News

Aree protette: un limite o un volano per l’economia dei territori?

Un’area naturale protetta, come da definizione della IUCN, rappresenta “uno spazio geografico chiaramente definito, riconosciuto, dedicato e gestito, attraverso mezzi legali o altri mezzi efficaci, per garantire la conservazione a lungo termine della natura con i servizi ecosistemici e i valori culturali associati.” 

Secondo la classificazione fornita dal MITE (Ministero della Transizione ecologica), rientrano in tale categoria Parchi Nazionali, Regionali, Interregionali, Riserve Naturali, Zone Umide di interesse nazionale, Aree di reperimento terrestri e marine e altre aree naturali protette non rientranti nelle precedenti categorie. Una lista ampia che assomma tutte quelle zone del territorio nazionale su cui si sta investendo per la conservazione della biodiversità. Un concetto che spesso viene interpretato come antagonista dello sviluppo economico di una determinata area. Caso emblematico è quello del Parco delle Alpi Apuane, il cui nuovo Piano Integrato è stato di recente attaccato dai Comuni all’interno dei cui confini ricade l’area protetta in quanto potenzialmente limitante e dannoso per il settore estrattivo. Proteggere la natura mediante istituzione di un’area protetta equivale davvero a bloccare o ledere l’economia di un territorio?

I Parchi fanno bene all’economia

Uno studio condotto dalle Università di Bologna e Padova, di recente presentato nel corso di un interessante convegno dal titolo “La foresta ha bisogno della gestione dell’uomo?” promosso dall’associazione G.U.F.I. (Gruppo Unitario per le Foreste Italiane con il patrocinio del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigba, ha tentato di fornire una risposta a tale domanda, analizzando nel dettaglio l’impatto socio-economico di 3 Parchi Nazionali: Tosco-Emiliano, dell’Alta Murgia e dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese. Trattasi di uno dei pochi studi relativi a tale tematica affrontati sul territorio nazionale.

Nel corso del suo intervento in sede di convegno, il dottor Matteo Zavalloni, ricercatore presso l’Università di Bologna (dipartimento DIstal) ha evidenziato come la radicata percezione di un’area protetta che agisca da freno per l’economia abbia un reale fondamento storico. Le prime aree protette venivano infatti istituite allo scopo unico di preservare la natura. Oggi sono riconosciuti anche obiettivi di carattere socio economico, coma la riduzione della povertà delle popolazioni locali.

Senza scendere nel dettaglio della articolata metodologia statistica applicata, cosa ci dicono i risultati: che la presenza di un Parco Nazionale su un determinato territorio risultati associata in maniera significativa a un aumento del reddito pro-capite di un Comune. Un risultato che i ricercatori dichiarano essere, sulla base dei modelli di stima elaborati, “estremamente affidabile”. Aumenta la ricchezza e aumenta la popolazione stessa. Il Parco diventa dunque un elemento attraente per nuovi residenti.

Dinamiche da chiarire

Trattandosi di uno studio preliminare, i dati a disposizione non hanno consentito di descrivere in maniera precisa perché la media del reddito aumenti, ovvero se aumentino solo i redditi più alti, i più bassi o tutti in maniera omogenea. Sarà necessario condurre ricerche ulteriori, sia per espandere l’area di studio e valutare se la medesima dinamica si confermi anche in altre aree protette italiane. Il limite è rappresentato dalla difficoltà nel reperimento di dati relativi al reddito antecedenti al 2000. I tre Parchi analizzati sono infatti di recente istituzione – il Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano nasce nel 2001, quello dell’Alta Murgia nel 2004 e quello dell’Appennino lucano nel 2007 – , di conseguenza si ha modo di ricostruire un prima e un dopo. Per aree protette di più lontana istituzione mancano dati economici antecedenti alla costituzione dell’area protetta, con conseguente impossibilità di effettuare un confronto.

Focalizzandosi sui 3 giovani Parchi Nazionali, i ricercatori cercheranno in futuro di delineare al meglio le dinamiche economiche, ovvero di comprendere se l’impatto di un Parco sulle economie locali si modifichi nel tempo e come cambi la struttura economica.

Se il “come” e il “quando” rappresentano dunque domande dalla risposta ancora incerta, l’affermazione che i ricercatori ritengono di poter fare con relativa sicurezza è che i Parchi non comportino un inevitabile impoverimento del territorio.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close