Aspromonte, gli incendi che cancellano il Parco
L’Aspromonte brucia, l’Aspromonte uccide. Sono salite a quattro le vittime dei roghi che da una settimana devastano il massiccio più meridionale della Calabria.
Un pensionato di 77 anni è rimasto carbonizzato mentre cercava di fermare le fiamme che si erano avvicinate al suo casolare e ai suoi animali presso Grotteria, nella Locride.
Un altro disperso, di 79 anni, è stato ritrovato cadavere, con il corpo coperto di ustioni. Sei giorni fa, una donna e suo nipote, rispettivamente 53 e 34 anni, erano stati uccisi dalle fiamme nel loro uliveto nei pressi di Bagaladi. Sono stati ritrovati illesi, invece, sei operai di un’azienda forestale, di cui si erano perse le tracce da giorni.
Nelle ultime ore l’attenzione si è spostata sul Santuario di Polsi, ai piedi del Montalto d’Aspromonte, che tra agosto e i primi giorni di settembre diventa meta di migliaia di turisti e devoti.
“Siamo quasi isolati, la strada principale è bloccata dalle fiamme, si accede solo per due vie secondarie delle quali una è una mulattiera” ha raccontato all’ANSA don Tonino Saraco, il rettore del Santuario. Lunghe colonne di auto, ma anche di pellegrini a piedi, stanno tornando indietro dopo essere stati respinti dalle Forze dell’ordine e dai Vigili del Fuoco.
I dati sono impressionanti. “Una prima elaborazione del nostro gruppo di ricerca sui dati del 28 luglio e del 7 agosto rilevati dal satellite Sentinel-2 Copernicus EU dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, mette in evidenza la drammatica situazione dell’Aspromonte. La superficie bruciata è già oltre i 7500 ettari” spiega il professor Giuseppe Modica, del Dipartimento di Agraria dell’Università di Reggio Calabria.
Non è solo l’Aspromonte a bruciare. Le temperature da record (48° gradi mercoledì scorso a Siracusa) e all’opera di piromani e criminali, vanno a fuoco i boschi delle Madonie in Sicilia e quelli di tanti altri luoghi del Sud. In Sardegna va in cenere l’Ogliastra, in Calabria bruciano le foreste del Reventino, ai piedi della Sila. Dalla Grecia arrivano le immagini strazianti dell’Eubea, Evia in greco, con la fuga via mare di residenti e turisti e gli ulivi millenari ridotti in cenere.
L’Aspromonte e la Calabria, da decenni, hanno imparato a non tacere. E le voci che si levano in questi giorni sono molto severe. “Sta bruciando l’Aspromonte selvaggio e quasi intatto, quello dei boschi antichi, degli alberi millenari e dall’altissimo pregio” urla un comunicato delle Guide del Parco Nazionale dell’Aspromonte, che già a giugno chiedevano garanzie su come sarebbe stata affrontata la prevedibilissima emergenza di agosto.
“Bruciano la foresta di Acatti e la Valle Infernale, di recente divenuta patrimonio UNESCO, bruciano lo Zomaro e i boschi di Roccaforte. È come se bruciassero i Bronzi di Riace e noi li potessimo vedere mentre il metallo si scioglie e cola sulle basi di marmo. Anzi è peggio, perché questo fuoco causerà gravi danni alle nostre vite nel futuro” prosegue il comunicato.
In Calabria, come nel resto del Sud, i toni forti si usano spesso. E in questi giorni le parole diventano pietre. Nicola Casile, guida escursionistica e promotore del Sentiero del Brigante, se la prende con i media. “Giornalisti impegnati che volete il bene e la giustizia per la Calabria, e scrivetela qualcosa su questi incendi. Dai belli, pure se per una volta dovete trattare l’argomento Aspromonte senza parlare di N’drangheta fate uno slancio di umanità. Questa vostra indifferenza è schifosa”.
“Non c’è dubbio che la Calabria la stiamo bruciando noi calabresi. Non tutti i calabresi ovviamente. Ma di certo sono calabresi i tanti che giocano a fare i contadini e i pastori e che credono di poter scherzare impunemente col fuoco. E calabresi sono i piromani che appiccano fuoco per una forma di psicopatia o solo come ritorsione verso un vicino, un’amministrazione, un parco, una categoria di persone, il governo, il mondo intero” allarga le braccia Francesco Bevilacqua, autore di ottime guide ai sentieri e memoria storica dell’escursionismo calabrese.
La contabilità dei roghi e il dolore riempiono anche i commenti ufficiali. “Abbiamo 110 incendi: 34 nel Reggino, 31 nel Cosentino, 25 nel Catanzarese, 15 nel Vibonese e 5 nel Crotonese” ha affermato ieri Nino Spirlì, presidente della Regione Calabria.
“Stiamo perdendo la nostra storia, sta andando in cenere la nostra identità, sta bruciando la nostra anima nel silenzio generale. La priorità di oggi è spegnere questo inferno, ma domani qualcuno dovrà rispondere ai perché” ha aggiunto Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria.
Fa un discorso più articolato Alfonso Picone Chiodo, per decenni animatore della sezione di Reggio del CAI, che ha ideato il Sentiero Italia calabrese, e che già trent’anni fa, in piena epoca dei sequestri di persona, accompagnava giornalisti e fotografi italiani e stranieri alla ricerca della bellezza segreta di questa terra.
“Negli ultimi anni l’Aspromonte è diventato molto più frequentato. Sono aumentati gli escursionisti locali, sono aumentate le guide, sono nate delle attività economiche legate all’ecoturismo. A causa degli incendi di questi giorni, per qualche anno, la nostra montagna sarà molto meno attrattiva di prima” spiega Picone Chiodo.
“Anche il Parco Nazionale dell’Aspromonte sembra essere scomparso dai radar” continua l’escursionista e scrittore di Reggio. “Nessuna attività degna di nota, nessuna programmazione, dopo l’insediamento del nuovo presidente, un anno fa, c’è stata una fuga di dipendenti verso altri enti pubblici. Come può continuare la ricerca scientifica? Perché qualcuno non spiega i motivi di tutto questo?”.
Il vero bilancio dei danni causati dai roghi, com’è ovvio, potrà essere fatto solo tra qualche giorno. Le vite stroncate dal fuoco non potranno certamente tornare, ma sarà fondamentale capire se oltre a decine di ettari di pinete di rimboschimento, di ben poco pregio naturalistico, sono andati in fumo i faggi e i castagni secolari che conservano la memoria del massiccio.
Intanto, oltre al lavoro delle guide e di tanti altri imprenditori turistici, il fuoco che devasta l’Aspromonte sta mandando in fumo gli sforzi di decine di uomini e donne che lavorano con sapienza la terra. “Game over, è finita” ha scritto sabato scorso fa Francesco Saccà, un agricoltore di Roccaforte del Greco, dopo che l’incendio aveva finito di divorare i suoi campi e i suoi ulivi in una delle zone più belle del massiccio.
Ma la solidarietà in Calabria e al Sud c’è ancora. Dopo l’accorato messaggio di Saccà, è già partita una raccolta di fondi per aiutarlo a rimettere in piedi la sua azienda. “La vicinanza di tutti noi donerà la forza per intraprendere un nuovo cammino a Francesco e alla sua famiglia” si legge nell’appello dei promotori. Sul sito www.produzionidalbasso.com/project/concretamente-insieme si può scoprire come dare una mano.
Buongiorno, il sig. Nicola Casile è proprio sicuro che fra gli incendi in questione e la ‘ndrangheta non ci sia nessun nesso? Leggendo il suo commento sembra quasi che gli incendi vengano appiccati dai “giornalisti impegnati”…
Il guiaio e’che piu’se ne parla e piu’le previsioni meteo annunciano”pericolo di incendi”e piu’ le previsioni si “autioavverano”
Qualcuno che tipo di vantaggio ne avra’? solo di vedere le conseguenze dei suoi inneschi? Si annunciano anche situazioni critiche di probabili incendi in zona dolomitica e pinete marittine costiere attigue ad affollatissime spiagge . Almeno in paese Veneto di pianura hanno raccolto i depositi di aghi di pino marittimo, ma a macchia di leopardo. Eppure alcuni nei campi periferici danno fuoco alle stoppie ed alle sterpaglie ed ai tralci secchi tagliati e l’afa viene appesantita da odore acre di affumicato.
Un tempo i giornali spiegavano le cose e si restava meravigliati per l’enorme numero di guardie forestali in Calabria e Sicilia e c’erano stati anche casi dolosi attribuiti ad alcune.
Io non capisco più dove sia l’intelligenza e che informazione ci venga data.
Di sicuro tutti urlano e piangono……. ma ora ci sono dei morti !