1700 chilometri, 40mila metri di dislivello positivo. Il tutto in 4 giorni, 23 ore, 2 minuti e 52 secondi. È il viaggio di Omar Di Felice, la storia di “La linea di confine”, il film che racconta la traversata delle Alpi che l’ultraciclista romano ha realizzato nel corso dell’estate 2020.
Da Muggia, al confine con la Slovenia, a Ventimiglia, al confine con la Francia. In mezzo i passi più belli delle Alpi, i più duri delle Alpi. Salite iconiche, legate per sempre ai miti del ciclismo, e montagne dove si sono consumate storie che affondano nel passato e guardano al futuro. Ad accompagnare Omar il suono dei copertoni che a ritmo cadenzato mordono l’asfalto, metro dopo metro fino in cima, dove l’adrenalina lascia spazio alle endorfine prima di lanciarsi in discesa alla ricerca di una nuova salita. Un viaggio nell’impresa sportiva, nella prestazione, ma anche nell’interiorità di un atleta fuori dal comune. Il lungometraggio ne ripercorre la storia e la passione che l’ha portato dal mondo del professionismo a quello del ciclismo su lunghe distanze. Gare non-stop, massacranti, di cui l’atleta romano è diventato uno dei rappresentanti più celebri.
Ma “La linea di confine” non è solo questo, è anche la celebrazione delle Alpi con le loro eterogenee culture. È un viaggio fatto nel 2020, l’anno in cui molti di noi hanno compreso cosa fossero i confini, quelli che in Europa non esistono più da anni. È un pezzo di storia del ciclismo perché si, su quelle strade si sono scritte pagine epiche con la bici, momenti leggendari che riportano alle prime grandi edizioni del Giro d’Italia e del Tour de France. Ma dietro a questa storia c’è anche una grande voglia libertà dopo i mesi di lockdown, dopo mesi di chiusura. C’è voglia di superare quella linea di confine, di dimenticarsene per tornare a vivere le montagne che si alzano su quel frastagliato confine come simbolo di unione tra i popoli.
Solo a chi non va in bici risulta un personaggio