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In montagna è vietato ammalarsi

“Siamo senza dottori!” È questo il grido di allarme che si allarga da est a ovest, da nord a sud, dalle Alpi agli Appennini raggiungendo le montagne delle due isole maggiori. Un problema che si trascina avanti da anni ormai e che continua a essere ignorato dalla classe dirigente e politica. L’impoverimento di servizi a cui vanno incontro i nostri territori montani riguardano anche, e soprattutto, l’aspetto sanitario. Come possiamo ambire a un ripopolamento delle terre alte se si tolgono figure essenziali come quelle dei medici, soprattutto in tempo di pandemia?

Una delle ultime vicende di cronaca arriva dalla Val Nure, nelle vicinanze di Piacenza, dove l’Ausl ha deciso di rimuovere il servizio di guardia medica presso il comune di Ferriere dal primo giorno del 2022, così il sindaco Carlotta Opizzi ha emesso un’ordinanza sfida: “Il sindaco ordina di porre in essere ogni attenzione al fine di evitare di avere necessità del medico nei giorni prefestivi e festivi e dalle 20.00 alle 8.00 dei giorni feriali”. A Ottone, comune in provincia di Piacenza quasi al confine con la Liguria, si sono contati nei primi giorni dell’anno anche 15 contagi giornalieri da Covid-19. Persone che, isolate in un centro che supera a malapena i 500 abitanti, possono aver bisogno di un sostegno medico vicino, che ovviamente non è presente.

Una petizione per salvare i presidi medici

Nel frattempo su Change.org è stata attivata una petizione per dire no “alla chiusura delle guardie mediche di Ferriere e Ottone”, raccogliendo già oltre settemila firme. “L’azienda sanitaria non riesce a garantire la presenza dei medici nei turni tradizionalmente coperti dalla guardia medica” spiegano gli ideatori della petizione. “Le guardie mediche in questione verranno accorpate a quelle esistenti di Bettola (per Ferriere, 27 chilometri di distanza dal capoluogo montano, non considerando le frazioni) e Bobbio (per Ottone, 29 chilometri dal capoluogo montano). Ci batteremo per la salvaguardia dei due presidi, almeno parzialmente, nelle possibilità dei medici che daranno la loro disponibilità, come la guardia medica storica di Ferriere. Per un consulto medico non è giusto spostarsi così lontano, lasciando scoperta la montagna di un servizio del genere. La montagna non esiste solo ad agosto.

La petizione non si è ancora chiusa, ma qualche risultato pare essere arrivato. È notizia di pochi giorni fa che la Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria ha discusso in maniera positiva dei due casi di Ferriere e Ottone. “Ovviamente c’è preoccupazione, chiediamo interventi che mitighino nel breve periodo le criticità di questi tempi, in particolare nelle aree di montagna che vengono sacrificate” ha affermato la presidente della Conferenza Lucia Fontana. Il presidente dell’Ausl ha poi motivato la ragione di questa sospensione, legato alla situazione pandemica del momento: “Il provvedimento dell’azienda è dettato da una necessità del momento perché non riusciamo a coprire tutti i turni di guardia medica del territorio a causa della pandemia. Non è un intervento programmatorio e strutturale. Non s’intende chiudere definitivamente la guardia medica, vedo confusione nelle dichiarazioni”. Il risultato di questa discussione ha però portato all’apertura di un bando per il reclutamento di medici con cui coprire i buchi venutisi a formate nei due comuni appenninici. Inoltre si è anche discusso sulla necessità di spostare verso l’alto i presidi, in modo da garantire un’assistenza territoriale più efficace. Il sindaco di Bettola, in Val Nure, spiega in dettaglio la situazione: “Ho ricordato all’Ausl che la guardia medica è presente anche a Podenzano nella nostra vallata. È venuto il momento di spostarle dal basso verso l’alto e non viceversa. Da Podenzano ci vogliono 10 minuti a raggiungere Piacenza, da Ferriere occorre mezz’ora per raggiungere Bettola”.

Un problema costante negli anni

“Le ordinanze del ‘vietato ammalarsi’ dei Sindaci della Val Trebbia non sono altro che una nuova puntata nell’emergenza dei servizi nei territori alpini e appenninici. La mancanza di medici e pediatri di base sui territori è da anni sui tavoli del Ministro Speranza e di tutto il Governo. L’intervento sarà sempre tardivo” A dirlo è Marco Bussone, presidente UNCEM. “Se Speranza ci riceve, gli spieghiamo come non stia funzionando la medicina territoriale nelle zone montane. L’assenza di questi servizi è la prima causa di abbandono e spopolamento. Chi se ne va, lo fa per mancanza di opportunità e di sicurezza. Senza medici è evidente che si preferisce andare altrove. Ma la soluzione non sono le case della salute e gli ospedali di comunità per i quali si stanno investendo, un po’ in fretta e a caso, centinaia di milioni del PNRR. Queste due opportunità non sono negative ma risolvono niente. Anzi, rischiano di delocalizzare i servizi portandoli ‘più in basso’, solito problema delle valli”. Bussone appare molto critico sulle decisioni prese dal governo per ovviare alla mancanza di un servizio fondamentale per le comunità che abitano le terre alte. “Spostare in basso vuol dire annullare, togliere, abbandonare. E le Istituzioni non sempre lo capiscono che la concentrazione non è sinonimo di migliore servizio. I medici non ci sono e dovranno tornare a esserci. Si aumentino le specializzazioni universitarie. Ma, per dare risposte a quei sindaci, anche sulle guardie mediche, servono scelte politiche adeguate e incentivi economici per chi tiene aperto uno studio nel paese da cento o duecento abitanti a mille o milleduecento metri. Perché queste comunità non sono costituzionalmente meno importante di altre numericamente più grandi, come ripete continuamente il Presidente Mattarella. Se le Istituzioni, le Regioni in particolare, non si attivano subito, la spirale della ‘discesa’ continuerà a determinare insicurezza e spoliazione dei servizi. Che i Sindaci giustamente denunciano, arrabbiati e preoccupati”.

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