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CNSAS Veneto: “In bivacco si pernotta solo per emergenza”

Nella sera di venerdì 24 settembre, il Soccorso alpino di Agordo è stato allertato a seguito della chiamata di un ragazzo, che si trovava da due giorni in gruppo al Bivacco Bedin, a 2210 metri sulla Prima Pala di San Lucano, in Veneto, poiché un’amica che doveva raggiungerli era in difficoltà. Dalle prime informazioni, difficili da reperire a causa della scarsa copertura telefonica, la ragazza, aveva raggiunto Pradimezzo alle 12 e aveva iniziato a salire mandando delle foto, perché non si ritrovava lungo il percorso e non riusciva ad arrivate a Malga Ambrosogn, da dove prosegue il sentiero per il Bivacco Bedin. Dalle immagini, l’ultima spedita nel tardo pomeriggio, i soccorritori hanno capito però che era da tutt’altra parte. Finché, a conferma, la ventiquattrenne di Montebelluna (TV) è stata in grado di mandare la posizione tramite Whatsapp. L’escursionista aveva sbagliato fin dalla partenza, nella zona di Torcol, l’itinerario, salendo a Rudelfin basso, sotto il Monte Pape. Quattro soccorritori si sono portati a Bogo, per poi proseguire in jeep fino a Cioit e da lì partire a piedi. Dopo una cinquantina di minuti, a Rudelfin basso, non appena hanno scollinato la ragazza ha iniziato a rispondere ai richiami e a fare segnali con la luce del telefonino. Era uscita dalla traccia, dopo aver vagato, e si trovava tra la vegetazione, riparata sotto un albero con il saccoapelo, a 1.800 metri di quota. In dieci minuti la squadra era da lei. I soccorritori la hanno riportata sul sentiero e riaccompagnata a valle, dove, a venti minuti dalla jeep, due Vigili del fuoco sono andati loro incontro. L’intervento si è concluso alle 2.

Questo bivacco non è un albergo!

“Ricordiamo che il Bivacco Bedin – evidenzia il Soccorso Alpino e Speleologico Veneto – , come tutti gli altri bivacchi, è un presidio di emergenza, non un rifugio d’alta quota in cui si può pernottare per più giorni.”

Dal maggio 2020, al termine del primo lockdown, la Commissione centrale rifugi e opere alpine del Club Alpino Italiano ha ritenuto opportuno consentire l’accesso ai bivacchi ma a patto che la loro fruizione sia solo a scopo emergenziale. A distanza di oltre un anno tali disposizioni sono da considerarsi ancora attive. L’emergenza pandemica non è infatti ancora stata dichiarata conclusa.

“Dopo un’attenta ed approfondita riflessione abbiamo concluso che i bivacchi non si possono chiudere poiché, in caso di emergenza, rappresentano l’unico punto di ricovero possibile per gli alpinisti”, spiegava lo scorso anno il presidente della Commissione centrale rifugi Giacomo Benedetti. “Riteniamo però giusto e corretto ricordare che gli spazi, essendo esigui e non sanificati, non garantiscono all’avventore i requisiti, anche minimi, di sicurezza, esponendoli al rischio di contagio”.

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