Curiosità

Come sono nate le montagne?

Se nel nostro immaginario esistono poche cose immobili e immutabili come le montagne, dobbiamo però ricrederci: solo perché i mutamenti a cui sono sottoposte si sviluppano su intervalli di tempo la cui durata va al di là della nostra percezione, ciò non significa che questi non avvengano. Come sono nate, quindi, le montagne?

Le placche terrestri

In genere la comparsa dei nostri amati giganti di roccia è legata al movimento delle placche tettoniche che compongono la crosta terrestre. La porzione superficiale del nostro Pianeta, chiamata litosfera, è suddivisa appunto in placche – anche dette zolle. Esse si muovono continuamente le une accanto alle altre, come se facessero parte di un grande mosaico, in cui le “tessere” sono spostate dai moti convettivi presenti nel mantello. Le principali sono una ventina, alle quali vanno aggiunte le “micro-placche” più piccole. I loro confini, anche se irregolari, sono ben definiti. Quando le placche si scontrano, la crosta terrestre si deforma, si corruga, ricevendo una spinta verso l’alto e formando catene montuose come gli Appennini e le Alpi. Alcune montagne, invece, sono nate a seguito di eruzioni vulcaniche, una volta raffreddato il magma.

La fasi della formazione di una catena montuosa

Nella formazione di una catena montuosa, in ogni caso, è necessario definire tre momenti differenti:

  • la litogenesi, ovvero quando si sono formate le rocce che la costituiscono,
  • l’orogenesi, ovvero il momento in cui le rocce si sono piegate e sollevate,
  • la morfogenesi, ovvero la fase in cui i rilievi hanno preso la forma attuale.

La litogenesi (dal greco lito = roccia + ghènesis = origine) è l’insieme dei processi – magmatico (o igneo), sedimentario e metamorfico – da cui hanno origine, in natura, le diverse rocce. Nel caso delle Alpi, la più alta catena montuosa d’Europa, la storia geologica è molto complessa: iniziata circa 130 milioni di anni fa con le prime fasi di chiusura della Tetide (Oceano tetideo anche detto Oceano ligure-piemontese), ha avuto il suo acme circa 50 milioni di anni fa, ed è tuttora in atto.

Nella fase pre-orogenesi (orogenesi, dal greco óros = rilievo + ghènesis = origine), le rocce che costruiranno l’edificio alpino occupavano sia un settore del margine meridionale della placca tettonica europea, sia un settore del margine settentrionale della placca tettonica africana. I movimenti di convergenza della placca africana verso nord portarono alla progressiva chiusura dell’Oceano ligure-piemontese, fino alla collisione delle due placche continentali. Qui, importanti fenomeni di raccorciamento portarono alla sovrapposizione di imponenti masse rocciose, traslate anche per diverse centinaia di km.

Con il termine morfogenesi (dal greco morfè = forma + ghènesis = origine) si indica il processo che porta allo sviluppo di una specifica forma o struttura. In questo caso il termine si riferisce a tutti i processi tettonici e di erosione che portarono le montagne ad avere l’aspetto attuale. Nel caso delle Alpi, sono stati davvero imponenti gli effetti delle fenomenologie glaciali. Durante l’ultima grande espansione glaciale, all’incirca tra 20.000 e 15.000 anni fa, tutte le Alpi erano ricoperte da una coltre di ghiaccio spessa anche 2km nelle valli maggiori, solo le cime più elevate riuscivano a emergere. Il progressivo ritiro dei ghiacciai a cominciare da 15.000 anni fa (inizio della fase interglaciale), anche se con fasi di temporanee espansioni, ha lasciato circhi, imponenti valli glaciali e morene, un territorio profondamente modellato. Oltre ai depositi glaciali, comunque, sulle Alpi sono molto diffusi anche quelli continentali legati all’azione delle acque di dilavamento, dei corsi d’acqua, della gravità.

Il caso Appennino

Nel caso dell’Appennino, il ciclo litogenetico che lo riguarda è quello sedimentario. Circa 250 milioni di anni fa quell’area era caratterizzata da un ambiente marino di clima tropicale, dominato dalla presenza di piattaforme carbonatiche. Successivamente i movimenti tettonici portarono alla fratturazione della piattaforma e all’inabissamento di diverse sue porzioni, che divennero bacini marini profondi. Su questi fondali si depositarono, nel corso di milioni di anni, diversi tipi di sedimenti costituiti prevalentemente da calcari e argille.

Circa 20 milioni di anni fa si passò a una nuova fase tettonica, questa volta compressiva, che avviò l’orogenesi nella regione di interazione tra la placca europea e quella africana. Il progressivo corrugamento modificò la morfologia dei fondali marini e portò gradualmente all’emersione di una nuova catena montuosa. Sul suo bordo esterno si formò un bacino di avanfossa, ossia un bacino che sprofonda, che raccoglie i sedimenti generati dall’erosione di terre emerse. La nuova catena e il suo bacino – il Mare Adriatico – sono progressivamente migrati da ovest verso est.

A partire da 12 milioni di anni fa circa, la compressione portò alla formazione di dorsali insulari allungate: alcune delle cime dei monti che vediamo oggi erano isole che si ergevano dal mare. L’erosione ha generato forme con versanti poco scoscesi, e le diverse caratteristiche delle rocce determinavano la differente risposta. Ulteriori sollevamenti favorirono il potere erosivo delle acque che, incanalate, rimodellarono il paesaggio generando valli fluviali. Nel corso degli ultimi 2 milioni di anni, nei periodi più freddi (glaciali) sui rilievi erano presenti ghiacciai che generarono tipiche forme di erosione come circhi glaciali e vallate a U, ora esposte. L’alternarsi di climi differenti contribuì significativamente allo sviluppo del paesaggio che conosciamo oggi.

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