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Scoperti sulle Ande i resti di antichi “draghi della morte”

Milioni e milioni di anni fa, nel Cretaceo (ca. 145-65 milioni di anni fa), nei cieli delle Ande volteggiavano dei temibili draghi della morte. Quella che potrebbe apparire a una prima lettura l’intro di un romanzo di fantascienza è in realtà la sintesi di una eccezionale scoperta effettuata in Argentina, oggetto di una recente pubblicazione sulla rivista scientifica Cretaceous Research. Thanatosdrakon (dal greco “thanatos”, morte e “drakon”, drago) è infatti il genere di appartenenza di antichi rettili volanti, riemerso da scavi effettuati nella Plottier Formation, nella provincia di Mendoza. Giganti alati preistorici appartenenti a una specie di pterosauro nuova alla scienza, ribattezzata Thanatosdrakon amaru. Come evidenziato dal team di paleontologi argentini e brasiliani, si tratterebbe dei più grandi pterosauri scoperti finora in Sud America e tra i più grandi vertebrati volanti descritti a livello internazionale.

Un gigante del passato

Due nel dettaglio i draghi della morte riemersi tra le Ande argentine, con una apertura alare rispettiva di 7 e 9 metri. Dimensioni significative, se non da record assoluto. I più grandi pterosauri finora scoperti (in Texas), appartenenti al genere Quetzalcoatlus, potevano raggiungere infatti 12 metri di apertura alare e altezze paragonabili a quelle delle giraffe. Thanatosdrakon e Quetzalcoatlus potremmo dire che siano imparentati tra loro. L’analisi cladistica porta infatti a considerarli componenti del medesimo clade, Quetzalcoatlinae, nella famiglia degli Azhdarchidae. Il taxon Thanatosdrakon rappresenterebbe il più antico del clade.

In generale gli pterosauri, i primi vertebrati ad acquisire la capacità del volo, si stima che abbiano solcato i cieli della Terra dal Triassico al Cretaceo. Gli pterosauri “azdarchidi” vissero in particolare nel Cretaceo Superiore (ca. 108-65 milioni di anni fa). Il drago della morte argentino si stima che sia vissuto circa 86 milioni di anni fa.

Un ritrovamento unico nel suo genere

Il ritrovamento dei due reperti fossili risulta di particolare interesse per la comunità paleontologica su scala mondiale in quanto sono stati ritrovati degli elementi ossei mai descritti prima negli “azdarchidi” giganti, come delle vertebre dorso-sacrali e una vertebra caudale, che consentiranno di accrescere le conoscenze sull’anatomia di questi colossali animali preistorici. Dalle ricostruzioni degli esperti, effettuate sulla base del sito del ritrovamento, si trattava di volatili di ambiente continentale.

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