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Paolo Comune: “Non creiamo allarmismi: le condizioni generali degli itinerari di alta montagna rimangono buone”

Un inverno fra i più secchi degli ultimi anni e una primavera fra le più torride di sempre. Le conseguenze ambientali delle anomalie delle ultime due stagioni sono sotto gli occhi di tutti e sulle prime pagine della cronaca quotidiana, soprattutto dopo i drammatici eventi della Marmolada. La tragedia che ha colpito gli escursionisti travolti dal crollo del ghiacciaio lungo la via normale della montagna dolomitica ha acceso i riflettori sulle condizioni di percorribilità degli itinerari d’alta quota, generando un senso generale di preoccupazione e allarme. Si tratta di una reazione giustificata dalla concreta realtà dei fatti? Lo abbiamo chiesto a Paolo Comune, direttore del Soccorso Alpino della Valle d’Aosta. Queste le sue valutazioni e i suoi consigli.

Paolo, nella condizione attuale state registrando particolari situazioni di deterioramento e pericolo sugli itinerari di alta quota?

È chiaro che la mancanza di precipitazioni invernali e i lunghi periodi di caldo dello scorso mese di maggio, spesso con mancanza di rigelo notturno anche in quota, hanno anticipato la stagione: le condizioni dei ghiacciai sono quelle della piena stagione estiva. Però, dal punto di vista della frequentazione, non mi sembra lecito drammatizzare: non è che gli anni scorsi, ad agosto, eravamo nei guai o in presenza di chissà quali particolari pericoli. È chiaro che la preoccupazione può esserci, perché, facendo una proiezione, se il caldo eccezionale dovesse proseguire, questo potrà diventare un problema per chi va in montagna. Però al momento non siamo ancora lì e quello che verrà lo potremo verificare solo in futuro.

Il perdurare del caldo, con lo zero termico molto alto, ha creato condizioni alle quali bisogna prestare molta attenzione, soprattutto in merito alla tenuta dei ponti di neve che consentono il superamento dei crepacci. Già nei giorni scorsi, però, con l’abbassamento generale delle temperature, le condizioni si sono “normalizzate” sotto questo punto di vista. Insomma, sicuramente siamo in una situazione delicata, che va valutata e monitorata giorno per giorno, senza creare troppi allarmismi.

Come va valutato un evento come quello del crollo de ghiacciaio della Marmolada?

Su quel caso specifico le valutazioni di glaciologi ed esperti mi paiono concordi: non si tratta di un fenomeno facilmente prevedibile. Purtroppo il destino ha voluto che accadesse proprio nelle ore in cui gli escursionisti erano impegnati sull’itinerario. Ora si fa un gran parlare di divieti e interdizione dell’accesso ai ghiacciai, ma sono soluzioni “di pancia”, che non hanno una base razionale e non servono a nulla. Qualcuno parla della necessità di attivare dei monitoraggi ed emanare bollettini del rischio crolli, qualcosa di simile ai bollettini invernali del pericolo valanghe, ma di molto complesso da mettere in pratica. Il pericolo valanghe viene determinato a livello locale attraverso diverse valutazioni, fra cui i test effettuati dai tecnici attraverso il sondaggio del manto nevoso, la verifica delle caratteristiche dei cristalli che lo compongono e determinano la coesione dei diversi strati, cosa che non si può fare in modo così immediato per i fronti glaciali.

Possiamo dire che, in generale, le condizioni in alta montagna per ora restano discrete, se non proprio buone?

In generale sì. Certo ci sono alcuni itinerari che iniziano ad avere tratti di ghiaccio vivo o alcune vie di misto che già ora non sono in condizioni. Penso ad esempio ad un percorso classico come quello della Punta Giordani al Monte Rosa, dove al momento ci sono diversi passaggi su ghiaccio vivo. In questo caso specifico mi sentirei di sconsigliare la percorrenza. Ma sono tutte informazioni che vanno verificate al momento o, meglio ancora, recuperando informazioni aggiornate nei giorni precedenti all’escursione. È chiaro comunque che, negli ultimi anni, è cambiato un po’ tutto, nel senso che le caratteristiche di molti itinerari si sono modificate e là dove prima si passava facilmente adesso magari c’è il ghiaccio o qualche passaggio su terreno misto che richiedono attrezzature e capacità adeguate.

Un consiglio utile può essere quello di procurarsi informazioni recenti e aggiornate sugli itinerari. Quali sono i referenti a cui rivolgersi?

Certamente, oggi più che mai verificare le condizioni dei percorsi d’alta montagna è fondamentale. I rifugisti e le guide alpine locali sono i migliori referenti laddove ci dovesse essere una problematica puntuale su un certo itinerario. I rifugisti sono sul posto e possono raccogliere le informazioni con l’osservazione diretta o con i report degli alpinisti che transitano per il rifugio. Lo stesso vale per le guide: se vi sconsigliano una via o vi dicono che loro lì i clienti non ce li portano più, questa sicuramente è una segnalazione di cui bisogna tenere debito conto.

Torniamo alla tematica dei periodi di caldo eccezionale: ci sono accorgimenti particolari per condurre una gita in queste condizioni?

L’accorgimento è molto banale, ma è quello più utile ed efficace: anticipare il più possibile le partenze, in modo da concludere la salita prima delle ore più calde, o almeno da affrontare ancora con il rigelo i punti più delicati, come quelli dove bisogna attraversare dei ponti o affrontare passaggi soggetti a scariche di pietre o ghiaccio.

Anticipare le partenze significa anche limitare il rischio di incappare nei temporali pomeridiani, che, soprattutto nei periodi di gran caldo, possono dare origine a fenomeni anche molto violenti. Inoltre in montagna temporale significa anche abbassamento repentino delle temperature e presenza di nubi e nebbie che possono complicare l’individuazione dell’itinerario. Una situazione che ci può veramente inguaiare. Quindi importante è anche dare la massima attenzione ai bollettini meteo.

Vale la pena di dare qualche indicazione su come consultare i bollettini…

Oggi sui nostri smartphone abbiamo tutti a disposizione svariate applicazioni meteo, ma dobbiamo ricordarci che, per la maggior parte, queste app sono pensate per dare un’indicazione di massima. Si tratta spesso di previsioni meteorologiche su macro scala. Il mio consiglio è quello di consultare i bollettini meteo emessi dalle singole regioni, dove si possono trovare informazioni di dettaglio sulle singole aree. Poi non bisogna limitarsi a guardare le iconcine con il sole o le nuvole, ma occorre leggere tutto con attenzione e prendere le nostre decisioni in base alle caratteristiche e alla durata dell’itinerario che vogliamo percorrere.

Fino ad ora abbiamo parlato principalmente degli itinerari di tipo glaciale, ma nel corso di un’altra estate caldissima, quella del 2003, l’innalzamento delle temperature aveva agito sul permafrost della montagne, causando significativi franamenti sugli itinerari di roccia. Ci sono segnali che stia avvenendo di nuovo qualcosa del genere?

Per adesso questa situazione non si è ancora verificata. Si tratta di eventi molto difficili da prevedere. Direi che per l’alpinista è quasi impossibile coglierne i segni premonitori. Di nuovo le informazioni che vengono dalle guide locali possono essere di grande utilità. Chi, come loro, frequenta abitualmente certi percorsi può percepire piccoli eventi o cambiamenti del terreno e interpretarli come campanelli di allarme. Comunque ripeto: i fenomeni legati allo scioglimento del permafrost sono molto complessi e hanno un’inerzia molto lunga, non bastano sicuramente una settimana o dieci giorni di caldo eccezionale per innescarli. Quindi, pur mantenendo un’attenzione molto alta, non dobbiamo lasciarci spaventare.

Quello che accadrà nelle prossime settimane e mesi è ancora tutto da vedere: magari il caldo eccezionale ritornerà a farsi sentire e allora avremo probabilmente dei bei problemi da affrontare, oppure inizierà a fare il freddo e il brutto tempo che sono mancati nello scorso inverno e ci toccherà rinunciare alle salite in montagna… ma almeno i ghiacciai potranno tirare un sospiro di sollievo!

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Un commento

  1. Mi sembra parli bene.
    Mi piacerebbe sentire anche l’opinione di qualcuno che non vive di ciò che si può fare in montagna.

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