AlpinismoAlta quota

Il monsone infinito chiude la spedizione polacca e dei fratelli Huber nell’Himalaya indiano

L’Himalaya indiano non è stato immune dal lunghissimo monsone di quest’anno, che ha prolungato ne nevicate fino alla fine di ottobre. E così, come è successo alle squadre impegnate in Nepal, anche le spedizioni presenti nell’Himalaya Garhwal hanno dovuto rinunciare ai propri obiettivi.

La spedizione polacca

 Adam Bielecki, Damian Granowski, Kacper Kłoda, Mateusz Grobel e Mateusz Więckowski non sono riusciti a compiere alcuna azione sulle montagne che avevano programmato, il Thalay Sagar (6904m) e lo Swachhand (6721m). Il gruppo era nella valle Gangotri, dove “in una notte sono caduti più di 50 centimetri di neve nel campo base” informavano qualche giorno fa.

Vadim Jablonski, Ondrej Huserka e Jakub Radziejowski erano invece nella valle di Kedar Tal, dove i primi due solo riusciti a salire in tre giorni di scalata una bella e difficile parete vergine.  La via, chiamata “Gangotri Gambling”, si sviluppa per 600 metri e 18 tiri su un pilastro di roccia che termina sulla Phaalkan Meenaar a 5602m. Le difficoltà raggiungono 6c+ M6 A0.

È diritto dei primi salitori di una vetta senza nome darle un nome – ha scritto Vadim Jablonski -. Phaalkan Meenaar in hindi significa ‘Torre del Falco’. Per questo motivo, dedichiamo la vetta al falco che ora vola più in alto: Andrzej Sokołowski. È un peccato che il suo caro amico e nostro socio Kuba Radziejowski non sia riuscita e essere con noi, ma con questo nome vogliamo sottolineare che siamo venuti qui insieme e stiamo tornando insieme come una squadra. Andrzej merita sicuramente il ‘suo’ turno in Himalaya“. Jablonski si riferisce ad Andrzej Sokołowski, forte alpinista che lo scorso settembre ha perso la vita con la moglie Roksana Knapik sugli Alti Tatra.

A causa delle nevicate, la salita di questa via è stato l’unico progetto realizzabile. Nei prossimi giorni tutti torneranno a casa.

Fratelli Huber

Niente da fare nemmeno per i fratelli Huber, anche loro impegnati nell’Himalaya Garhwal con gli occhi che splendevano della bellezza dello Shivling (6543m) e del Meru (6660m). “Il monsone infinito ha trasformato le montagne e il campo base in un paese delle meraviglie invernale” scrive Thomas Huber. All’arrivo del bel tempo, la neve sulle montagne non le rendeva in condizioni di salire in sicurezza.  “Ci siamo resi conto, che sarebbe stato troppo estenuante e anche estremamente pericoloso. Abbiamo compreso il linguaggio della natura, ripulito il nostro campo base avanzato e dichiarato conclusa la spedizione”.

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