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Dolomieu, il geologo che ha dato il nome alle Dolomiti

Le montagne più eleganti d’Europa devono il nome a uno scienziato e avventuriero francese. Si chiamava Dieudonné (poi latinizzato in Déodat) Sylvain Guy Tancrède de Dolomieu, era il nono figlio di un conte della provincia francese, era nato nel 1750 nel villaggio che ha ancora oggi il suo nome, accanto al confine tra il Delfinato francese e il Ducato di Savoia. Dolomieu era alto e un po’ curvo, aristocratico e arrogante, con il naso aquilino e i capelli radi fin da giovane. Le cronache del tempo raccontano che fosse molto amato dalle donne. Un suo ritratto, dipinto a Roma nel 1789 da Angelica Kaufmann e conservato al Musée Dauphinois di Grenoble, ce lo mostra a quasi quarant’anni, con i capelli già tinti di grigio. 

Nella sua vita avventurosa, Dolomieu fu un militare di carriera e un ingegnere minerario, cavaliere di Malta e membro dell’Institut National. Nel 1798 seguì Napoleone nella spedizione in Egitto, al ritorno fu catturato e restò per due anni prigioniero dei Borboni di Napoli nelle galere di Taranto e Messina. Provato da questa esperienza, morì nel 1801 a Chateauneuf-en-Charolles. La vera passione di Dolomieu erano le scienze della terra. In vista della sua casa natale si alzano i massicci calcarei di Belledonne e del Vercors, nella sua carriera di geologo studiò il granito della Corsica e le montagne di basalto del Portogallo, la meseta spagnola, gli altopiani della Calabria, i Pirenei. Ma la sua grande passione erano i vulcani. Dolomieu visitò l’Etna, Stromboli, Lipari e il Vesuvio. Fu testimone di impressionanti eruzioni, raccolse campioni di pietre e cristalli di lava, pubblicò una decina di saggi e di resoconti di viaggio, tra i quali un Voyage aux Îles de Lipari fait en 1781 arricchito da preziosi disegni. 

Ma la storia si diverte a mischiare le carte. E lo studioso francese innamorato dei vulcani è diventato famoso grazie a delle montagne calcaree che lo interessavano poco, e che probabilmente non ha mai visitato. Fu Nicolas de Saussure, il figlio del vincitore del Monte Bianco, a proporre dopo la morte di Dolomieu di dedicare a lui la roccia, un carbonato doppio di magnesio e di calcio, che il geologo del Delfinato aveva scoperto nel 1789 in Val di Fleres, a poca distanza dal Brennero. Furono i viaggiatori britannici dell’Ottocento a chiamare con il loro nome geologico, The Dolomite Mountains, cioè “le montagne di dolomia”, il fantastico insieme di torri, pinnacoli e pareti che hanno segnato per secoli il confine tra la Repubblica di Venezia e il Tirolo. Oggi la Marmolada e le Tre Cime, la Civetta e il Brenta, il Catinaccio e le Tofane, il Sassolungo e la Schiara, popolate da genti di lingua italiana, tedesca e ladina, sono conosciute nel mondo con il nome di Dolomiti. 

La mostra

La vicenda del geologo francese, trascurata per molto tempo, ha iniziato a tornare alla luce trentadue anni fa per il bicentenario della sua scoperta in Val di Fleres. A far ridiventare d’attualità le sue esplorazioni è la mostra Déodat de Dolomieu. Curiosando tra i taccuini di viaggio e nella vita avventurosa del padre delle Dolomiti, che si può visitare tra il 4 agosto e il 10 ottobre a Cortina d’Ampezzo, nel Museo Paleontologico Rinaldo Zardini.

La mostra, promossa dalla Fondazione Giovanni Angelini di Belluno e dalla Fondazione Maria Giussani Bernasconi di Varese, è realizzata in collaborazione con le Regole e il Comune di Cortina, con il patrocinio della Fondazione Dolomiti UNESCO e il sostegno di Cortina Banca, della sezione locale del CAI e della Cooperativa di Cortina. ed è dedicata al professor Luigi Zanzi, scomparso nel 2015, che si è occupato a lungo di Dolomieu. 

Sono esposti taccuini di viaggio, campioni di dolomia, ritratti, stampe, antiche carte geografiche e un prezioso manoscritto autografo dedicato da Dolomieu al suo percorso. Il Catalogo, curato da Paolo Zanzi ed edito dalla Fondazione Angelini, raccoglie testi di Luigi Zanzi, dello storico Enrico Rizzi e del geologo Guido Roghi. Nella parte del Catalogo curata da Rizzi, insieme a una dettagliata descrizione della vita e dei viaggi di Dolomieu, compaiono brani di lettere piccanti scritte dalle sue molte amanti (“La marchesa di M. è folle di te”, “La scandalosa contessa di … reclama il suo posto nel tuo cuore”…), e quelle in cui confessa di aver perduto in mare, tra il 1789 e il 1790, le sei casse con i campioni di minerali raccolti durante il viaggio in Tirolo. Nel testo di Rizzi viene citato anche uno scritto del 1791, in cui Dolomieu annotare come le pietre di dolomia “si trovano nei letti di tutti i torrenti, sono sfruttate come pietre da calce ordinaria nella città di Sterzing (Vipiteno, ndr) e nei villaggi vicini, vengano utilizzate per ricoprire e consolidare la grande strada che da Sterzing conduce a Innsbruck”.

Dolomiti, Dolomites, Dolomiten, in tutte le lingue questo nome ha un suono meraviglioso grazie a Dolomieu, l’uomo che ha fatto della scienza un’avventura” scrive Reinhold Messner nell’introduzione del catalogo della mostra di Cortina. “Era un aristocratico gentiluomo della geologia, che inventò un’altra aristocrazia, quella della montagna, intesa come scelta di una forma di vita, oltre che come occasione di conoscenza”.

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Un commento

  1. Prima ..Monti Pallidi…Monti del Tyrolo…neppure un moderno esperto di marketing con lauree bocconiane e e master avrebbe saputo trovare come De Saussure un nuovo nome Brand-Logo migliore:DOLOMITI.Bistrattato purtropppo Dolomieu in fine vita ..un anno e mezzo di galera fu micidiale..L’Unesco non scopre niente, ci mette un ulteriore logo timbro di ceralacca.Oggi lo stesso nome con varianti si estende a ditta famosa per scarponi ed abbigliamento, acqua minerale..ceramiche da bagno.. formaggio, vino…ecc.

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