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“Anomalia” dei ghiacciai delle Alpi Giulie: bilanci positivi dopo estate di caldo record

Nelle scorse settimane si sono concluse sulle Alpi Giulie le campagne di monitoraggio di fine anno sui ghiacciai del Montasio occidentale, Canin orientale e sul piccolo ghiacciaio di Conca Prevala, a cura della Società Meteorologica Alpino-Adriatica insieme all’Istituto di Scienze Polari del CNR e le Università di Trieste e Udine. Al termine di una estate di caldo record, la nona più calda registrata in 170 anni di misure, la notizia che sorprende è che tali corpi glaciali abbiano mostrato al termine dell’anno glaciologico 2020-2021 un bilancio di massa positivo.

Come è possibile?

Ricorderete forse che di ghiacciai resilienti sulle Alpi Giulie – che al pari degli “anomali” ghiacciai del Karakorum invece di andare incontro a progressivo scioglimento, si mostrano in equilibrio se non in leggera crescita – si è già parlato nei mesi scorsi. Nella primavera 2021 un articolo pubblicato sulla rivista Atmosphere riconosceva come causa principale di tale resilienza mostrata da corpi glaciali a quote relativamente basse, l’aumento degli estremi nevosi nel settore alpino orientale. 

“L’ingente strato nevoso deposto al suolo, in particolare in aree come le Alpi Giulie dove già piogge e nevicate sono tra le più elevate di tutta Europa, è in grado di bilanciare l’aumentata fusione estiva dovuta a estati che risultano sempre più lunghe e sempre più calde a causa del riscaldamento globale”, spiegava in tale occasione Renato R. Colucci, ricercatore Cnr-Isp e presidente della Società meteorologica alpino-adriatica.

I dati rilevati al termine dell’estate, che saranno pubblicati prossimamente, confermano per i ghiacciai del Canin, Montasio e Conca Prevala tale dinamica. “Gli ingenti accumuli nevosi dello scorso inverno permettono ai residui glaciali delle Giulie di finire il periodo di ablazione estiva con un surplus di neve residua, scrive in un comunicato pubblicato di recente sul sito della Società Meteorologica Alpino-Adriatica, il dottor Colucci.

Una estate caldissima

I dati forniti dalla stazione meteo Canin2203 (dalla quota cui è posizionata) parlano chiaro. L’estate appena trascorsa ha mostrato una temperatura media pari a 9.4°C, valore che presenta “un’anomalia positiva di +2.1°C rispetto alla climatologia normale 1961-1990, di +1.1°C rispetto a quella 1981-2000 e di +0.5°C rispetto ai valori del trentennio 1991-2020”, come si evidenzia nel comunicato. Rispetto alla media del periodo 2010-2020 tocca evidenziare che risulti inferiore di 0.1°C. Nonostante questo ultimo appunto, come anticipato, bisogna riconoscerla come la nona estate più calda dal 1851.

Eppure…

Eppure al termine dell’estate sui ghiacciai monitorati era ancora presente parecchia neve residua dell’inverno precedente. “Nonostante quindi la fusione nivale estiva sia stata molto alta a causa di temperature estive eccezionalmente elevate, l’ingente accumulo caduto nell’inverno precedente ha permesso comunque il mantenimento di uno spessore residuo superiore al normale”, spiega Colucci.

I valori massimi di spessore del manto nevoso raggiunti nel corso dell’inverno 2020-2021 sono risultati essere di 455 cm (toccati in data 11 febbraio 2021) presso la stazione del Livinal Lunc (1837 m) in Canin e di 520 cm (toccati in data 25 maggio 2021) presso la stazione della Kredarica (2514 m) alle pendici del Monte Triglav (2864 m slm) in Slovenia.

Come evidenziava il dottor Colucci la scorsa primavera, le ingenti nevicate che tendono a verificarsi sulle Alpi Giulie non possono e non devono farci abbassare la guardia nei confronti del cambiamento climatico (men che meno ipotizzare di negarlo). Sono esse stesse conseguenze del cambiamento climatico, legate ad alterazioni della traiettoria della circolazione globale dell’emisfero settentrionale, indotte dal sempre più rapido aumento delle temperature nell’Artico (amplificazione artica). In particolare a livello locale, l’ipotesi formulata vede nel progressivo aumento della temperatura superficiale del mare Adriatico la causa di una esaltazione di tale fenomeno, con trasporto di maggiore energia verso le montagne sotto forma di precipitazioni più intense.

Conca Prevala, il nevaio che diventa ghiacciaio

Accanto ai ghiacciai del Canin orientale e Montasio occidentale, monitorati da oltre un decennio, quest’anno le attenzioni degli esperti si sono concentrate anche sul “micro ghiacciaio” di Conca Prevala. Cosa ha di interessante questo piccolo corpo glaciale? Che si trovi a una quota estremamente bassa (ca. 1800 m) e che fino al 2015, anno di inserimento nel catasto dei ghiacciai italiani, fosse considerato un “nevaio”. Un piccolo ghiacciaio controcorrente insomma.

“La presenza di una morena frontale molto ben evidente, oltre che spessori di ghiaccio di circa una ventina di metri al suo interno, così come evidenziato da rilievi effettuati con il Ground Penetrating Radar nel corso degli ultmi 10 anni, sono più che sufficienti per far perdere a questo copro glaciale la definizione di semplice “nevaio” – scrive Colucci – . I nevai, come tali, non presentano infatti nè una morena frontale nè tanto meno spessori di ghiaccio al loro interno, ma appunto risultano composti esclusivamente da neve o nevato.”

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Un commento

  1. Una notizia sorprendente ! L’estate, qui da noi NON è stata per niente calda, caso mai una delle più fredde di sempre, sia come temperature massime che come numero di giorni caldi. Forse il termometro della Prevala era danneggiato o più semplicemente “è la solita nenia dell’estate più calda degli ultimi …mila anni”
    abito qui e vado in montagna da più di 50 anni …. che sul Canin si stiano riformando le vedrette si vede a occhio dai Piani Montasio da molti anni
    Ciao Ciao

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