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Schiera e Marazzi sullo Hielo Norte: “Siamo arrivati al limite”

Partiti nei primi giorni di gennaio i Ragni Luca Schiera e Paolo Marazzi hanno raggiunto il Campo de Hielo Norte, il secondo ghiacciaio più esteso al mondo (escludendo le calotte polari), nella Patagonia cilena. L’obiettivo era un’approfondita esplorazione di questo vasto altopiano glaciale che ancora oggi presenta molte aree bianche. Pochissime le persone che lo hanno frequentato negli ultimi settant’anni, tra queste i due Ragni di Lecco che già altre due volte si erano addentrati in esplorazione di questo territorio.
Questa volta l’intenzione era raggiungere il cuore del ghiacciaio alla ricerca delle enormi pareti che sbucano dal bianco piattume e svettano verticali per 800 o più metri di dislivello. “Puntiamo ad attraversarlo con l’ambizione di raggiungere, e salire, una montagna senza nome che non compare sulle mappe situata nella parte sud dello Hielo Norte” raccontavano prima della partenza.

In realtà le cose non sono andate del tutto secondo i piani. “Fin dal primo giorno non sono mancati gli imprevisti” spiega Schiera che il 16 gennaio, con Marazzi, ha iniziato l’avvicinamento al ghiacciaio dal suo versante nord. “Appena calzati gli sci ci siamo trovati di fronte a uno spesso strato di neve fresca che ha reso estremamente pericolosa la salita per arrivare sul Campo de Hielo”. Così hanno riflettuto sul da farsi, ci hanno provato di notte e alla fine hanno deciso di scendere attendendo un miglioramento delle condizioni. “Durante uno dei tentativi, 5 metri dopo aver messo gli sci, c’è stato un grosso assestamento che ci ha fatto capire che non saremmo passati”.

Il 25 gennaio, con l’arrivo di una nuova finestra di bel tempo hanno riprovato a salire. L’idea era quella di un giro di quattro giorni. “Abbiamo tirato le slitte per tutta la giornata, fino a raggiungere un gruppo di montagne con delle belle pareti”. Sono le prime cime che si incontrano spostandosi verso sud. “Avevamo quattro giorni di bel tempo per fare qualcosa e rientrare, altrimenti saremmo rimasti bloccati dal maltempo”. Hanno così aperto una via di circa 300 metri con difficoltà di 6a fino a una cima da cui hanno potuto osservare meglio il percorso da seguire per il rientro. “Non era l’obiettivo immaginato, ma avevamo le ore contate”. Il rientro è proseguito anche durante la notte, nel buio più totale, navigando con cartina e GPS. “Nel complesso è andata bene. Ora abbiamo le idee più chiare su com’è strutturato il Campo de Hielo. Un ambiente davvero complesso, con spazi enormi in un territorio dove entrano in gioco molti fattori, tutti indipendenti da te”. Le pareti ambite sono rimaste solo un miraggio questa volta. “Le abbiamo viste da lontano, forse a un giorno abbondante di marcia. Faceva gola vederle, ma era tutto estremamente complicato. Siamo arrivati al limite, andare oltre sarebbe stato un grosso problema. I due sono rientrati in Italia verso la metà di febbraio. Ora è tempo di riposare, intanto la mente rielabora e immagina. “Rimaniamo convinti che nel futuro ci potranno essere delle grandi opportunità per l’alpinismo su quelle pareti”.

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