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La peste suina sbarca a Roma: Francigena deviata e divieti a escursionismo e MTB

Il cinghiale Obelix, fino a oggi, ha vissuto alla grande. Anche se il nome evoca spiedi e arrosti, questo maschio adulto che frequenta le aiuole di Piazza Verbano, nel quartiere Trieste di Roma, è stato adottato dalla popolazione umana. Secondo le pagine locali di Repubblica, a dargli il nome è stato il comitato “Salviamo i pini di Corso Trieste”. Gli attivisti hanno scoperto che il bestione fa base tra i pini e i lecci di Villa Ada, e si fa vedere anche tra l’Acqua Acetosa e la Moschea. Per Obelix e i suoi simili il futuro non sembra promettere bene. Alla fine di aprile, la scoperta all’interno del Grande Raccordo Anulare di alcuni esemplari uccisi dalla peste suina africana ha dato un tono sinistro all’informazione sui troppi cinghiali che vivono nelle aree verdi di Roma, e che frequentano in cerca di cibo i parchi cittadini, le aiuole e i mucchi di spazzatura abbandonata fuori dai cassonetti. 

Una vicenda che è presente da anni nelle cronache cittadine e nazionali, che è stata usata contro l’ex-sindaca Virginia Raggi nell’ultima campagna elettorale (dov’è stata sconfitta dall’ex-ministro Roberto Gualtieri), che ha causato allarme tra i potenziali turisti e che ha fatto arrivare sfottò da ogni parte d’Italia. E’ utile ricordare che, se la “monnezza” di Roma è questione che riguarda il Comune, i cinghiali vivono e si riproducono nei parchi e nelle aree di verde urbano gestite dalla Regione Lazio. In una città normale i due enti cercherebbero insieme di controllarli con catture, abbattimenti o recinzioni. Per anni, invece, nessuno ha fatto nulla, o quasi. 

Il pericolo della peste suina

La peste suina africana, com’è noto, non è pericolosa per l’uomo. La paura è che possa trasmettersi ai maiali di allevamento, causando il loro abbattimento, e quindi un gravissimo danno economico alle aziende. “Non siamo ancora riusciti a produrre un vaccino. Rischiamo che l’export dei prodotti alimentari italiani venga bloccato” ha spiegato la virologa Ilaria Capua, intervistata ieri dal Corriere della Sera. La peste suina, assente per qualche anno dall’Italia, è ricomparsa nello scorso gennaio nel territorio di Ovada, e poi in Comuni del Piemonte meridionale e della Liguria. Angelo Ferrari, direttore dell’Istituto Zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, è stato nominato Commissario all’emergenza. Il 13 gennaio, un’ordinanza dei Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute ha vietato in oltre 200 Comuni piemontesi e liguri la caccia, il commercio dei prodotti a base di carne di cinghiale e tutte le attività nella natura, dall’escursionismo alla mountain-bike, dalla ricerca di funghi al turismo equestre. 

Le ordinanze di Roma

Nei giorni scorsi, questa situazione si è riproposta nel quadrante settentrionale di Roma. Il 6 maggio, una prima ordinanza regionale firmata da Nicola Zingaretti ha imposto delle regole per chi visita le aree verdi, dall’obbligo di tenere al guinzaglio i cani a quello di disinfettare le scarpe all’uscita. Il 18 maggio, dopo il ritrovamento di altre carcasse infette, la Regione Lazio ha recepito l’ordinanza emanata il 13 gennaio scorso dal Governo, che vieta “il trekking e il mountain biking” (ora nei palazzi romani si parla inglese) e altre attività. 

Il divieto si applica in una zona rossa di 123 chilometri quadrati all’interno del Raccordo Anulare, che comprende le aree verdi del Pineto, dell’Insugherata e di Monte Mario, e in una zona bianca all’esterno del GRA, che include gran parte del Parco regionale di Veio. L’attività di ricerca delle carcasse interessa anche una zona confinante che sfiora il Lago di Bracciano. L’ANSA, la più importante agenzia di stampa italiana, ha dato la notizia preoccupandosi dello “stop alla caccia”, che dovrebbe iniziare tra tre mesi. Invece la prima vittima del provvedimento è l’escursionismo a piedi e in bici, diffusissimo insieme alla corsa (“running” per i burocrati anglofoni) in tutte le aree verdi interessate. Soprattutto, l’ordinanza blocca la Via Francigena, percorsa in questi giorni da centinaia di camminatori italiani e stranieri, che attraversa in successione Veio, l’Insugherata e Monte Mario. 

L’impatto sulla via Francigena

Il Parco regionale di Veio e l’Associazione Europea delle Vie Francigene (un gigante che raggruppa 209 enti locali, 80 organizzazioni no-profit e più di 400 aziende private) hanno reagito subito. Mentre i gruppi in marcia a sud di Viterbo venivano avvisati del problema, è stato individuato e segnato a tempo di record un percorso alternativo che traversa la zona residenziale de Le Rughe, e poi segue per qualche chilometro in più la Via Cassia. Alla fine, invece dei viottoli di Monte Mario, si percorre la ciclabile di Monte Ciocci. Descrizione e traccia GPX della variante si trovano su www.viefrancigene.org/it/tappa-44-da-campagnano-a-la-storta-modifica-provvisoria-del-percorso. “Ci sono un paio di guadi scomodi e un attraversamento stradale pericoloso. Perché la variante diventi sicura occorre tagliare la vegetazione accanto alla Cassia, e questo spetta al XV Municipio di Roma” spiega un portavoce dell’AEVF. L’augurio, ovviamente, è che il lavoro venga fatto presto e bene.

Le proteste contro gli abbattimenti

Restano due cose importanti da dire. La prima è che l’avvio “entro 30 giorni” del piano per l’abbattimento dei cinghiali, annunciato dal commissario Ferrari, dal governatore Zingaretti e dal Ministero della Salute, è stato duramente contestato da ambientalisti e animalisti. In una lettera aperta a Roberto Cingolani, Ministro della Transizione Ecologica, le associazioni spiegano che l’abbattimento dei cinghiali è “un provvedimento pericoloso, dannoso, cieco alle istanze della scienza, della precauzione sanitaria, a uso e consumo dei cacciatori”, e che gli spari nelle aree protette, con la conseguenza fuga dei cinghiali sopravvissuti, porterebbero a “un concreto rischio di diffusione della peste suina”.

A essere sacrificato è ancora una volta l’escursionismo

L’ultima nota riguarda il divieto di camminare o pedalare nelle aree verdi che ospitano (o potrebbero ospitare) dei cinghiali infetti.

Le Regioni Liguria e Piemonte, in due ordinanze emanate il 1 e il 29 aprile, hanno deciso di cancellare l’ordinanza ministeriale di gennaio, e di riaprire i loro boschi all’escursionismo e alle altre attività all’area aperta. Abbiamo effettuato un monitoraggio molto attento, è ora di liberarci anche da questa emergenza” ha dichiarato Giovanni Toti, governatore della Liguria. Si è espresso con parole simili, qualche settimana più tardi, Fabio Carosso, vicepresidente della Regione Piemonte ed ex-consigliere della Provincia di Asti. Sorprende che il commissario Ferrari, che conosce bene la situazione piemontese e ligure, abbia fatto imporre a Roma nel Lazio dei divieti che tra Alessandria e Genova sono stati considerati eccessivi.

Un anno e mezzo fa, al centro di un’emergenza ben più seria e diffusa, il governo di Giuseppe Conte, con in prima fila i ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia, ha varato la famigerata (e mai motivata né spiegata) distinzione tra “attività sportive” e “attività motorie”. Per chi governa l’Italia, e per molti che la raccontano, l’escursionismo continua a contare poco o nulla. 

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Un commento

  1. Nel frattempo verdi o verdastri da fumetto prelevano cinghiali trasportandoli lontano con l’uso di automobili per salvarli dall’abbattimento e facilitando così il diffondersi della peste suina. (Immagini su Corriere della sera)
    Geniali come sempre, dopo il disastro xilella si industriano per causarne un’ altro.

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