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Stambecchi delle Dolomiti in aumento, la colonia più grande è in Marmolada

Dopo due anni di sospensione a causa della pandemia, è ripreso in Dolomiti il monitoraggio dello stambecco. E i risultati sono decisamente positivi. La popolazione degli stambecchi risulta in crescita e il numero stimato di esemplari distribuiti tra Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia è pari a 700. Cinque le colonie presenti sul territorio, di cui la più numerosa in Marmolada.

I risultati del monitoraggio, che ha visto la collaborazione tra Provincia di Belluno, Parco delle Dolomiti Friulane, Provincia Autonoma di Bolzano, settore Agroambiente della Regione Veneto e Provincia di Trento, sono stati presentati martedì 20 settembre in una conferenza svoltasi a a Palazzo Piloni, a Belluno.

La reintroduzione dello stambecco in Dolomiti

Una bella notizia nell’anno in cui si festeggiano i Cento anni del Parco Nazionale che vede nello stambecco il suo animale simbolo, il Parco del Gran Paradiso. Area che a inizio Novecento, dopo che la caccia con armi da sparo aveva portato la specie sull’orlo dell’estinzione, ha rappresentato l’ultimo rifugio dello stambecco alpino e fin  dalla sua fondazione ha dedicato forte impegno alla conservazione della specie. All’epoca la popolazione era ridotta al lumicino, se ne contavano un centinaio di esemplari. Grazie a interventi di reintroduzione – ovvero trasferimento di esemplari da un nucleo originario in un’area differente in cui la specie era un tempo presente – lo stambecco ha avuto modo di ripopolare l’arco alpino.

Sulle Dolomiti progetti di reintroduzione sono stati condotti a partire dagli anni Sessanta. Purtroppo l’incremento demografico ha mostrato una battuta di arresto negli anni Novanta, a causa dell’esplodere di una epidemia di rogna sarcoptica nel 1995 tra Austria e provincia di Bolzano. Una patologia causata da un piccolo acaro, il Sarcoptes scabini var. rupicaprae, associata a un elevato tasso di mortalità, che sulle Dolomiti ha superato il 60%, toccando anche l’80% in Friuli Venezia Giulia.

Gli animali colpiti iniziano a grattarsi con insistenza, strofinandosi su superfici ruvide quali tronchi e rocce. Man mano che la malattia avanza perdono il pelo sul collo e sul muso, poi sul tronco e sull’addome. La pelle si ricopre di croste fissurate, l’animale inizia ad alimentarsi sempre meno con conseguente debilitazione che conduce alla morte.

A che punto siamo

Oggi sulle Dolomiti risultano presenti 5 colonie di stambecco così distribuite:

  1. Sulla Marmolada (287 esemplari censiti);
  2. Sul Cridola – Duranno (109)
  3. Sul gruppo Marmarole-Antelao-Sorapis (76)
  4. Sulle Pale di San Martino (39)
  5. Sulla Croda del Becco (35).

In merito alla colonia della Marmolada, gli esperti hanno evidenziato che la popolazione risulti in leggera crescita, ma che sia ancora distante dai numeri che si erano raggiunti prima del dilagare dell’epidemia di rogna. Elemento positivo è che all’interno di colonie abbastanza numerose, la popolazione abbia modo, attraverso un effetto di selezione, di sviluppare delle resistenze genetiche alla malattia, che diventa così endemica, associata a ritorni ciclici ma con mortalità di gran lunga inferiore. Si spera dunque che la colonia, divenuta  resistente, possa tornare in futuro a crescere numericamente, raggiungendo e superando i valori toccati prima dell’epidemia.

Monitoraggi sempre più tecnologici

Il monitoraggio dello stambecco non è una attività facile, soprattutto se estesa ai mesi invernali. Per avere una copertura annuale delle osservazioni e al contempo garantire la sicurezza degli operatori, si punterà in futuro su un aumento di utilizzo di tecnologie innovative, come i droni.

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Un commento

  1. Sempre più rimbambiti a causa dei continui incroci fra parenti piemontesi o sono state introdotti elementi stranieri ?

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