendemmia avviene sempre più in anticipo, addirittura di un mese rispetto alla tradizione, ovvero al mese di settembre. Non solo, anche la distribuzione dei vigneti sta subendo un mutamento. La vite sale sempre più in quota, oltre i 1000 metri. I comuni di Morgex e di La Salle, in Valle d’Aosta, ospitano i vitigni più alti d’Europa, a quasi 1200 metri, all’ombra del Monte Bianco.

E non sono soltanto le coltivazioni a risentire del cambiamento climatico ma anche i processi di invecchiamento del vino, così come di stagionatura dei salumi e affinamento dei formaggi. Una situazione delicata, che pone a rischio il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che, come sottolineato da Coldiretti, “devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani.”

Il boom dei frutti tropicali

Alla COP27 si è parlato di tropicalizzazione del clima italiano. Anche l’agricoltura si sta “tropicalizzando”. In Italia stiamo assistendo a una significativa espansione della coltivazione di frutta tropicale. I terreni destinati alla produzione di avocado, papaya, mango, banane, carambole etc. Made in Italy sono triplicati nell’arco di 5 anni, arrivando a sfiorare i 1200 ettari fra Puglia, Sicilia e Calabria.

Secondo i dati riportati da Coldiretti, la regione capofila nella coltivazione di frutti tropicali sarebbe la Sicilia, con coltivazioni ad avocado e mango di diverse varietà nelle campagne tra Messina, l’Etna e Acireale, ma anche di frutto della passione, zapote nero e sapodilla, originarie del Sud America, e il litchi, la ciliegia della Cina.

In Puglia, terra alle prese con i problemi legati alla siccità, cresce la presenza di coltivazioni di avocado, mango e bacche di Goji Made in Puglia insieme a tante altre produzioni esotiche come le bacche di aronia, le banane e il lime. “A Castellaneta – evidenzia Coldiretti – sono state piantumate altre 32mila piante di avocado, mentre in Salento si stimano 100mila piante di avocado e 8mila piante di mango e altrettante piante di lime, mentre fanno capolino timidamente le coltivazioni di banane 100% made in Puglia.”

In Calabria crescono le coltivazioni di mango, avocado e frutto della passione, cui si aggiungono melanzana thay (variante thailandese della nostra melanzana), noci di macadamia e canna da zucchero. Lungo le coste si assiste al diffondersi di un altro frutto sudamericano, l’annona.

Il merito di questo “cambiamento” dell’agricoltura in risposta al cambiamento climatico va, tiene a sottolineare Coldiretti, ai giovani agricoltori che hanno scelto questo tipo di coltivazione, spesso recuperando e rivitalizzando terreni abbandonati proprio a causa dei mutamenti climatici e in precedenza destinati alla produzione di arance e limoni.”

“Il fenomeno degli alberi esotici Made in Italy, spinto dall’impegno di tanti giovani agricoltori – commenta il presidente Prandini – , è un esempio della capacità di innovazione delle imprese agricole italiane nell’affrontare in maniera costruttiva i cambiamenti climatici nonostante le difficoltà e i danni causati da eventi meteo sempre più estremi che negli ultimi dieci anni hanno provocato oltre 14miliardi di euro di danni al nostro sistema agroalimentare”.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close