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Dagli atleti del trail una riflessione sul ridurre il proprio impatto ambientale

È risaputo che viaggiare in aeroplano è altamente inquinante. Se le restrizioni per la pandemia ci avevano limitati soprattutto negli spostamenti e avevano drasticamente ridotto per un paio di anni il numero di aerei nei cieli del mondo, il ritorno alla normalità ci sta riportando ai livelli dell’epoca pre-Covid con i voli continentali e intercontinentali che hanno ripreso a collegare ogni angolo della terra perché il nostro bisogno di viaggiare è diventato quasi un’esigenza. Ma in questo 2022 rovente, in cui le emissioni globali di Co2 e le temperature hanno raggiunto i livelli più elevati nella storia dell’umanità, iniziano a levarsi alcune voci in controtendenza di chi prende coscienza delle problematiche ambientali e cerca di ridurre i propri spostamenti.

In particolare, alcuni atleti della corsa in montagna hanno recentemente annunciato di voler rinunciare ad alcune competizioni come scelta più sostenibile per l’ambiente. Aveva iniziato ad agosto l’inglese Andy Symonds che aveva rifiutato la convocazione della sua Nazionale in vista dei mondiali di Chiang Mai, Thailandia, considerando la propria impronta ecologica del 2022 già troppo elevata per prendere in considerazione un ulteriore volo intercontinentale. Lo ha seguito lo scorso 31 ottobre il nostro Francesco Puppi che, appena sbarcato in Thailandia dove avrebbe conquistato una straordinaria medaglia d’argento nella categoria trail, ha affidato ai propri social una riflessione di particolare sensibilità sulla tematica.

«Non sono stato coraggioso come Andy – ha scritto Puppi – ma al contempo non sono sicuro che la sua sia la decisione giusta perché le competizioni internazionali impongono agli atleti di spostarsi, altrimenti saremmo qui a parlare di nulla (no atleti, no gare, no sport). Insomma, un conflitto che non ha ancora una soluzione, quantomeno dentro di me». Poi è arrivato Kilian Jornet, come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, che ha ulteriormente sollevato l’attenzione sulla causa grazie al suo carisma e alla sua notorietà, annunciando di rinunciare all’edizione 2023 del Hardrock100 di Silverton, USA, per motivi ecologici.

In un mondo dove l’influencer Kylie Jenner si vanta di adoperare il jet privato per coprire una distanza di 60 km e il calciatore Mbappé risponde con una risatina ironica a chi gli chiede se non sarebbe il caso di utilizzare maggiormente i treni ad alta velocità per raggiungere i luoghi delle trasferte, ci è sembrato opportuno fare due chiacchiere con Francesco Puppi per ascoltare dalla sua viva voce dove affondano le radici di un sentimento opposto.

Francesco, secondo te da dove arrivano queste recenti prese di posizione da parte di voi atleti di trail?

«Ovviamente parlo dal mio punto di vista, ma credo che il nostro ambito sportivo e quello dell’outdoor in generale osservano più da vicino gli effetti devastanti della crisi climatica. Il nostro sport ci tiene costantemente a contatto con l’ambiente, in allenamento e in gara, per cui una maggior sensibilità e consapevolezza sui temi ecologici mi sembra naturale. Tra atleti ci parliamo spesso di questi argomenti, abbiamo anche una chat su whatsapp chiamata Athlete Climate Academy in cui scambiamo link, informazioni e punti di vista».

Paradossalmente è un’attenzione che nasce da uno sport povero, rispetto a molte altre discipline che potrebbero ridurre maggiormente il loro impatto ambientale e avere al contempo un maggiore impatto mediatico.

«Noi non possiamo e non vogliamo fare sfoggio della nostra ricchezza, anzi siamo disposti ad accollarci qualche ulteriore rinuncia. E, siamo uno sport a basso impatto ambientale perché oltre agli spostamenti la nostra impronta ecologica è quasi nulla. Però condividiamo una percezione diffusa anche tra gli organizzatori di gare se pensiamo che quest’anno le Golden Trail Series hanno cambiato il calendario apposta per ridurre i trasferimenti tra Europa e America. Oltretutto la corsa in montagna è un’attività che sta crescendo molto a livello di appassionati, quindi significa che sempre più persone iniziano a rendersi conto delle conseguenze del riscaldamento climatico perché frequentano gli ambienti dove sono più visibili. Penso che la consapevolezza ecologica aumenterà dopo questo 2022 così caldo, anche in altri sport».

Da un punto di vista individuale, le riflessioni che hai condiviso alla vigilia dei Campionati mondiali in Thailandia come sono nate?

«Era da qualche anno che ci pensavo, nel frattempo sono aumentate le informazioni a disposizione di chi vuole ridurre effettivamente il proprio impatto. Poi è arrivata la decisione di Andy Symonds che mi ha molto colpito ma che non potevo condividere perché avevo grandi aspettative, poi confermate con l’argento, da quell’appuntamento. Per cui, appena sbarcato a Chang Mai ho scritto quelle parole di getto, come gesto dimostrativo, più che altro. È un modo per raccontare che ho anche io una coscienza ambientale come tutti coloro che nella loro vita quotidiana fanno piccoli o grandi sacrifici per ridurre il loro impatto. Quando bisogna fare delle scelte, il rispetto dell’ambiente è una variabile da considerare anche se le nostre abitudini influiranno poco a livello globale».

Concretamente che obiettivi ecologici ti poni per il 2023?

«Non ho ancora deciso perché molto dipenderà dai calendari e dai miei obiettivi sportivi. Sicuramente farò delle scelte ben precise anche per ridurre la mia impronta ecologica e seguirò con attenzione le indicazioni fornite dalla piattaforma Outdoor Friendly Pledge elaborata dalla Kilian Jornet Foundation per rendere la mia attività più sostenibile. Si tratta di una bella iniziativa a cui ho aderito con entusiasmo che si rivolge a tutti gli attori degli sport outdoor: atleti e appassionati, organizzatori di gare, sponsor e federazioni. In generale, però, ci tengo a trasmettere il messaggio che non bisogna giudicare le scelte individuali di ciascuno, ma l’atteggiamento che ognuno di noi deve avere nei confronti dell’ambiente».

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2 Commenti

  1. Quante sciocchezze, gli aerei partiranno anche senza gli atleti del trail visto che questi rappresentano solo una infima minoranza di quanti viaggiano in aereo.

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