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Snowfarming: cosa è e come funziona

Negli ultimi anni si sente parlare sempre più spesso di snowfarming, ma cos’è esattamente? È qualcosa di nuovo o si utilizzava già in passato? Per capire meglio come funziona, ne abbiamo parlato con Michele Freppaz, docente di Pedologia e Nivologia all’Università di Torino – DISAFA.

Lo snowfarming indica la conservazione della neve nel corso della stagione estiva, adottata sempre più di frequente nelle località sciistiche. A tale scopo, verso la fine dell’inverno, vengono realizzati in appositi luoghi all’aperto grandi cumuli di neve naturale e/o programmata, poi ricoperti con un materiale isolante, ad es. segatura o cippato di legno. Questo strato isolante protegge la neve sottostante evitando che fonda nel corso dei mesi più caldi.

Lo snowfarming nel passato

Non si tratta, però, di una novità assoluta: già in passato sono riportati esempi di conservazione di ghiaccio o neve, che avveniva, per esempio, per rinfrescare le abitazioni nel corso dell’estate. Di questi tempi, l’aumento dei costi energetici ha incrementato l’interesse verso tali applicazioni, con numerosi esempi di sistemi di condizionamento basati sulla fusione estiva della neve in diversi Paesi del mondo, come la Scandinavia, il Nord America, la Cina o il Giappone. In Italia si ricordano le neviere, in uso fino a cinquanta anni fa, manufatti in muratura o semplici buche realizzate per la conservazione della neve. Potevano essere pubbliche, al servizio di una o più comunità, oppure private, ubicate nei cortili e nelle cantine di ville e palazzi signorili. La trasformazione in ghiaccio della neve all’interno delle neviere veniva favorita da regolari operazioni di battitura con strumenti in legno. Il ghiaccio nella stagione estiva veniva estratto dalla neviera, tagliato in lastre regolari e trasportato con mezzi trainati da animali nelle zone di consumo, dove veniva utilizzato ad esempio per la conservazione degli alimenti e la preparazione di bevande fresche e granite. Altro esempio di applicazione tradizionale dello snow farming è la raccolta della neve in pozzi, come si osserva ad esempio in Afghanistan, al fine di ottenere una riserva d’acqua per l’irrigazione e il consumo umano nei mesi più caldi.

Snowfarming e turismo

L’idea di conservare la neve a fini turistici è invece un’assoluta novità, con i primi esempi in Scandinavia che risalgono a circa dieci anni fa. La neve naturale o programmata viene accumulata nel corso dell’inverno e conservata nei mesi estivi in modo da garantire la base per la preparazione delle piste (es. sci alpino, sci di fondo, biathlon) o dei trampolini per il salto con gli sci all’inizio dell’inverno successivo. Lo snowfarming consente quindi di iniziare in anticipo la stagione invernale, indipendentemente dal fatto che si siano o meno verificate precipitazioni nevose, oppure di garantire la presenza della neve al fine di organizzare eventi sportivi non solo nel tardo autunno ma addirittura nei mesi estivi. Una delle più grandi applicazioni di stoccaggio della neve è stata eseguita in occasione delle Olimpiadi invernali tenutesi a Sochi, in Russia, nel 2014, quando circa 800.000m3 di neve erano stati conservati come riserva per la preparazione delle piste di sci alpino.

Quali materiali si utilizzano per conservare la neve?

Per isolare i cumuli di neve si possono impiegare materiali organici quali segatura, cippato di legno, corteccia spezzettata e paglia o sintetici come geotessuti o schiume polimeriche. Tutti questi materiali fungono da strati isolanti che riducono il trasferimento di calore dall’atmosfera alla neve. Spessore, conducibilità termica e capacità termica sono le caratteristiche più importanti che ne condizionano le prestazioni di isolamento. Inoltre, la maggior parte dei materiali organici è in grado di immagazzinare l’acqua che, evaporando, raffredda la superficie dei cumuli di neve riducendone la velocità di fusione. Alcuni materiali che vengono impiegati hanno poi un’elevata albedo, e cioè la capacità di riflettere una larga parte della radiazione solare incidente.

Quanta neve si salva e quali sono le condizioni migliori

Ovviamente, le condizioni meteorologiche che si registrano nel periodo estivo, come la temperatura e l’umidità dell’aria, la radiazione solare, le precipitazioni e il vento influiscono fortemente sui tassi di fusione della neve nei cumuli. Una serie di esperienze pratiche hanno evidenziato come la quantità di neve che si può perdere durante l’estate sia compresa tra il 20 e il 50%. Lo spessore dei materiali utilizzati per ricoprire riveste un ruolo fondamentale nel garantire un adeguato isolamento del cumulo di neve. Ad esempio a 1500m di altitudine nelle Alpi, se si prevede l’impiego di uno strato di segatura, esso deve avere uno spessore di almeno 40cm e deve essere mantenuto umido nel corso dell’intera stagione estiva. Si tratta dei risultati di uno studio effettuato da alcuni ricercatori dell’Istituto Federale per lo Studio della Neve e delle Valanghe di Davos (CH), pubblicati nella rivista scientifica The Cryosphere. Anche la scelta del sito di stoccaggio riveste una fondamentale importanza, dovendo garantire un microclima favorevole alla conservazione del cumulo di neve nel periodo estivo. In genere vengono privilegiati siti in esposizione Nord ed Est, ombreggiati, e con la presenza di sistemi di drenaggio dell’acqua di fusione alla base dei cumuli. Le condizioni ottimali potrebbero essere trovate nei siti in cui è presente permafrost sporadico di bassa quota, tradizionalmente utilizzati dalle comunità alpine per la realizzazione di cantine fredde dove conservare alimenti quali ad esempio i prodotti caseari.

Può essere considerata una soluzione?

Un’indagine condotta anche in questo caso dall’Istituto Federale per lo studio della Neve e delle Valanghe di Davos (CH), avente come oggetto località turistiche nell’arco alpino di lingua tedesca e in Scandinavia ha confermato il crescente interesse per lo snowfarming: il 90% dei circa 100 gestori di comprensori sciistici e comuni intervistati conosce il termine snowfarming e circa la metà lo considera una interessante tecnica di gestione del manto nevoso, principalmente per: garantire un avvio puntale della stagione sciistica indipendentemente dalle condizioni meteorologiche e compensare la riduzione dell’innevamento che si sta spesso osservando nel corso dell’autunno e l’inizio dell’inverno. Per contro, il 14% ha un atteggiamento critico nei confronti dello snowfarming. Tra i motivi che rendono difficoltosa l’introduzione di un progetto è stata indicato soprattutto la difficoltà di individuare una superficie di deposito idonea e il dubbio che i vantaggi economici possano risultare inferiori alla spesa.

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